Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4189 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4189 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PIETRONI PIETRO N. IL 20/06/1945
avverso la sentenza n. 4238/2011 TRIBUNALE di GENOVA, del
29/02/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

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Con sentenza in data 29 febbraio 2012 il Tribunale di Genova applicava a Pietroni Pietro, su
richiesta delle parti, la pena di mesi due di reclusione ed euro 200,00 di multa, previa riduzione di
un terzo per il rito, quale aumento per la continuazione con la sentenza del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Genova in data 18 ottobre 2006, irrevocabile il 6 luglio 2007, in ordine
al reato di ricettazione, accertato il 25 maggio 2004.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente o tramite il difensore, ricorso

mancato proscioglimento ai sensi dell’art.129 c.p.p..
Il motivo di ricorso è generico e, comunque, manifestamente infondato atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato al contenuto dell’accordo tra le parti e
dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p., facendo riferimento in
particolare agli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. Siffatta motivazione, avuto
riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della pena su richiesta delle
parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la
costante giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. un. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un. 27
settembre 1995, Serafino; Sez. un. 25 novembre 1998, Messina). Del resto, qualora l’imputato si
limiti a chiedere l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. senza dedurre alcun concreto elemento
probatorio a sua discolpa l’indagine sulla sussistenza di una delle ipotesi di proscioglimento
previste dall’art. 129 c.p.p., se negativamente risolta, non richiede uno specifico obbligo
motivazionale sul punto (Cass. sez. I 27 gennaio 1999, Forte; sez. II 9 gennaio 1998 n.107,
Riflettore).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013

per cassazione. Con il ricorso si deduce la violazione di legge e la carenza di motivazione quanto al

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