Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41706 del 08/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 41706 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Paci Ivan, nato a Roma il 30.10.1986;
avverso la sentenza emessa il 24 maggio 2013 dalla corte d’appello di Roma;
udita nella pubblica udienza dell’8 luglio 2014 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Gabriele Mazzotta, che ha concluso per l’annullamento con rinvio in punto
trattamento sanzionatorio e rigetto nel resto;
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la corte d’appello di Roma ridusse la pena e
confermò nel resto la sentenza emessa il 29 ottobre 2012 dal giudice del tribunale di Roma, che a seguito di giudizio abbreviato aveva dichiarato Paci Ivan
colpevole del reato di cui all’art. 73, comma 1 bis, d.P.R. 309 del 1990, per avere detenuto a fine di spaccio sostanza stupefacente di tipo hashish per un peso
pari a gr 160 lordi. In particolare, la corte d’appello rigettò la richiesta di applicazione dell’ipotesi di cui all’art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990 e rideterminò la pena in anni due e mesi otto di reclusione ed € 14.000,00 di multa dichiarando di partire dal minimo edittale (pena base anni sei di reclusione ed €
30.000,00 di multa, ridotte per le attenuanti generiche ad anni quattro di reclusione ed € 21.000,00 di multa e quindi ridotta di un terzo per il rito). In considerazione dell’entità della pena inflitta negò il beneficio della sospensione condizionale della pena.
L’imputato propone personalmente ricorso per cassazione deducendo vizio
di motivazione e violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento della
ipotesi lieve di cui all’art. 73, quinto comma, d.p.R. 309 del 1990 nonché illegit-

Data Udienza: 08/07/2014

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timità della pena inflitta stante l’incostituzionalità della norma sanzionatoria.
Motivi della decisione
Il motivo relativo alla mancata concessione dell’ipotesi lieve è infondato
perché la corte d’appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione
delle ragioni del diniego, in considerazione della quantità di sostanza stupefacente rinvenuta, del fatto che la stessa era indice di una attività di spaccio su
larga scala e di contatti ben radicati con l’ambiente dei fornitori e con una nutrita serie di acquirenti, nonché di una certa capacità organizzativa.
E’ invece fondato il motivo relativo alla determinazione della pena.
La corte d’appello ha dichiarato che in considerazione dell’età e
dell’incensuratezza dell’imputato nonché del ruolo da esso svolto nella vicenda,
doveva applicarsi il minimo della pena previsto dall’art. 73, comma 1 bis, d.p.R.
309 del 1990, partendo dalla pena base di anni 6 di reclusione e di € 30.000,00
di multa, invece che dal minimo di € 26.000,00, tenendo quindi conto appunto
della pena edittale portata dal testo dell’art. 73 d.p.R. 309 del 1990 introdotto
dalla legge di conversione n. 49 del 2006, che prevedeva una pena da 6 a 20 anni di reclusione e da € 26.000 ad € 260.000 di multa. Tale disposizione è stata
però dichiarata incostituzionale e pertanto annullata, con effetto ex tunc, dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014 che ha comportato la reviviscenza della precedente disposizione (illegittimamente modificata) che prevede
— per la detenzione a fine di spaccio di sostanza stupefacente di tipo hashish una pena da 2 a 6 anni di reclusione e della multa da € 5.164 a € 77.468. Nella
specie, quindi, la pena si sarebbe dovuta (e deve) essere determinata sulla base
di detti limiti edittali.
Non si tratta tanto di pena illegale, quanto piuttosto di illegale valutazione
sulla determinazione della pena, effettuata sulla base di parametri diversi da
quelli legittimamente applicabili.
La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra sezione della corte d’appello di Roma perché proceda, con congrua ed adeguata motivazione, ad una nuova determinazione della pena, nonché, conseguentemente, ad una
nuova valutazione sulla concedibilità del richiesto beneficio della sospensione
condizionale della pena.
Nel resto il ricorso deve essere rigettato.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e rinvia sul punto ad altra sezione della corte d’appello di Roma.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, 1’8
luglio 2014.

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