Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4175 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4175 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALIFANO FRANCESCO N. IL 23/05/1956
avverso la sentenza n. 1/2012 TRIBUNALE di SALA CONSILINA, del
17/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, rQ-r la parte civile, l’Avv
Udit

Data Udienza: 07/10/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Eduardo Vittorio Scardaccione, che ha concluso per
rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 17.10.2012 il Tribunale di Sala Consilina
confermava la sentenza emessa dal locale Giudice di Pace in data
24.6.2011, con la quale Califano Francesco era stato condannato alla
pena di euro 1600,00 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore
della parte civile per i reati c11 cui agli artt. 582, 594 e 612 c.p. per aver
colpito con schiaffi al volto Ferrara Anna, procurandole lesioni guaribili
in sette giorni e per aver offeso l’onore e il decoro della stessa
proferendo nei suoi confronti le frasi: “…..porca, zuzzusa – tu sei urla
donna che non vale niente” e contemporaneamente minacciandola di
morte,
2.Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Cali -fano con il quale
lamenta:
-con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett. b)
c.p.p., per inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, in
relazione agli artt. 130 e 516 e 519, commi 1 e 2 c.p.p., artt. 520,
commi 1 e 2 e 521 c.p.p., per avere la sentenza impugnata qualificato
come mera correzione di un errore materiale, io spostamento in avanti
della data di consumazione del reato – a seguito di contestazione del PM
effettuata durante il giudizio di primo grado, essendo emerso durante
corso dell’istruttoria dibattimentale che i fatti contestati al ricorrente
non si erano verificati, così come indicato nel decreto di citazione a
giudizio, 1’8.7.2008, bensì il 25.10.2008, procedendosi in udienza, alla
modifica della predetta data- senza che il provvedimento di “modifica”
sia stato poi comunicato all’imputato contumace; tale modificazione,
invece, ha inciso in maniera rilevante sulla garanzia del diritto di difesa,
atteso che in determinate fattispecie, l’esatta indicazione temporale di
un fatto delittuoso, assume rilevanza decisiva ai fini della sua
individuazione, nonché della conseguente possibile esclusione di
colpevolezza dell’imputato, condizionando la possibilità di difesa dello
stesso con l’indicazione di nuovi mezzi di prova, producendo
documentazione sanitaria ed altro; si tratta, dunque, di violazione del
principio di correlazione tra sentenza e accusa contestata risultando il
fatto ritenuto in sentenza eterogeneo od incompatibile sotto il profilo
sostanziale;

-con il secondo motivo,

la violazione di legge e la manifesta

contraddittorietà della motivazione relativamente alla valutazione di
attendibilità della testimonianza della persona offesa, atteso che
giudice d’appello, al pari .di quello di primo grado, ha affermato la
responsabilità penale dell’imputato sulla base delle sole affermazioni
della parte offesa, senza alcun giudizio di attendibilità riguardo alle
dichiarazioni della stessa; in particolare, la persona offesa ha riferito
circostanze non veritiere e non concordanti con quanto indicato

s.i,t. acquisite dei teste indicato dall’accusa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. Con il primo motivo di ricorso l’imputato, nella sua alquanto
confusa esposizione, in sostanza si duole del fatto che nel giudizio di
primo grado il P.M. abbia modificato la data del commesso reato, senza
che a tale modifica dell’ imputazione siano seguite le cautele di cui agli
artt. 516 e 520/1 e 2 c.p.p., essendo l’imputato contumace, violando
così il suo diritto di difesa, ma tale doglianza senz’altro omette di
confrontarsi con le precise argomentazioni svolte nella sentenza
impugnata, che, senza incorrere nei vizi denunciati, ha fatto corretta
applicazione dei principi enunciati da questa Corte (Sez. V,
22/11/2001, n. 6977), alla stregua dei quali nella fattispecie in esame
non si configura una “modifica dell’imputazione”, ai sensi dell’art. 516
c.p.p.
1.1. Ed invero, chiaro disposto di cui agli artt. 516 e ss. c.p.p., nei
suo riferirsi ai casi di diversità del fatto ed all’esigenza di uno spazio
temporale idoneo per l’organizzazione della difesa, allude alle ipotesi di
sostanziale immutazione dell’originaria contestazione o di ulteriori
addebiti sostanziali che rendano necessaria la particolare tutela del
diritto di difesa e la stessa ratio dei meccanismo processuale rende,
dunque, avvertiti che devono restare fuori dalla previsione di legge tutte
quelle modifiche, che si risolvano in mere correzioni dell’originaria
formulazione, senza toccare il nucleo sostanziale dell’addebito.
1.2.Per quanto riguarda specificamente la data dell’imputazione,
questa Corte ha condivisibilmente evidenziato che, sebbene non è dato
affermare in linea astratta che si tratti di un elemento accessorio
dell’imputazione, non potendosi escludere che in determinate fattispecie
l’esatta collocazione temporale di un fatto delittuoso possa assumere
rilevanza persino decisiva ai fini della relativa individuazione e, per
2

precedentemente nell’atto di querela e con quanto riportato, poi, nelle

l’effetto, di un’eventuale ipotesi di colpevolezza, condizionando le
possibilità di difesa dell’imputato, specie per quanto riguarda la
prospettazione di alibi difensivi, si tratta, allora, di verificare caso per
caso l’incidenza della modifica della data nell’economia complessiva dei
fatto, dovendosi ad essa attribuire un rilievo marginale tutte le volte in
cui la sua modifica non incida sulle possibilità dell’individuazione del
fatto da parte dell’imputato e del conseguente esercizio del diritto di

LI Nel caso di specie il giudice d’appello senza incorrere nel

wzi.c)

denunciato ha evidenziato, dunque, con congrua valutazione,

non

censurabile, che la “modifica” in questione non ha avuto incidenza
sull’identità sostanziale e sull’identificazione dell’addebito, stante la
puntuale indicazione del fatto addebitato nelle inequivoche circostanze
di luogo e nelle incontrovertibili modalità di realizzazione, quindi senza
possibilità di “fraintendimenti” e conseguentemente di pregiudizi per
diritto di difesa, in considerazione peraltro della presenza del difensore,
che rappresentava ad ogni effetto l’imputato, assicurando la più ampia
esplicazione di tale diritto.
2. Manifestamente infondato si presenta altresì il secondo motivo di
ricorso, con il quale è stata contestata la valutazione di attendibilità
della persona offesa operata dal giudice d’appello. Ed invero,

la

sentenza impugnata, così come aveva già fatto la sentenza di primo
grado, con motivazione esauriente, dopo aver richiamato la
ricostruzione dei fatti della p.o., ha senza illogicità dato atto della
precisione, analiticità ed esaustività di tale versione dei fatti, peraltro
riscontrata da certificazione medica ospedaliera e dalle dichiarazioni
rese da Califano Alessandro in sede di s.i.t..
Inoltre, la

valutazione della credibilità della persona offesa

rappresenta una questione di fatto, che non può essere rivalutata in
sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in manifeste
contraddizioni (Sez. I, n. 33267 del 11,6.2013), che, come detto, nelle
fattispecie in esame non si ravvisano.
In particolare, il giudice a quo, in linea con i principi affermati da
questa Corte, secondo i quali le dichiarazioni della persona offesa
possono anche da sole essere poste legittimamente a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifical e
corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva

de!

dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che, peraltro,
deve, in tal caso, essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui

difesa (Sez. V, 22/11/2001, n. 6977).

vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U., n.
41461 del 19.7.2012), ha adempiuto all’onere di valutazione di sua
pertinenza, considerando specificamente la coerenza del racconto della
persona offesa e conseguentemente la credibilità oggettiva
soggettiva delle dichiarazioni rese.
3. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di
causa di inammissibilità riconducibile a colpa del ricorrente medesimo,

si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell’art.
616 c.p.p.
p.q.nn.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 7.10.2014

al versamento, a favore della Cassa delle Ammende, di una somma che

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