Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4186 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4186 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BEN KHALIFA KAIES N. IL 27/05/1975
avverso la sentenza n. 2817/2007 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 01/06/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 1° giugno 2012 la Corte di appello di Bologna riformava la sentenza
emessa il 12 aprile 2007 dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bologna con la quale
Ben Khalifa Kaies era stato dichiarato colpevole dei reati di tentata rapina impropria aggravata e di
porto ingiustificato di un coltello, commessi in Bologna il 10 dicembre 2006. La Corte territoriale
dichiarava l’improcedibilià dell’azione penale in ordine alla contravvenzione, estinta per
prescrizione, e rideterminava la pena per il residuo delitto -con la già riconosciuta prevalenza

venti di reclusione di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione. Con
il ricorso si deduce la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione per la
mancata qualificazione giuridica del fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni con
violenza alle persone ai sensi dell’art.393 c.p., pur essendo la condotta dell’imputato diretta -ad
ottenere il prezzo della vendita pattuito e non a ottenere un profitto con conseguente danno
ingiusto”.
Il ricorso è inammissibile perché generico e comunque reiterativo delle doglianze già
formulate con l’atto di appello, ai quali la Corte territoriale ha dato adeguate e argomentate risposte,
esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non considera né specificatamente censura. Il
giudice di appello per affermare l’infondatezza della tesi difensiva della corretta qualificazione
giuridica del fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha infatti, con argomentazioni
ineccepibili sia logicamente che giuridicamente, evidenziato che “…la assai probabile illiceità
della provenienza del denaro che i due dovevano dividersi -illiceità desumibile dalle dichiarazioni
dello stesso imputato che lasciano intendere la ricettazione degli occhiali consegnatigli dal
Lanzarini per la vendita a terzi- e la riferita consapevolezza dell’imputato sulla spettanza all’altro
del denaro non consentono di ipotizzare l’inclusione del reato in esame nella .fattispecie di cui
all’art.393 c.p., in difetto di una lecita pretesa tutelabile ed azionabile davanti all’Autorità

Tale specifica e dettagliata motivazione il ricorrente non prende nemmeno in
considerazione, limitandosi a ribadire la tesi già esposta nei motivi di appello e confutata, con
diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella sentenza impugnata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

dell’attenuante prevista dall’art.62 n.4 c.p. e la diminuente per il rito abbreviato- in mesi sei, giorni

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013

il cons. est.

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