Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41825 del 17/07/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 41825 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GORIZIA DOMENICO N. IL 22/03/1975
avverso l’ordinanza n. 2021/2013 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
17/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Ft., e ti:D r5c2_ eat
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Uditi difefìsor Avv.;

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Data Udienza: 17/07/2014

Ritenuto in fatto
1. In data 28.11.2013 la difesa di Gorizia Domenico presentava istanza di
sostituzione della estrema misura di cautela in atto (disposta dal G.i.p. in data
22.04.2013) con quella degli arresti domiciliari, richiamando l’intervenuta fissazione
del giudizio immediato ed il positivo comportamento assunto dal prevenuto in
costanza di esecuzione della misura.
Con ordinanza in data 4.12.2013 il Tribunale procedente rigettava la
richiesta di sostituzione della misura cautelare. Il prevenuto, avverso la predetta

ordinanza, proponeva appello, insistendo per la sostituzione della misura carceraria,
evidenziando, quale elemento di novità, incidente sul quadro indiziario, il dato
relativo alle dichiarazioni confessorie rese da Gorizia James, nell’interrogatorio del
30.09.2013.
Il Tribunale del riesame, adito come detto in sede di appello cautelare, con
ordinanza in data 17.01.2014 confermava il provvedimento impugnato. Il Collegio
rilevava che nell’atto di appello erano state dedotte doglianze diverse da quelle
conosciute e valutate con il provvedimento di rigetto della richiesta di sostituzione;
e sottolineava che nella richiamata istanza del 28.11.2013, la parte non aveva fatto
alcun riferimento all’interrogatorio reso da Gorizia James. Riteneva pertanto non
valutabili dette doglianze. In riferimento alle esigenze cautelari, il Tribunale
osservava che non vi erano elementi di novità rispetto a quanto ritenuto dal G.i.p.
nel provvedimento genetico; e che perdurava il pericolo di reiterazione criminosa,
stante la spiccata pericolosità dell’appellante, inferibile dalle modalità professionali
di realizzazione della condotta criminosa e dal comportamento assunto dal
prevenuto al momento dell’arresto.
2. Avverso la richiamata ordinanza ha proposto personalmente ricorso per
cassazione Gorizia Domenico, chiedendo la rimessione in libertà o, in subordine, gli
arresti domiciliari.
L’esponente si sofferma sul quadro indiziario censito dal G.i.p. con
l’ordinanza applicativa della misura del 22.04.2013; ed osserva che gli indizi sono
venuti meno a seguito dell’interrogatorio reso da Gorizia James.
Il ricorrente richiama analiticamente le circostanze di fatto accertate in corso
di indagini; rileva di essere estraneo ai fatti. La parte osserva poi di essere
incensurata.
Considerato in diritto
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1 Come noto, in tema di appello cautelare, stante la natura devolutiva del
giudizio, la cognizione del giudice è circoscritta entro il limite segnato non solo dai
motivi dedotti dall’impugnante, ma anche dal “decisum” del provvedimento
gravato, sicché con l’appello non possono proporsi motivi nuovi rispetto a quelli
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avanzati nell’istanza sottoposta al giudice di primo grado, né al giudice “ad quem” è
attribuito il potere di estendere d’ufficio la sua cognizione a questioni non prese in
esame dal giudice “a quo” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 43913 del 02/07/2012,
dep. 13/11/2012, Rv. 253786).
Pertanto, del tutto legittimamente il Tribunale di Milano, adito in sede di
appello cautelare, ha osservato che le questioni, non proposte con l’istanza
esaminata con il provvedimento impugnato, non erano deducibili.

aspecifico, perché pone questioni sulla gravità indiziaria che non riguardano il
contenuto argomentativo dell’ordinanza oggi impugnata. Ed il ricorso presenta
ulteriori profili di inammissibilità, giacché la parte sottopone alla Corte regolatrice adita avverso l’ordinanza resa in sede di appello cautelare – questioni relative
all’apprezzamento della gravità indiziaria che esulano comunque dallo scrutinio di
legittimità.
Giova allora considerare che il controllo di legittimità relativo ai
provvedimenti “de libertate”, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto
all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni
giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti,
ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del
provvedimento (cfr. Cass. Sez. IV sentenza n. 2146 del 25/5/95, dep. 16.06.1995,
Rv. 201840; e, da ultimo, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 56 del 07/12/2011,
dep. 04/01/2012, Rv. 251760). La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex
art. 273 cod. proc. pen., è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce
nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità
della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di
legittimità, in particolare, non riguarda ne’ la ricostruzione dei fatti, ne’
l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e
concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur
investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis
Cass. Sez. 1, sentenza n. 1769 del 23.3.95, dep. 28.04.1995, Rv. 201177), sicché,
ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi
indizi di colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso
probatorio degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di
verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno
indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato,
controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli
elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che
governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. Sez. 4 sentenza n.
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Tanto chiarito, si osserva che il ricorso in esame risulta inoltre del tutto

22500 del 3.05.2007, dep. 8.06.2007, Rv. 237012; si veda anche Cass. Sez. U.
sentenza n. 11 del 21.04.1995, dep. in data 1.08.1995, Rv. 202001).
3.2 Per quanto concerne il tema delle esigenze cautelari, si osserva infine
che il ricorso contiene affermazioni di natura meramente assertiva; e che
l’esponente omette di confrontarsi con le analitiche valutazioni espresse dal
Tribunale, con l’ordinanza impugnata, rispetto al tema relativo alla proporzionalità
ed adeguatezza del presidio di contenimento in atto.

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C
1.000,00 in favore della Casa delle Ammende. Viene disposta la trasmissione di
copia della presente ordinanza al direttore dell’istituto penitenziario competente
perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc.
pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94 comma 1 ter disp. att. del cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 17 luglio 2014
Il Consigliere est.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che si impone, segue la

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