Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4195 del 08/10/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 6 Num. 4195 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: PATERNO’ RADDUSA BENEDETTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CANZONIERI DONATELLO N. IL 09/05/1975
avverso la sentenza n. 51266/2012 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 06/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. BENEDETTO PATERNO’ RADDUSA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. fec4..)2522
eL.LSÌeu. C. C,
che ha concluso per
AA.

Udito, per la parte civile, l’Avv —
Uditi difensor;Avv.

rixtor csakia_

AA. clriy-D

G›_

Data Udienza: 08/10/2014

Ritenuto in fatto
1. Canzonieri Donatello , tramite il fiduciario munito di procura speciale, propone
ricorso straordinario per Cassazione avverso la sentenza di questa Corte ,
distinta dal nr 40067/13, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso
proposto dal Canzonieri nei confronti della sentenza della Corte di Appello di
Reggio Calabria resa a conferma della condanna emessa in primo grado dal
Tribunale di Reggio Calabria ai danni del ricorrente, imputato del reato di cui

2.

Si adduce a sostegno del ricorso errore di fatto inerente l’omessa considerazione
dei motivi addotti per primo, secondo e quarto nel ricorso presentato
nell’interesse del Canzonieri dall’avvocato Morcella, ritenuti decisivi nell’ottica
volta a destrutturare il portato complessivo della decisione impugnata.
Dopo una premessa in fatto sulla presenza di due ricorsi presentati dai difensori
del Canzonieri, il ricorrente segnala
che nella sentenza impugnata , già nella esposizione dei motivi era stata
accordata esclusiva rilevanza ai motivi di gravame diversi da quelli esposti nel
ricorso sottoscritto dall’avvocato Morcella;
che in motivazione , salvo che con riferimento al motivo due, sostanzialmente
coincidente con le doglianze esposte nel separato ricorso a firma di altro
difensore, le argomentazioni spese dalla Corte, peraltro assolutamente
aprioristiche, si attagliavano esclusivamente ai motivi del ricorso da ultimo
indicato.
In particolare, sarebbero state integralmente pretermesse le doglianze sollevate
in punto alla manifesta illogicità del motivare della Corte di Appello nonché in
ordine alla configurabilità della riscontrata estorsione in ragione:
della diversa considerazione accordata ai lavori ( ben più consistenti e
integralmente retribuiti) commissionati all’impresa del Tripodi ( caratterizzati
dalla medesima matrice mafiosa pur se con appartenenza ad un clan diverso, il
Clan Condello, rispetto a quello assertivamente vicino al ricorrente, il clan
Tegano), rimasto, quest’ultimo, incomprensibilmente estraneo al processo pur
in presenza di un evidente analogia, nel conferimento del relativo incarico
contrattuale, rispetto alla posizione involgente il ricorrente;
della esclusione della riferibilità, all’estorsione in processo, dell’attentato
incendiario patito dalle persone offese, originariamente ricollegato al fatto dal
Tribunale, avendone la Corte giustificato il portato estorsivo di matrice
prettamente mafiosa legato alla condotta del ricorrente alla sola esigenza,
perseguita dalle persone offese a fronte della proposta contrattuale del
Canzonieri, di mantenere intatti gli equilibri tra le famiglie operative sul

1

all’art. 629 cod.pen., aggravato ex art. 7 legge 203/91.

territorio, accontentando sia i Condello che i Tegano, così da aggravare in
termini ancora più evidenti l’incongruenza logica correlata al mancato
coinvolgimento nel processo del Tripodi;
dalle contestazioni legate alla non configurabilità della estorsione in assenza di
un danno per le persone offese ( i coniugi Malavenda ottennero una prestazione
di tinteggiatura ben eseguita senza poi mai pagarla), situazione di per sè non
solo incompatibile con la matrice mafiosa di una estorsione ma con la stessa
configurabilità del reato, insussistenti il danno per la vittima e il profitto per

infine alla non configurabilità dell’aggravante ex art. 7 in presenza di una
situazione in fatto che, sul piano logico, piuttosto che legittimare il
rafforzamento del clan sul territorio, finiva per sminuirne il rilievo considerato il
torto sofferto dal sedicente affiliato, il tutto in linea con le dichiarazioni sulla
modestia dell’appalto rese dal collaborante Moio.
Considerato in diritto
1. Il ricorso straordinario è fondato e giustifica , previa revoca della decisione
impugnata, una nuova valutazione dei motivi di

rii.etriA,o

originariamente

articolati nei confronti della sentenza resa dalla Corte di Appello di Reggio
Calabria, pretermessi da questa Corte nella disamina dell’originale ricorso a
firma dell’avvocato Morcella .
Motivi che, in esito alla odierna valutazione, devono ritenersi infondati, lasciando
inalterata la condanna resa ai danni del ricorrente siccome confermata dalla
statuizione di appello oggetto di verifica.
2. Giova ribadire in linea di principio che la mancata considerazione di un motivo
di ricorso non dà causa ad un errore di fatto, né determina incompletezza della
motivazione della sentenza, allorquando, pur in mancanza di espressa disamina,
la censura debba considerarsi implicitamente disattesa perché incompatibile con
la struttura e con l’impianto della motivazione, nonchè con le premesse
essenziali, logiche e giuridiche, che compendiano la “ratio decidendi” della
sentenza medesima.
In siffatti casi, non è corretto ritenere ci si trovi innanzi ad una omessa
pronunzia su un motivo di ricorso nè, ovviamente, di decisione viziata da errore
di fatto. Situazione, questa, che va equiparata a quella nella quale la Corte, dopo
avere esaminato un motivo di ricorso, abbia ritenuto assorbite le altre censure,
per la ragione che, in tale ipotesi, dette censure sono state comunque valutate e
se ne è reputata superflua la trattazione per effetto dei risultati della disamina
del motivo preso in considerazione, giudicato, a ragione o a torto, dotato di
valore assorbente, sul piano logico-giuridico, rispetto a quello il cui esame è
stato reputato ultroneo.

2

l’autore del reato

2.1. Piuttosto, l’omesso esame di un motivo di ricorso è riconducibile, invece,
alla figura dell’errore di fatto quando sia dipeso da una vera e propria svista
materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia
causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la cui presenza,
viceversa, sia immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice
controllo del contenuto del ricorso.
2.2. Deve chiarirsi, tuttavia, che la sola possibilità di qualificare la predetta svista
come errore di fatto non può giustificare, di per sé, l’accoglimento del ricorso

verificabile un rapporto di derivazione causale necessaria della decisione adottata
dall’omesso esame del motivo di ricorso, nel senso che il risultato della
deliberazione della Corte di Cassazione non sarebbe cambiato, anche se fosse
stata sottoposta a vaglio la censura dedotta dal ricorrente.
In particolare, laddove il motivo o i motivi pretermessi si siano rivelati
inammissibili ( perché, ad esempio, non dedotti con l’appello) o manifestamente
infondati, la decisione resa in sede di legittimità va comunque confermata,
mancando di decisività l’errore di fatto legato alla omessa disamina della relativa
doglianza, destinato a non influire sulla sentenza impugnata , quale che sia stato
il tenore della stessa ( di rigetto o di inammissibilità dell’originario ricorso in
cassazione).
2.3. La situazione muta , invece , se i motivi sfuggiti alla disamina della Corte
non sono nè inammissibili né manifestamente infondati a fronte di una
declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso di legittimità.
In siffatte ipotesi, infatti, l’eventuale non manifesta infondatezza dei motivi di
ricorso non scrutinati in precedenza dalla Corte di Appello mentre è di certo priva
di incidenza con riferimento alla decisione di appello ( essendo la stessa
destinata ad assumere comunque definitività laddove alla precedente
declaratoria abbia fatto seguito, in esito al rimedio straordinario, la semplice
reiezione dell’originario ricorso di legittimità per la riscontrata infondatezza delle
doglianze pretermesse), per contro assume rilievo rispetto alla tenuta della
sentenza impugnata con il ricorso straordinario.
Si considerino al fine ed in linea di principio – quali effetti, di immediata
percezione logica, derivati e conseguenziali alla rescissione della sentenza di
legittimità che per il riscontrato errore percettivo, abbia definito in termini di
inammissibilità l’originario gravame – non solo e tanto l’aspetto legato al
regolamento sulle spese ( destinato a mutare con riferimento alla indennità
liquidata in favore della Cassa delle Ammende , conseguenziale alla sola
declaratoria di inammissibilità), quanto, piuttosto, il dato afferente la possibile
prescrizione del reato, sempre se maturata all’epoca della prima decisione di

3

straordinario ex art. 625-bis c.p.p., in mancanza di una situazione in cui non sia

legittimità ma non considerata dalla Corte

sul presupposto della ritenuta

inammissibilità dei motivi di gravame, limitati tuttavia, nella disamina, solo a
quelli non sfuggiti al controllo del Giudice di legittimità.
Ritiene, dunque, in coerenza il Collegio che , anche innanzi a motivi (non
manifestamente ma ) solo infondati, non esaminati, nei termini sopra descritti,
dalla Corte, occorra procedere ad una revoca della sentenza diSlegittinnità ed al
conseguente rigetto dell’originario ricorso ( vedi tuttavia in senso contrario, pur
senza una specifica disamina della questione nei termini sopra riferiti, da ultimo

richiamata dalla sentenza 48877/13 di questa sezione).
3. Tanto premesso, appare evidente come il confronto tra l’atto del ricorso
originario a firma dell’avvocato Morcella e la sentenza di questa Corte renda
manifesta la mancata percezione del contenuto dei motivi 1, 2 e 4 del gravame
sottoscritto dal predetto difensore.
L’intera sentenza impugnata , infatti , prende in considerazione e supera le
obiezioni sollevate con l’altro ricorso articolato nell’interesse dell’imputato;
contestazioni queste ultime afferenti la inutilizzabilità delle dichiarazioni del
Malavenda e della Silipigni ( quanto al contenuto delle intercettazioni rese a loro
carico); il giudizio di attendibilità caduto sulle propalazioni dei diversi collaboranti
laddove si descrive il ricorrente siccome partecipe alla Cosca Tegano ( tema
questo coincidente con il secondo motivo di ricorso a firma dell’avvocato
Morcella); il travisamento probatorio inerente le dichiarazioni rese dalla teste
Silipigni; una sostanziale rivisitazione del fatto in processo, articolata tramite una
inammissibile reiterazione delle contestazioni mosse in sede di appello.
La sentenza non reca, neppure in narrativa , alcun cenno alle doglianze sopra
indicate contenute nel ricorso a firma dell’avvocato Morcella , se non nella parte
in cui si contesta l’estorsione per la ritenuta insussistenza di un danno patito
dalla persona offesa. Ed anche questo punto , riferito solo in narrativa e del tutto
parzialmente rispetto al tenore della relativa doglianza, non trova esplicitazione
alcuna nella disamina argonnentativa fondante la resa e qui contrastata
valutazione di inammissibilità.
Né puo ritenersi, infine, che la valutazione delle relative lagnanze possa ricavarsi
dalla considerazione omniconnprensiva contenuta nella parte finale della
motivazione , laddove, del tutto apoditticamente si ritengono sussistenti i
presupposti costitutivi del reato e della aggravante ex art. 7 legge 203/91.
Siffatto argomentare, se per un verso coincide sul piano nominale con alcuni dei
profili messi in discussione dai motivi pretermessi, per altro verso appare essere
la logica evoluzione valutativa della disamina afferente le doglianze articolate per
terza, quarta, e quinta nel ricorso proposto dal difensore del Canzonieri diverso

4

Sentenza nr 33024/11 della I sezione di questa Corte, pedissequamente

dall’avvocato Morcella. Tanto in ragione delle considerazioni spese in premessa a
siffatto motivare, legate, in via di principio , al travisamento probatorio dedotto
unicamente con il gravame da ultimo citato.
Deve quindi constatarsi che è mancata risposta su specifici motivi di ricorso, i
quali, per quanto si dirà da qui a poco, non erano affetti né da radicale
inammissibilità né da manifesta infondatezza così da imporre la revoca della
declaratoria di inammissibilità contrastata con il presente rimedio straordinario.

k

4. Nel merito , le censure preternnesse si sono ritgate infondate. L97

processo del Tripodi, non vizia in modo radicale il percorso logico tracciato dai
giudici dell’appello.
Vero è che in sentenza si dà conto di una posizione negoziale di matrice illecita
ascritta al Tripodi ( legato alla cosca dei Condello) sostanzialmente analoga a
quella del ricorrente e per interessi economici ben più rilevanti, essendo
incontroverso che anche la scelta di siffatto appaltatore ebbe a trovare una
causale genetica nella esigenza del committente di rispettare la suddivisione
degli appalti privati in linea con la logica spartitoria imposta dalle cosche
dominanti sul territorio di riferimento.
Tanto, tuttavia, a ben vedere,non mina la logicità della valutazione operata dalla
Corte; semmai rende illogiche le modalità di esercizio dell’azione penale, attivata
lasciando estraneo alla stessa il Tripodi, ferma restando la coerenza delle
valutazioni operate dalla Corte sulle ragioni per le quali ebbe ad essere inficiata e
coartata, dalla logica intimidatoria di matrice mafiosa, la volontà negoziale nella
scelta del proprio contraente in capo al soggetto appaltante.
4.2. La linea argomentativa seguita dalla Corte territoriale non trova vuoti logici
neppure in ragione della avvenuta espunzione dell’attentato incendiario patito
dalle persone offese dal patrimonio indiziario e logico segnalato dal primo giudice
a sostegno della matrice estorsiva del rapporto negoziale instauratosi tra il
ricorrente e i committenti.
In parte qua , l’insieme dei puntelli logici e fattuali segnalati dal Giudice
distrettuale a supporto della decisione assunta regge adeguatamente il peso
delle critiche sollevate dalla difesa e finisce per restare insensibile a siffatto
decremento valutativo, riposando :
sulla assodata contiguità del Canzonieri al clan Tegano , emersa in esito alle
convergenti dichiarazioni dei collaboranti, il cui giudizio di attendibilità è stato già
filtrato dalla precedente decisione di legittimità;
sulla altrettanto pacifica acquisizione probatoria afferente la spartizione dei lavori
edili tra le diverse cosche di riferimento, frutto di un pacifico condizionamento
ambientale, del quale le stesse persone offese erano pienamente consapevoli;

5

4.1. Per quanto suggestivo, il tema afferente il mancato coinvolgimento nel

sulla inutilità del parziale subentro del Canzonieri nella posizione del Tripodi, mai
adeguatamente giustificato sul piano negoziale se non sotto il versante, riferito
dalle persone offese, della necessità di garantire gli equilibri con la realtà
mafiosa esterna, così da accontentare le diverse cosche dominanti il territorio di
riferimento, equilibrio nel caso reso precario proprio dall’int&ale originario
conferimento dei lavori ad un soggetto vicino alla cosca dei Condello;
sulla conferma fornita a siffatta prospettazione logica proprio dalla veicolazione
ai committenti della offerta del Canzonieri per il tramite del Tripodi, segno di un

oggetto prescindendo da un effettivo spazio di libera determinazione in capo
all’altro polo contrattuale;
sulla implicita minaccia sottesa alla proposta formulata dal Canzonieri, tutta
poggiata sulla sua nota vicinanza al clan Tegano nonché all’interesse di questa
cosca a mantenere costante e integro sistematicamente il controllo del territorio
rispetto a siffatte iniziative imprenditoriali, dati questi entrambi facenti parte del
patrimonio cognitivo delle vittime di turno.
4.3. In questo quadro ricostruttivo, appare, infine,

coerente a norma la

qualificazione ascritta da e giudice del merito alla condotta in processo. In linea
con

7Ettle79-t-ti quanto già segnalato da questa stessa sezione della

Corte( Sentenza n. 9185 del 25/01/2012, Rv. 252283), l’imposizione con
violenza o minaccia di un contraente o di un fornitore integra il delitto di
estorsione, consistendo l’ingiusto profitto con altrui danno patrimoniale nel fatto
stesso che il contraente-vittima sia costretto al rapporto in violazione della
propria autonomia e libertà negoziale.
E nel caso, proprio in ragione di quanto sopra, la scelta contrattuale ebbe a
riposare sulla forza di intimidazione sottesa al ruolo di contiguità del ricorrente
con il clan di riferimento, essendo la relativa proposta – intervenuta in un
momento successivo all’originario conferimento dell’appalto e per quanto sopra
evidenziato non altrimenti adeguatamente giustificata – primariamente
supportata dalle logiche spartitorie correlate agli interessi delle cosche operanti
sul territorio.
Nè il portato di siffatta valutazione appare sminuito dalla mancata percezione del
compenso pattuito da parte del Canzonieri per l’inadempimento dei committenti.
Tanto infatti costituisce una variabile del fatto successiva alla concretizzazione
della estorsione, radicata al momento della conclusione dell’accordo negoziale
viziato nella sua intima essenza. Ed anche questo dato finisce per rappresentare
una suggestione logica che, tuttavia,non muta radicalmente la linearità
dell’assunto sotteso alla decisione contrastata.

6

pregresso accordo sulla individuazione del soggetto che avrebbe reso i lavori in

4.4. Quest’ultimo accenno argonnentativo consente di superare anche le
doglianze legate alla applicabilità alla specie dell’aggravante ex art. 7 legge
203/91.
Le modalità di cristallizzazione dell’accordo contrattuale, per come più volte
segnalato nel corso della motivazione resa dal Giudice distrettuale, pur se non
trattando specificatamente il tema in questione , denunziano la sussistenza di un
accordo radicalmente viziato in ragione della forza di intimidazione garantita
dall’azione mafiosa sulla quale in definitiva riposava la proposta contrattuale del

E la valutazione della Corte non merita comunque censure laddove riscontra
anche il versante teleologico dell’aggravante in questione, tutt’altro che sminuito
dal modesto valore economico dell’affare legato alla vicenda in fatto: attraverso
la condotta riscontrata viene infatti in gioco il rimarcato consolidamento della
cosca sul territorio, elemento logico prodromico ed imprescindibile dei profili di
lucro illecito conseguenziali alla pressione estorsiva sistematicamente operata
dalla cosca sulle iniziative imprenditoriali rese sulla piazza di riferimento.
5. Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali.

PQM
Revoca la sentenza della Corte di Cassazione , sezione II Penale , nr 40067»3
emessa il 6/6/2013 nei confronti di Canzonieri Donatello .
Rigetta il ricorso proposto dal Canzonieri avverso la sentenza nr 763/2011 della
Corte di Appello di Reggio Calabria, in data 11/01/2012.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso l’ 8 ottobre 2014
Il Consigliere estensore

Canzonieri.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA