Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41953 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 41953 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DUMAS DARIO N. IL 29/10/1965
avverso l’ordinanza n. 317/2014 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
17/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ‘C

Ìz

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 02/07/2014

DUMAS Dario, tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso
l’ordinanza 17.3.2014 con la quale il Tribunale del riesame di Palermo, in
riforma dell’ordinanza applicativa della misura cautelare della Custodia in
carcere del 10.2.2014, ha disposto il regime degli arresti domiciliare per i
reati di associazione per delinquere, furti pluriaggravati, riciclaggio e
concorso in esercizio abusivo di attività finanziaria.
La difesa chiede l’annullamento del provvedimento impugnato deducendo i
seguenti motivi così illustrati nei limiti previsti dall’art. 173 IA comma disp
att. a cpp.
§1.) inosservanza di norme penali e processuali e mancanza o manifesta
illogicità della motivazione dell’ordinanza nel punto in cui si afferma la
esistenza di gravi indizi di colpevolezza del ricorrente con riferimento al
capo G) della rubrica della i utazione (furto di documentazione); in
particolare si sostiene che l’e e in contrasto con altra decisione (del
medesimo Tribunale) riferita alla posizione processuale del compartecipe
FONTANA Eustachio.
§2.) violazione di norme penali e processuali e vizio di motivazione, perché
manca o è insufficiente la prova della esistenza del delitto presupposto al
reato di riclaggio, delineato dai giudicanti in termini puramente
probabilistici.
§3.) violazione di norme penale e processuali e vizio della motivazione con
riferimento al delitto di associazione per delinquere di cui al capo A). La
difesa desumere la prova dell’esistenza di un’associazione per delinquere
dall’avvenuta commissione dei reati scopo, è valutazione semplicistica,
perché gli elementi costitutivi del reato associativo non possono essere
desunti da altri reati del tutto autonomi; secondo la difesa, nel caso di
specie risultano indimostrati l’accordo” e la “permanenza del vincolo
associativo”.
§4.) violazione di norme penali e processuali e vizio di motivazione con
riferimento al tema delle esigenze cautelati di cui alla lettera c) dell’art. 274
cpp. La difesa sostiene che la motivazione è apparente, è riferibile agli altri
indagati, non ha caratteri individualizzanti, essendo stata sottovalutata la
importanza della condizione di incensuratezza dell’indagato e la risalenza
dei fatti nel tempo.
RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La difesa indica nell’intitolazione del primo motivo un elenco di norme
penali e processuali denunciandone la violazione; nell’illustrazione del
motivo la difesa non spiega quale sia in concreto la violazione di legge
rilevante in questa sede; in altri termini non spiega quale sia l’errore di
diritto in cui sia incorso il Tribunale nell’applicazione delle norme indicate.
La difesa enuncia un motivo contraddittorio, lamentando da un lato la
mancanza della motivazione nel provvedimento e dall’altro la manifesta
illogicità illogicità della motivazione stessa; la doglianza è contraddittoria

MOTIVI DELLA DECISIONE

non potendo essere, ovviamente,
“manifestamente illogica” una
motivazione “non esistente”, come pare ritenere la difesa
nel momento in
»
cui denuncia la violazione dell’art. 125 cpp.
Contrariamente a quanto asserito dalla difesa il Tribunale del riesame ha
spiegato a pag. 4 e 5 gli elementi di prova per i quali ritiene l’esistenza di
sufficienti indizi in relazione al delitto di – cui al capo dj e le ragioni per le
quali il fatto sia ascrivibile anche all’indagato qui ricorrente.
Ex se la motivazione non presenta vizi, né la difesa è stata in grado di
indicarli. Il ricorrente segnala inoltre la contrad c- liúori-eà esistente fra questo
provvedimento e altro di analoga natura, pronunciata dallo stesso organo
giudiziario (in diversa composizione) con riferimento ad altro indagato
raggiunto dalle medesime accuse.
Quanto denunciato non vale a configurare il vizio di cui alla lettera e)
dell’art. 606 cod. proc. pen. Infatti il vizio di motivazione
deve essere
_
desumibile esclusivamente dal testo del provvedimento impugnato o da altro
specifico atto del procedimento (travisamento); nel caso sottoposto
all’esame di questo Collegio non ricorre nessuna delle ipotesi indicate. Il
Tribunale esaminando la posizione processuale del DUMAS, ha svolto una
nuova ed autonoma e diversa valutazione del materiale probatorio, dando
atto di essere pervenuto [pag. 5] per il caso in esame, ad un giudizio diverso
da quello reso nel giudizio del coindagato FONTANA, spiegandone peraltro
le ragioni.
Neppure appare contraddittoria la espressione di cui all’ultima parte del IV
capoverso di pag. 5 dell’ordinanza (“… al di là de/fatto che si trattasse o
meno di quella che realmente serviva agli intenti truffaldini che esso (il
gruppo) coltivava….’) con la restante parte della motivazione. Da questa
proposizione si desume che il Tribunale, dal compendio delle risultanze
delle intercettazioni telefoniche, ha tratto il convincimento che l’indagato
abbia partecipato alla sottrazione di documentazione bancaria (di qui la
legittimità della contestazione del furto) ponendo solo in dubbio il suo
successivo impiego nella commissione del delitto di truffa, circostanza
quest’ultima che non elide comunque l’illiceità dell’atto di
impossessamento della documentazione stessa.
Ogni altra e diversa circostanza, inerente alla valutazione della prove
raccolte, alla loro capacità dimostrativa, e alla portata del contenuto delle
intercettazioni telefoniche attengono a valutazioni di merito che non sono
sindacabili in questa sede.
Il secondo motivo di ricorso è manifestante infondato. Il Tribunale del
riesame ha ritenuto raggiunta la prova del reato presupposto del delitto di
riciclaggio attraverso una valutazione logica degli indizi in atti. La
valutazione del Tribunale è insindacabile nel merito, mentre in diritto va
osservato che il procedimento logico-giuridico seguito dal Tribunale è
corretto. Infatti ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non si
richiede l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, né dei suoi autori,
né dell’esatta tipologia di esso, essendo sufficiente che sia raggiunta la prova
logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni
compiute e ciò “a fortori” nell’ambito del procedimento cautelare in cui è

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di E 1.000,00 alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il

2/f/4

il Presidente

sufficiente la “probatio minor” scaturente dalla valutazione di gravità degli
indizi acquisiti [Cass. n. 36940/2008; Cass. n. 546/2011].
Il terzo motivo di ricorso è manifestamente infondato alla luce della costante
giurisprudenza per la quale la prova del reato di cui all’art. 416 cp, può
essere dedotta dalle stesse modalità esecutive e dalla natura dei reati fine,
che pur nella loro autonomia rispetto al delitto associativo, sono pur sempre
l’ estrinsecazione fattuale dell’associazione criminale [Cass. n. 2740/2012; e
meno recentemente Cass SU n. 10/2001].
Il quarto motivo di riscorso è manifestamente infondato. Il Tribunale, con
riferimento all’indicazione delle esigenze cautelari, contrariamente a quanto
asserito dalla difesa, ha formulato un giudizio congruo riferito alle concrete
esigenze cautelari individuando gli elementi sulla cui base ha fondato il
giudizio della sussistenza della pericolosità sociale e del rischio concreto di
reiterazione di illecite condotte mettendo in evidenza: a) modalità di
commissione dei reati; b) pluralità degli illeciti commessi; c) commissione
dei reati nell’ambito di una “organizzazione”; d) disinvolta spregiudicatezza
nella commissione degli illeciti.
Nella specie si tratta dell’indicazione di elementi di fatto concreti sulla cui
base ben può essere fondato, in modo non irragionevole un giudizio di
pericolosità sociale.
Il Tribunale ha preso infine in considerazione le circostanze relative alla
incensuratezza dell’indagato e la risalenza nel tempo dei fatti commessi, per
pervenire alla conclusione che la misura cautelare applicabile è quella degli
arresti domiciliari.
La motivazione è adeguata, non illogica e non emerge alcuna violazione di
norme di legge penale o processuale che neppure vengono esplicitate dal
ricorrente, che le ha solo enunciate.
Per le suddette ragioni il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il
ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali e della
somma di C 1.000,00 alla cassa delle ammende, così equitativamente
determinata la sanzione amministrativa prevista dall’art. 616 cpp, da
applicarsi alla luce del comportamento e della condotta processuale del
ricorrente.

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