Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41977 del 01/10/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 41977 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CENNAMO ANTONIO N. IL 02/07/1954
avverso il decreto n. 171/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
26/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI;
lette/sentita le conclusioni del PG Dott. ? ■ sixo 64E1-4
\N.k.

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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 01/10/2014

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con decreto del 26.2.2013 la Corte di appello di Napoli , a seguito di
ricorso nell’interesse del proposto CENNAMO Antonio avverso il decreto
emesso il 20 aprile 2013 dal Tribunale di Napoli, ha confermato detto

alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di p.s. per la
durata di anni cinque ed imposta cauzione nonché confisca di beni della
CRISPANO Service s.a.s. e di due veicoli.
2. Avverso il decreto ricorre il CENNAMO,a mezzo del difensore,che
deduce:
violazione ai sensi dell’art. 606 lett. b) ed e) c.p.p., inosservanza

2.1.

o erronea applicazione ella legge penale, motivazione illogica in ordine ai
presupposti oggettivi e soggettivi della imposta misura personale in
relazione all’art. 1 I. 575/65. In particolare, la Corte territoriale avrebbe
omesso di considerare il tempo trascorso in regime detentivo del
CENNAMO nonché lo smembramento da tempo della associazione di
riferimento.
violazione ai sensi dell’art. 606 lett. e) c.p.p., motivazione

2.2.

carente ed illogica in ordine ai presupposti oggettivi e soggettivi della
imposta misura patrimoniale, avendo la Corte omesso di considerare le
dichiarazioni dei redditi del CENNAMO in atti, a riprova della lecita
origine dei beni confiscati.
3.

Con requisitoria scritta il P.G. ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del
ricorso in ragione della sua genericità.

4.

Il ricorso è inammissibile per la genericità di entrambi i motivi.

5. Va premesso che nel procedimento di prevenzione il ricorso per
cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, in forza della
generale disposizione dell’art. 4, comma decimo, della legge 27
dicembre 1956 n. 1423, applicabile anche nei casi di pericolosità
qualificata di cui alla legge n. 575 del 1965. Ne consegue che in sede di
legittimità non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che questa
non sia del tutto carente o presenti difetti tali da renderla meramente
apparente e in realtà inesistente, traducendosi perciò in violazione di
legge per mancata osservanza, da parte del giudice, dell’obbligo, sancito

1

decreto con il quale era stata disposta la sottoposizione del CENNAMO

dal comma nono del citato art. 4, di provvedere con decreto motivato
(Sez. 6, n. 34021 del 23/05/2003,Largo e altri,Rv. 226331)
6. Ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di
appartenenti ad associazioni mafiose, una volta che detta appartenenza
risulti adeguatamente dimostrata, non è necessaria alcuna particolare
motivazione del giudice in punto di attuale pericolosità, che potrebbe
essere esclusa solo nel caso di recesso dall’associazione, del quale

eventuali riferimenti al tempo trascorso dall’adesione o dalla concreta
partecipazione ad attività associative (Sez. 6, n. 499 del 21/11/2008,
Conversano, Rv. 242379).
7. Ponendosi nell’alveo dei richiamati principi, il primo motivo non tiene
conto della specifica motivazione resa dalla Corte in ordine alla
persistenza della pericolosità sociale dell’indiziato di appartenenza alla
criminalità organizzata – che, come detto, va distinta dalla permanenza
del reato di cui all’art. 416bis c.p. – desumibile dalla apicalità del ruolo
rivestito e svolto dallo stesso CENNAMO, adesione qualificata che non
risulta mai revocata e – del resto – confermata dalla sottoposizione del
CENNAMO al regime di cui all’art. 41bis 0.P..
8. Il secondo motivo non tiene conto della intestazione a terzi dei beni
confiscati e, quindi, della rilevata carenza di interesse del ricorrente al
riguardo.
9. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1.10.2014.

occorrerebbe acquisire positivamente la prova, non bastando a tal fine

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