Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4177 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4177 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

Data Udienza: 22/10/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEO VINCENZO N. IL 12/09/1990
avverso la sentenza n. 553/2012 TRIBUNALE di BRINDISI, del
10/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

1)

Con sentenza in data 10 gennaio 2013 il Tribunale di Brindisi applicava a Leo Vincenzo, su
richiesta delle parti, la pena di mesi quattro di “reclusione – , convertita nella corrispondente pena
pecuniaria di euro 30.000,00 di – multa” in ordine al reato previsto dall’art.707 c.p., accertato in
Brindisi 1″8 agosto 2011, con la riduzione per il rito.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione. Con
il ricorso si deduce la violazione di legge e il vizio della motivazione in ordine al mancato

Il ricorso è generico e, comunque, manifestamente infondato atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato al contenuto dell’accordo tra le parti e
dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p., facendo riferimento in
particolare al verbale di perquisizione e sequestro “che comprova l’illecito possesso da parte del
prevenuto”. Siffatta motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di
applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti
per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. un. 27
marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un. 25 novembre 1998,
Messina). Del resto, qualora l’imputato si limiti a chiedere l’applicazione della pena ex art. 444
c.p.p. senza dedurre alcun concreto elemento probatorio a sua discolpa l’indagine sulla sussistenza
di una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., se negativamente risolta, non
richiede uno specifico obbligo motivazionale sul punto (Cass. sez. I 27 gennaio 1999, Forte; sez. Il
9 gennaio 1998 n.107, Riflettore).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013

il cons. est.

proscioglimento ai sensi dell’art.129 c.p.p..

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