Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4193 del 16/12/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4193 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Micelli Raffaele, nato a Grottaglie, il 28/11/1988;

avverso la sentenza del 11/12/2013 della Corte d’appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Umberto
De Augustinis, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Lecce, quale giudice del rinvio a
seguito dell’annullamento in sede di legittimità della precedente pronunzia della Corte
d’appello di Taranto, confermava la condanna a seguito di giudizio abbreviato di Micelli
Raffaele per il reato di tentato omicidio aggravato ai danni di Del Monaco Luigi, colpito

Data Udienza: 16/12/2014

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nel corso di un litigio per futili motivi dall’imputato con calci e pugni alla testa e al
corpo causandogli un grave trauma cranico cui conseguivano effetti lesivi permanenti.
Va ancora evidenziato che, come già accennato, la Prima sezione di questa Corte aveva
annullato la precedente pronunzia del giudice d’appello – il quale aveva ritenuto che il
fatto contestato fosse stato sostanzialmente commesso con accettazione da parte
dell’imputato del rischio di causare la morte della vittima – ribadendo il consolidato
principio secondo cui il dolo eventuale sarebbe incompatibile con la figura del delitto
tentato e rilevando altresì il difetto di motivazione sulla possibile imputazione

Micelli, ma all’impatto della persona offesa con l’asfalto o il marciapiede a seguito della
caduta determinata dai colpi infertigli dall’imputato.
In proposito i giudici salentini ritenevano che il Micelli avesse agito non già con dolo
eventuale, bensì alternativo, reputando altresì corretta la ricostruzione dei fatti accolta
in prime cure in merito all’eziogenesi del trauma cranico.

2. Avverso la sentenza ricorre il Micelli a mezzo del proprio difensore deducendo vizi
della motivazione in merito all’elemento psicologico del reato. In particolare il ricorrente
considera illogico e frutto di mere presunzioni il percorso argomentativo che ha portato
i giudici d’appello a considerare inattendibili le dichiarazioni rese dal fratello della
persona offesa (Del Monaco Giuseppe) agli operanti in merito al fatto che il proprio
congiunto sarebbe stato solo spinto – e non colpito – dall’imputato. Non di meno la
Corte territoriale avrebbe travisato o comunque non compiutamente valorizzato le
ulteriori dichiarazioni rese a s.i.t. dal menzionato teste, dalle quali si evincerebbe come
egli aveva visto il fratello e l’imputato discutere dopo la lite, circostanza che sarebbe
incompatibile con il dolo alternativo ritenuto dai giudici dell’appello, i quali avrebbero
peraltro trascurato di evidenziare gli elementi obiettivi in grado di rivelarlo nell’assenza
di esternazioni da parte del Micelli idonee a manifestare il suo presunto intento omicida
o di circostanze da cui dedurre anche solo che egli abbia percepito la morte della
vittima come un effettivo esito della sua azione. Infine la sentenza, sempre ai fini della
valutazione della natura del dolo che ha animato l’imputato, non avrebbe tenuto conto
del fatto come dalle testimonianze del Cavallo e dell’Arcadio emergerebbe come quella
tra il Micelli e il Del Monaco fu una colluttazione e non un’aggressione unilaterale del
primo ai danni del secondo.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e per certi versi inammissibile.

dell’evento lesivo in concreto realizzatosi non già direttamente all’azione violenta del

2. Va innanzi tutto evidenziato come la Corte territoriale abbia puntualmente
corrisposto al vincolo di rinvio, rendendo articolata ed esauriente motivazione su
entrambi i punti enucleati nella pronunzia d’annullamento della Prima Sezione.
2.1 Ciò premesso, con riferimento al primo ordine di doglianze avanzate con il ricorso,
deve rilevarsi come la sentenza impugnata abbia diffusamente argomentato sulle
ragioni per cui debba ritenersi che il trauma cranico subito dalla persona offesa sia
stato provocato dai violenti colpi inferti dall’imputato e non già dall’impatto al suolo
conseguente alla caduta provocata dai medesimi. In particolare la Corte territoriale ha

come l’apparentemente contraria dichiarazione del fratello della vittima sintetizzata
nella relazione di servizio degli operanti risulti in contrasto con quanto dallo stesso poi
compiutamente riferito a sommarie informazioni, quando ha precisato di non aver
assistito alla prima fase dell’aggressione e dunque di non aver visto il momento in cui il
proprio congiunto era caduto a terra.
2.2 Pertanto, contrariamente a quanto obiettato dal ricorrente, i giudici dell’appello non
hanno svolto mere congetture sull’erroneità del contenuto della menzionata relazione di
servizio, ma in maniera logica e sulla base di obiettive risultanze hanno concluso che la
stessa fosse frutto o di una incomprensione tra gli operanti e il teste ovvero di una
eccessiva sintesi, inidonea a fotografare l’effettiva dinamica degli eventi.
2.3 Ma v’è di più. La sentenza evidenzia infatti come concordemente e in
equivocamente gli altri testimoni, che invece avevano assistito al fatto nella sua
interezza, avessero riferito che l’imputato aveva ripetutamente e violentemente colpito
il Del Monaco con calci e pugni al capo, infierendo sul malcapitato anche quando questi
già si trovava a terra, fino a che non intervennero delle persone che lo trattennero dal
proseguire il pestaggio. Circostanza dalla quale, in maniera logica e coerente al
compendio probatorio di riferimento, i giudici d’appello hanno inferito l’indifferenza
dell’imputato per l’esito della sua azione nella rappresentazione che questo potesse
tradursi nella morte della vittima. Ed infatti, non solo il trauma accertato nella regione
parietale sinistra risulta logicamente compatibile con la ricostruzione operata dalla
Corte territoriale, ma è altresì innegabile che colui il quale continui a colpire con violenti
calci chi si trovi a terra – e dunque incapace di difendersi agevolmente – in un’area così
delicata del corpo voglia procurargli il maggior danno possibile e quindi provocarne
eventualmente anche la morte, conseguenza correttamente ritenuta come altamente
probabile in ragione della concreta conformazione dell’azione descritta.
2.4 Tale ulteriore linea argomentativa non ha in sostanza trovato la necessaria
confutazione nei motivi di ricorso, che, oltre a quanto già descritto, si sono limitati a
contestare l’assenza di ulteriori elementi univocamente rivelatori anche dell’intenzione
ornicidiaria – non necessari alla luce di quanto detto sulla correttezza del ragionamento
probatorio svolto in sentenza – nonché un ulteriore brano delle dichiarazioni della

sottolineato non solo come di tale impatto non vi sia effettiva evidenza, ma altresì

vittima, da cui si dovrebbe dedurre come una volta prodotte le lesioni l’imputato
avrebbe arrestato la sua azione. Obiezione del tutto infondata, atteso che, come
ricordato, la Corte territoriale, nel ricostruire la vicenda sulla base delle risultanze
processuali, ha evidenziato come il Micelli abbia interrotto la sua brutale aggressione
solo per l’intervento di terzi (circostanza del tutto obliterata dal ricorrente), risultando
dunque irrilevante che successivamente non abbia inteso riprenderla e si sia limitato a
quel punto ad una ulteriore discussione con la sua vittima, come riferito dal Del Monaco
Giuseppe.

valutazione delle dichiarazioni dei testimoni oculari nella parte in cui avrebbero riferito
non di una aggressione unilaterale, bensì di una colluttazione tra i due protagonisti
della vicenda. A parte il fatto che il ricorrente non ha saputo dimostrare la decisività
della circostanza oggetto delle prove di cui si lamenta la pretermissione (ed infatti,
come illustrato, la fase decisiva ai fini della qualificazione del dolo che avrebbe animato
l’imputato rimane quella in cui egli avrebbe colpito il suo avversario mentre questi si
trovava inerme a terra), deve evidenziarsi come per dedurre il vizio di travisamento o
mancata valutazione di un atto a contenuto probatorio – qualora la prova omessa o
travisata abbia natura dichiarativa – il ricorrente ha l’onere di riportarne integralmente
il contenuto, non limitandosi ad estrapolarne alcuni brani, come avvenuto invece nel
caso di specie, giacchè così facendo viene impedito al giudice di legittimità di
apprezzare compiutamente il significato probatorio delle dichiarazioni e, quindi, di
valutare l’effettiva portata del vizio dedotto (Sez. 4 n. 37982 del 26 giugno 2008, Buzi,
rv 241023; Sez. F., n. 32362 del 19 agosto 2010, Scuto ed altri, Rv. 248141).

3. Il ricorso deve dunque essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle
spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16/12/ •14

2.5 Inammissibile infine è l’ultima doglianza avanzata con il ricorso in merito all’omessa

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