Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41693 del 01/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 41693 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto da : Cicalini Arianna, n. a Chieti il 30/04/1979;

avverso la sentenza del Tribunale di Chieti in data 10/01/2013;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale P. Gaeta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10/01/2013 il Tribunale di Chieti ha condannato Cicalini
Arianna per il reato di cui all’art. 137 del d. Igs. n. 152 del 2006 per avere, quale
titolare di lavanderia industriale, effettuato lo scarico delle acque nella rete della
fognatura in assenza di autorizzazione.

2. Ha presentato appello, trasmesso a questa Corte dalla Corte territoriale con
ordinanza del 16/01/2014), l’imputata che, con un unico motivo, lamenta la
mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza di prova della ascrivibilità del

Data Udienza: 01/07/2014

reato in contestazione; in particolare, a fronte della necessità, per la
configurabilità del reato, di un sistema stabile di collegamento tra la fonte di
produzione del refluo ed il luogo di immissione sul suolo, nel sottosuolo o in rete
fognaria, la sentenza si è limitata a fondare la motivazione sulla mancanza delle
autorizzazioni necessarie, senza accertare in alcun modo se vi fosse
effettivamente uno scarico nella rete fognaria e attraverso quali modalità di

subentrata quale amministratrice al genitore, essendo quest’ultimo il direttore
tecnico a conoscenza degli adempimenti necessari per il rispetto delle norme
vigenti.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3.

Deve preliminarmente osservarsi che l’appello, presentato dall’imputato

attraverso difensore legittimato al patrocinio in sede di legittimità, deve essere
convertito in ricorso per cassazione ex art. 568, comma 5, c.p.p., stante
l’inappellabilità della sentenza impugnata; occorre al riguardo ricordare
l’insegnamento delle Sezioni unite che, con la sentenza n. 45371 del 2001,
Bonaventura, hanno sostenuto che in tema di impugnazioni, allorché un
provvedimento giurisdizionale sia impugnato dalla parte interessata con un
mezzo di gravame diverso da quello legislativamente prescritto, il giudice che
riceve l’atto deve limitarsi, come accaduto del resto nella specie, a norma
dell’art. 568, comma 5, c.p.p., a verificare l’oggettiva impugnabilità del
provvedimento, nonché l’esistenza di una “voluntas impugnationis”, consistente
nell’intento di sottoporre l’atto impugnato a sindacato giurisdizionale, e quindi
trasmettere gli atti, non necessariamente previa adozione di un atto
giurisdizionale, al giudice competente. Con la stessa decisione si è aggiunto che
condizione necessaria ed insieme sufficiente perché il giudice possa compiere la
operazione di qualificazione è la esistenza giuridica di un atto – cioè di una
manifestazione di volontà avente i caratteri minimi necessari per essere
riconoscibile come atto giuridico di un determinato tipo – e non anche la sua
validità; ciò che conta è inoltre la volontà oggettiva dell’impugnante – quella cioè
di sottoporre a sindacato la decisione impugnata -, senza che sia possibile
attribuire alcun rilievo all’errore che potrebbe verificarsi nel momento della
manifestazione di volontà o anche alla deliberata scelta di proporre un mezzo di
gravame diverso da quello prescritto.

2

collettamento ciò avvenisse. Né il Tribunale ha valutato che l’imputata è

4. Ciò posto, il ricorso è inammissibile.
A fronte di motivazione della sentenza impugnata con cui si sono rimarcate, in
maniera sintetica ma sufficiente rispetto alla ipotesi di reato addebitata, la
titolarità della “Lavanderia industriale Laurus” in capo alla imputata e la
mancanza delle necessarie autorizzazioni allo scarico in pubblica fognatura, il
ricorso articola censure puramente fattuali in ordine alla effettività dello scarico e

d’altra parte, in relazione ad attività di lavanderia che non appare in alcun modo
posta in discussione neppure dalla stessa ricorrente. Anche l’ulteriore censura
circa, a quanto pare di comprendere, la insufficienza della sola formale qualifica
di amministratrice a fondare la responsabilità non supera la soglia di
ammissibilità richiesta a fronte della motivazione che ha correttamente invocato,
al riguardo, la natura anche solo colposa del reato contestato.

5.

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna della ricorrente al

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della
Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, Il luglio 2014

y

Il C 1sigre est.

Il Presidente

alla, peraltro solo ipotizzata, mancanza di collettamento dello scarico; e ciò,

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