Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4171 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4171 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CUSUMANO ALFREDO N. IL 20/08/1951
avverso la sentenza n. 44/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
11/10/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
del Dott.
Udito il Procu
–che-tra—concluso per

Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/10/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Eduardo Scardaccione, che ha concluso per
l’inammissibilità dei ricorso;
udito per la parte civile, l’avv. Elena Gallo, in sostituzione dell’a\oa
Rita Maria Portincasa, che ha insistito per il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, avv. Eliana Antonella Capizzi, che ha
insistito per l’accoglimento dei motivi di gravame
RITENUTO IN FATTO

sentenza emessa dal locale Giudice di Pace in data 29.1.2013 con la
quale Cusumano Alfredo Antonio era stato condannato alla pena di -€
650,00 di multa, oltre al risarcimento del danno in favore della parte
civile, liquidato ih euro 700,00, per i reati di cui all’art. 594 c.p. per
aver offeso l’onore di Eboli Anna, proferendo al suo indirizzo le frasi
“puttana, napoletana di merda, vai al tuo paese che hai rovinato Milano
barbona, tu non sei all’altezza di lei Nicoletta, tu che sei uria cafona’
(capo a) e di cui all’art. 582 c.p. per aver provocato alla predetta Eboli
Anna, lesioni personali dalle quali derivava una malattia giudicata
guaribile in cinque giorni per “contusione lombosacrale” (capo b).
2. Avverso tale sentenza il Cusumano, a mezzo del proprio difensore ;
ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, con i quali
lamenta:
-con il primo motivo, la violazione dell’art. 606, primo comma, lett. e)
c.p.p., per mancanza o contraddittorietà della motivazione in ordine al
reato di cui al capo a), atteso che il Tribunale ha fondato ll proprio
giudizio su una mera presunzione di verosimiglianza, non fondata !”:”»i
reali e comprovati elementi fattuali, in tal modo motivando la propria
decisione in maniera assolutamente apparente; che le dichiarazioni
della p.o., costituitasi parte civile, meritano un controllo più
approfondito rispetto a testi terzi, con ricerca di elementi esterni a
comprova della loro attendibilità, che, invece, non sussistono nel caso di
specie; che la sentenza impugnata non ha considerato l’atteggiamento
astioso manifestato dalla Eboli dopo tre anni dalla fine della relazione
sentimentale tra le parti, la visita non preannunciata della predetta,
posta in essere al fine di chiedere al ricorrente l’ennesimo chiarimento
ed il fatto che la stessa p,o, ha dichiarato nel corso del!’ esame, di
voler entrare a casa del Cusurnano per parlare e che “lui non voleva”:
l’imputato non ha negato li diverbio tra i due, ma ha reso una versione
più aderente alla realtà ed essendo nato a Caltagirone appaiono

1.Con sentenza del 11.10.2013 il Tribunale di Milano confermava la

assolutamente inverosimili eventuali ingiurie fondate sulle origini
meridionali della p.o., così come appare ingiustificata ed immotivata la
quantificazione dei danno operata dal giudice di prime cure e
confermata dal Tribunale;
-con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, primo comma, lett.
e) c.p.p., per contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione,
in ordine al reato di cui al capo b), atteso che, con riguardo alle lesioni
personali, il Tribunale ha ritenuto l’imputato responsabile del delitto di

anche di quelle rese dal teste Granata e dal certificato medico in atti,
ma per quanto concerne tale teste lo stesso non ha assistito ai fatti di
causa, ma si è limitato a sentire la p.o,, a chiamare aiuto e ad
accertare poco dopo che la donna aveva qualche livido; in ogni caso, i
lividi non si formano immediatamente dopo un eventuale evento lesivo,
pertanto, nulla esclude che fossero conseguenza di altri traumi subiti
precedenza dalia donna e, comunque, i lividi visti dal Granata non
trovano conforto nel certificato medico in atti, che si riferisce alla zona
lombosacrale, parte anatomica usualmente coperta da indumenti e,
pertanto, non visibile dal teste subito dopo i fatti; in particolare„ il
certificato riporta la data del 27.01.2010 ed è stato redatto ben cinque
giorni dopo i presunti fatti delittuosi per cui si procede, con conseguente
mancanza di prova che lo stesso sia ricollegabile ad azioni poste in
essere il 22.01.2010 dal ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato,
tendendo in sostanza a sottoporre ai giudizio di legittimità aspetti
attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale
probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
2.Giova in particolare evidenziare che al Giudice di legittimità resta
preclusa, in sede di controllo sulla motivazione, la pura e sempiirip
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e
valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di merito,
perchè ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte di
Cassazione nell’ennesimo Giudice del fatto e le impedirebbero di
svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo
deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai
Giudici di merito rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e
2

lesioni, sulla base non solo delle dichiarazioni della persona offesa, ma

di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal Giudice
per giungere alla decisione (Sez. V, 04/06/2013 n. 39471).
3. Il primo motivo di ricorso, con il quale l’imputato ha addotto il vizio
motivazionale in merito alla valutazione operata dai giudici di merito
circa l’idoneità delle dichiarazioni della p.o. a fondare il giudizio di
responsabilità nei suoi confronti per il reato di ingiuria, appare
completamente destituita di fondamento. Ed invero, il giudice d’appello,
così come aveva già fatto il primo giudice, ha evidenziato senza

anche se evidentemente portatrice di un interesse personale stante la
sofferenza derivante dalla rottura del rapporto affettivo con l’imputato,
fosse criticamente coerente, razionale, conforme a tutto il quadro
probatorio e quindi confermata, in via esogena, dal certificato medico
acquisito e dalla testimonianza resa dal vicino di casa Granata Giovanni,
soggetto estraneo alla vicenda processuale e quindi privo di ogni
pulsione diretta a suffragare una versione discapito dell’altra.
3.1.Vanno in proposito innanzitutto richiamati i principi affermati da
questa Corte, secondo cui la valutazione della credibilità della persona
offesa rappresenta appunto una questione di fatto, che non può essere
rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in
manifeste contraddizioni (Sez. I, n. 33267 dei 11.6.2013). Orbene, nel
caso in esame il Tribunale, ha fornito logica, congrua ed adeguata
motivazione in ordine alle ragioni per le quali ha ritenuto la
responsabilità dell’imputato, fondata essenzialmente sulle precise
dichiarazioni della persona offesa, nonché sulle dichiarazioni
confermative dell’altro teste escusso, marito della predetta parte
offesa. In particolare, il giudice a quo, in linea con i principi affermati
da questa Corte, secondo i quali le dichiarazioni della persona offesa
possono anche da sole essere poste legittimamente a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica,
corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che, peraltro,
deve, in tal caso, essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui
vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U., n.
41461 del 19.7.2012), ha adempiuto all’onere di valutazione di sua
pertinenza, considerando specificamente la coerenza del racconto della
persona offesa, e conseguentemente la credibilità oggettiva e
soggettiva delle dichiarazioni rese, suffragata dagli altri elementi
indicati.

incorrere in vizi come la dichiarazione accusatoria resa dalla parte lesa,

3.2. La circostanza, poi, che il giudice d’appello abbia evidenziato
come fosse “verosimile” che l’imputato abbia pronunciato

tali

espressioni offensive non implica che il giudizio di responsabilità sia
stato svolto in termini di verosimiglianza, atteso che tale valutazione nel
contesto motivazionale della sentenza impugnata si presenta solo
rafforzativa rispetto a quanto il medesimo giudice aveva già evidenziato
circa la valenza delle dichiarazioni della p.o. e delle ulteriori emergenze
acquisite.
esosità del

risarcimento del danno non risultate jéssa connessa ad elementi
specifici, idonei a supportare la bontà dell’assunto.
4. Del pari manifestamente infondato si presenta il secondo motivo di
ricorso relativo al vizio motivazionale in ordine al delitto di lesioni di cui
al capo b). Ed invero, come già evidenziato in premessa in lir,ea
generale, il ricorrente svolge in sostanza inammissibilmente censure di
merito in ordine alla compatibilità delle lesioni riportate con quanto
caduto nella percezione del teste Granata, laddove la sentenza
impugnata, senza illogicità ha dato conto dell’attendibilità della p.o..
degli elementi di riscontro alla sua testimonianza rinvenibili, oltre che
nelle dichiarazioni del Granata, nel referto medico in atti.
5. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna
del ricorrente

al pagamento delle spese processuali, nonché, al

versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si
ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00, nonché al
rimborso delle spese sostenute dalla parte civile nel grado che si ritiene
congruo liquidare in euro 1500,00 oltre accessori dì legge

paq.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore delia
cassa delle ammende, nonché al rimborso delle spese sostenute

dalla

parte civile nel grado che liquida in euro 1500,00 oltre accessori di legge

3.3.Generica poi si presenta la doglianza relativa alla

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