Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41721 del 10/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 41721 Anno 2014
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Mazzotta Giuseppe, nato il 27 maggio 1964
avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 25 marzo 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Gianluigi Pratola, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata, per essere il reato estinto per prescrizione.

Data Udienza: 10/07/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 7 febbraio 2012, il Tribunale di Pistoia ha condannato
l’imputato, per i reati di cui: agli artt. 110 cod. pen. e 44, comma 1, lettera c), del
d.P.R. n. 380 del 2001, in relazione alla realizzazione di opere edilizie abusive (capo
A); agli artt. 151 e 163 del d.lgs. n. 490 del 1999, per avere eseguito le opere in zona
di notevole interesse paesaggistico, in mancanza di autorizzazione; agli artt. 17 e 20
della legge n. 64 del 1974, per l’omesso deposito degli elaborati di progetto presso

febbraio 2003).
Avverso la sentenza l’imputato ha proposto appello: limitatamente
all’eccessività della pena, quanto al capo A; limitatamente all’insussistenza del reato
con riferimento ad alcune delle opere eseguite, quanto al capo B; eccependo
l’intervenuta prescrizione, quanto al capo C.
Con sentenza del 25 marzo 2013, la Corte d’appello di Firenze ha accolto
l’appello dell’imputato, rigettando la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale per l’acquisizione della documentazione relativa alla pendenza del
procedimento di sanatoria per il reato di cui al capo A, rilevando che l’appello era
limitato, quanto a tale capo, alla sola pena.
2. – Contro tale ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, rilevando, con unico motivo di doglianza, l’illegittimo rigetto della
richiesta dell’appellante di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale diretta ad
ottenere l’acquisizione di documenti attestanti la pendenza del procedimento di
sanatoria. Sostiene la difesa che detta pratica non avrebbe avuto esito negativo, come
risulterebbe dalla lettera del 20 marzo 2013, dalla quale emergerebbe che il permesso
di costruire in sanatoria era in fase di rilascio, e dal parere favorevole dato dalla
Soprintendenza competente. Né la circostanza che l’appello fosse limitato
all’eccessività della pena avrebbe impedito al giudice di valutare una causa di
estinzione sopravvenuta del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su una doglianza manifestamente
infondata.
Il ricorrente non aveva dedotto di fronte alla Corte d’appello – e non ha dedotto
neanche con il ricorso per cassazione – che la pratica di sanatoria relativa agli abusi
perpetrati si sia conclusa favorevolmente; né ha, del resto, prodotto o richiesto di
produrre alcun permesso di costruire in sanatoria. Lo stesso ricorrente si è limitato a

l’ufficio del Genio civile, necessario in quanto l’area era ricadente in zona sismica (il 17

richiedere l’acquisizione, tramite rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, di
documentazione del tutto irrilevante ai fini dell’eventuale estinzione del reato
urbanistico. E ciò, a prescindere dall’ulteriore considerazione che, per le condotte di
cui al capo B relative a violazioni paesaggistiche, non sarebbe potuto intervenire alcun
provvedimento di “sanatoria”, trattandosi di opere realizzate in zone dichiarate di
notevole interesse pubblico (ex d.m. 3 febbraio 1966).

risalente (17 febbraio 2003) in presenza di ampie sospensioni per i numerosissimi
rinvii concessi su richiesta della difesa – che sarebbe comunque già decorsa al
momento della pronuncia della presente sentenza. A fronte di un ricorso
inammissibile, quale quello in esame, trova infatti applicazione il principio,
costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod.
proc. pen., ivi compresa la prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per
cassazione, anche dovuta alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che
non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8
ottobre 2009, n. 42839; sez. 1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n.
4).
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 10 luglio 2014.

4. – Non può essere dichiarata la prescrizione dei reati – commessi in epoca

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