Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41927 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 41927 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: GAZZARA SANTI

Data Udienza: 10/07/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STELLA ROSALIA N. IL 02/09/1929
MESSINA SANTINA N. IL 16/05/1951
MESSINA MARISA PATRIZIA N. IL 16/05/1951
avverso la sentenza n. 7571/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
14/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANTI GAZZARA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

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Udito, per la parte civile, l’Avv

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Uditi difensor Avv. /4 ,, ,,:o 3—”,…,…57) – i, . É
i 1.k…< I A.- -,_~., (7 tj RITENUTO IN FATTO Il Tribunale di Roma, con sentenza del 10/12/2009, dichiarava Rosaria Stella, Santina Messina e Marisa Patrizia Messina responsabili dei reati ex artt. 44 lett. b, d.P.R. 380/01 e 349 cod.pen., perché, in difetto di titolo abilitativo, realizzavano due unità immobiliari sul lastrico solare di un l'apposizione dei sigilli; le condannava alla pena ritenuta di giustizia. La Corte di Appello di Roma, chiamata a pronunciarsi sull'appello interposto nell'interesse delle prevenute, con sentenza del 14/11/2013, in parziale riforma del decisum di prime cure, ha dichiarato estinto per prescrizione il reato edilizio, rideterminando la pena per il residuo delitto in mesi 4 di reclusione ed euro 200,00 di multa per ciascuna imputata. Propone ricorso per cassazione la difesa delle prevenbute, con i seguenti motivi: -vizio di motivazione in relazione agli artt. 192 cod.proc.pen. e 349 cod.pen., rilevando che le germane Messina dovevano essere assolte dal reato contestato in quanto non proprietarie del lastrico solare; -vizio di motivazione in punto di omessa concessione in favore della Stella del beneficio della sospensione condizionale della pena. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è inammissibile. Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta l'impugnata pronuncia, consente di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione motivazionale, adottata dal decidente, in ordine alla ritenuta concretizzazione del reato in contestazione e alla ascrivibilità di esso in capo alle imputate. preesistente edificio, proseguendo e ultimando i lavori anche dopo Con il primo motivo di annullamento, in estrema sintesi, si eccepisce la violazione del principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio, in quanto la Corte territoriale è pervenuta alla conferma del giudizio di colpevolezza di Santina Messina e Patrizia Maria Messina, attribuendo rilevanza ad La doglianza è del tutto destituita di fondamento. La Corte distrettuale ha, infatti, evidenziato come risulti per tabulas che le due prevenute fossero comproprietarie del lastrico solare sul quale era stata edificata l'opera abusiva, in quanto donatarie da parte dei loro genitori ( coniugi Stella-Messina ) degli appartamenti posti al primo e al secondo piano dello stabile in questione, senza che i donanti si fossero riservati la proprietà esclusiva del predetto lastrico. Invero, la proprietà o un diritto di godimento esclusivo sul lastrico solare si pone quale deroga alla regola generale, secondo la quale tale superficie, assolvendo alla primaria funzione di copertura del fabbricato, deve presumersi facente parte della comunione di cui sono compartecipi i proprietari delle unità immobiliari sottostanti detto lastrico; con la conseguenza che è solo dal titolo, e non anche da altri elementi, che può trarsi la relativa prova contraria ( Cass. civ. 4/5/2012, n. 6781 ). Il giudice di merito richiama, compiutamente il principio affermato in plurime decisioni dalla giurisprudenza di legittimità, secondo il quale è ravvisabile il concorso nel reato del proprietario, sia pure non committente, nel caso in cui lo stesso abbia piena consapevolezza della esecuzione delle opere da parte del coimputato o abbia prestato consenso, seppure implicito o tacito, alla attività edilizia posta in essere. Peraltro, il proprietario ha l'obbligo giuridico di non consentire che con 2 elementi esclusivamente indiziari. l'utilizzo della cosa propria si realizzi l'evento dannoso o pericoloso e, pertanto, deve rispondere dell'illecito a titolo di concorso morale se, potendo intervenire, se ne è astenuto; per escludere il concorso non è sufficiente che lo stesso non abbia commissionato materialmente i lavori, all'abuso e non sia stato in condizione di impedire la esecuzione dell'opera ( ex multis Cass. n. 33540/2012). Nella specie, come a giusta ragione ravvisato dal decidente, ricorrono elementi indiziari univoci per ritenere che le Messina siano state consenzienti alla esecuzione e alla prosecuzione dei lavori, eseguiti dopo l'apposizione dei sigilli: infatti, costoro sono comproprietarie del lastrico solare; abitano entrambe nei piani sottostanti, sicchè non potevano ignorare i lavori di edificazione, che, con netta evidenza, si sono svolti in loro piena cognizione, ed avevano interesse alla costruzione dell'immobile, destinato ad abitazione dei genitori. Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo di annullamento, con cui si contesta l'attribuzione in proprietà del lastrico solare alle germane Messina, perchè titolari esclusivamente degli appartamenti sottostanti; peraltro, non essendo stato costituito nell'immobile alcun condominio, ha errato il giudice di merito nell'applicare alla fattispecie il dettato di cui all'art. 1117 cod.civ.. Orbene, osservasi che la legge disciplina la comunione, in generale, ed anche il condominio negli edifici, quale forma particolare di comunione. Fino al 2006, anno in cui le S.U. di questa Corte hanno pronunciato la sentenza n. 2046, era dubbio se ai cosiddetti condominii minimi ( quelli con solo due partecipanti ) fosse applicabile la disciplina della comunione o quella del condominio. $ ma è necessario che dagli atti emerga che esso non abbia interesse Il passaggio centrale della sentenza richiamata evidenzia, in modo chiaro ed inequivoco, il campo di applicazione delle due normative, affermando che la specifica fisionomia giuridica del condominio negli edifici — la tipicità che distingue l'istituto della comunione di proprietà in generale dalle altre formazioni sociali di tipo associativo - si fonda sulla relazione che, nel fabbricato, lega i beni propri e comuni, riflettendosi sui diritti, dei Le norme dettate dagli artt. 1117 e 1139 cod.civ. si applicano all'edificio, nel quale più piani, o porzioni di piano, appartengono in proprietà solitaria a persone diverse, e un certo numero di cose quali impianti e servizi di uso comune sono legati alle unità abitative dalla relazione di accessorietà. Nella specie è indubbio che con l'atto di donazione da parte dei coniugi Stella-Messina alle figlie, avente ad oggetto gli appartamenti al primo e al secondo piano dello stabile in questione, in difetto di specifica riserva di diritto esclusivo di proprietà del lastrico solare a favore dei donanti, le donatarie debbano ritenersi comproprietarie del predetto lastrico solare, indipendentemente dalla applicazione della normativa regolante la comunione o il condominio, rispettivamente di cui al titolo VII capo I e capo II del codice civile, in quanto detta parte di immobile, posta a copertura dello stesso, come ut supra rilevato, in difetto di riserva di proprietà a favore di terzi, è da ritenersi appartenente, pro quota, ai titolari delle unità immobiliari ad esso sottostanti. Del pari, ampiamente giustificato è il diniego del beneficio ex art. 163 cod.pen., invocato nell'interesse di Rosalia Stella, rilevato che il giudice di merito ha ritenuto elemento ostativo all'accoglimento della relativa istanza i precedenti penali, gravanti sulla stessa imputata, per reati analoghi, così da ottemperare all'obbligo motivazionale gravante, ex lege, 5'' quali i beni formano oggetto ( la proprietà esclusiva e il condominio ). sul decidente ( ex multis Cass. 23/2/1996, n. 4073). Va, da ultimo, rilevato che il reato contestato risulta prescritto al 29/6/2014, ma la inammissibilità del ricorso, dovuto alla manifesta • infondatezza dei motivi, non consentendo una compiuta instaurazione del rilevare dichiarare la sussistenza di cause di non punibilità, ex art. 129 cod.proc.pen. ( Cass.S.U. 22/11/2000, De Luca ). Tenuto conto, di poi, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la Stella e le Messina abbiano proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, le stesse, a norma dell'art. 616 cod.proc.pen., devono essere condannate alle spese processuali, nonché al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. P. Q. M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuna di esse al versamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di euro 1.000,00. Così deciso in Roma il 10/7/2014. rapporto di impugnazione, preclude la possibilità per il giudicante di

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