Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41764 del 23/09/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 41764 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ACCETTA BONAVENTURA GIOVANNI N. IL 14/07/1958
avverso il decreto n. 3/2013 CORTE APPELLO di MESSINA, del
03/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;
lette/~ite le conclusioni del PG Etett.
ok.A9 n % r

Udit i difensor Avv

Data Udienza: 23/09/2014

ritenuto in fatto

1. Con decreto del 3.7.2013 la corte d’appello di Messina , in riforma del decreto
del Tribunale nisseno, in data 20.11.2012, disponeva la misura di prevenzione
personale della sorveglianza, senza obbligo di soggiorno, in capo ad ACCETTA
Giovanni Bonaventura per la durata di due anni, con prescrizioni. La corte distrettuale
faceva rilevare che seppure al prevenuto fosse residuato un solo processo pendente,

delineato il ricorrente dalle emergenze disponibili come l’ideatore di un sistema di
ricettazione e di commercio di generi di abbigliamento con marchi contraffatti, di
provenienza illecita, protrattosi per lungo tempo. Il gruppo criminale di cui l’istante si
è ritenuto facesse parte si riteneva avere di mira l’acquisizione di società da portare al
fallimento, dopo averle depredate e dopo avere fatto sparire le ricchezze in mille
rivoli, onde renderne difficile la ricostruzione.

2. Avverso tale decisione, ha interposto ricorso per cassazione il prevenuto pel
tramite del suo difensore, per dedurre:
2.1 violazione della legge 1423/1956,in ordine al requisito della pericolosità sociale
che deve essere attuale: viene fatto di rilevare che le condotte oggetto di
contestazione all’Accetta risalgono al 2006 e che l’istanza di applicazione della misura
venne redatta nel 2009, senza che medio tempore sia stata avvertita la necessità di
integrarla per dimostrare la persistenza del profilo di pericolosità dal 2009 ad oggi.
2.2 violazione della legge 1423/1956 per avere la Procura fondato la richiesta di
misura di prevenzione su una pericolosità sociale dedotta in modo del tutto erroneo
da precedenti giudizi a carico del preposto, che non sono ricavabili da sentenze di
condanna. L’accusa di associazione a delinquere mossa non avrebbe una base
adeguata per poter configurare l’ipotesi criminosa, atteso che l’impianto accusatorio si
basa sul fatto che egli avrebbe trattato merce contraffatta e/o falsa, laddove se
detta merce risultasse inesistente, verrebbe meno l’ipotesi della societas sceleris.
Viene in proposito fatto di rilevare che l’Accetta operava nel settore della
compravendita di stock di capi di abbigliamento, tanto da aver aperto punti vendita
denominati Stock house, del tipo Outlet, prima a Patti e poi in tutta la Sicilia. L’esiguità
del numero di capi contraffatti rispetto alle migliaia di capi acquisiti, comportando una
scelta a campione, ha portato a non poter ritenere la contraffazione e soprattutto a
non consentire di ritenere la riconoscibilità e consapevolezza della falsità dei capi
trattati. E’ stato poi evidenziato come dalle altre pendenze l’Accetta sia stato assolto,
cosicchè il giudizio di pericolosità non possa essere espresso in relazione all’unico
processo pendente avanti l’AG di Patti, per l’addebito di cui si è detto.

da tale vicenda emergevano elementi di attuale pericolosità speciale, essendo

3. Il Procuratore Generale ha chiesto, con parere motivato, di rigettare il ricorso.

Considerato in diritto.
Il ricorso non raggiunge la soglia dell’ammissibilità.
Come è stato più volte ricordato, gli esiti assolutori rivendicati dal ricorrente quanto a
vicende giudiziarie che lo coinvolsero, non possono rivestire effetto risolutivo, per il più

penale e dell’esclusione di ogni pregiudizialità del procedimento penale rispetto a quello
di prevenzione; da ciò consegue che il giudice della prevenzione può utilizzare
circostanze di fatto emergenti da procedimenti penali, valutate in dette sedi come
insufficienti al fine di fondare un giudizio di colpevolezza, sempre che conduca un
puntuale esame critico per individuarne la diretta incidenza sul giudizio di pericolosità
sociale. Quanto a questo ultimo profilo è indubbio che l’attualità della pericolosità può
essere desunta anche da fatti lontani nel tempo, purchè sintomatici della persistenza del
comportamento antisociale.
Detto ciò deve essere ricordato che il ricorso avanti la cassazione in materia di
misure di prevenzione è ammesso soltanto per violazione di legge, in forza della
previsione dell’art. 4 c. 11 I. 1423/1956, ripresa dall’art. 10 c. 3 d.lgs. 159/2011;
cosicchè in sede di legittimità non è deducibile il vizio di motivazione, a meno che
questa sia meramente apparente ed in realtà inesistente, ovvero sia inadeguata a
rappresentare il filo logico seguito dal giudice di merito.
Nel caso di specie , per quanto la motivazione non sia diffusa, non è rilevabile
una situazione di apparenza di motivazione; la corte ha evidenziato che dai dati del
processo ancora oggi pendente è immediato acquisire note negative sulla personalità
dell’Accetta, promotore di operazioni commerciali illegali, che vanno dalla ricettazione,
alla vendita di prodotti con marchi contraffati, con legami imbarazzanti con esponenti
della mafia barcellonese, tanto da essere ritenuto a capo di un sodalizio mafioso con
ruolo di vertice, che punta alla creazione ed acquisizione di società da condurre al
fallimento, dopo una sistematica spoliazione. La continuità e serialità dell’attività
delittuosa ipotizzata dalla corte de qua l sulla base di quanto rappresentato dagli atti del
processo pendente a Palmi, integra un discorso giustificativo più che sufficiente ed
appagante sotto il profilo motivazionale, che preclude ogni considerazione sulla
apparenza della motivazione. Non si ravvisano violazioni della legge penale avendo
legittimamente i giudici a quibus recuperato dati raccolti in sede investigativa, ancorchè
non ancora sottoposti al vaglio dibattimentale, che allo stato consentono di ritenere,
senza forzatura alcuna, sussistente la pericolosità del preposto e dunque giustificano la
misura di prevenzione disposta.

2

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volte affermato principio dell’autonomia del giudizio di prevenzione rispetto a quello

Il decreto impugnato non si espone ai rilievi critici avanzati che si profilano , per
le ragioni dette, inammissibili.

Alla dichiarazione di inammissibilità segue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost.,
sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della cassa delle ammende di

616 c.p.p.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro mille a favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, addì 23 Settembre 2014.

sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art.

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