Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4169 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4169 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ANGELILLO GIOVANNI N. IL 06/12/1958
avverso la sentenza n. 6161/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
16/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 16 ottobre 2012 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza
emessa il 21 febbraio 2012 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di S. Maria Capua
Vetere con la quale Angelillo Giovanni era stato dichiarato colpevole del reato di rapina aggravata,
commesso in Gricignano di Aversa il 2 settembre 2011. ed era stato condannato, con la diminuente
per il rito, alla pena di anni tre, mesi quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa, con la pena
accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.

Con il ricorso si deduce l’erronea applicazione della legge penale, con riferimento all’art.628 c.p., e
il difetto di motivazione, in relazione all’art.192 c.p.p., per la mancata qualificazione del fatto come
furto aggravato, pur in mancanza di un nesso di causalità immediata tra la minaccia con la quale la
persona offesa era stata costretta a fermare la marcia dell’autovettura di cui era alla guida e
l’impossessamento del veicolo.
Il ricorso è inammissibile perché generico e, comunque, manifestamente infondato.
Il ricorrente reitera l’argomentazione già contenuta nell’atto di appello, cui la Corte
territoriale ha dato adeguate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il ricorrente non
considera né specificatamente censura. Il giudice di appello ha infatti rilevato che l’imputato,
unitamente al complice non identificato, aveva posto in essere un comportamento minaccioso per
indurre la persona offesa a fermarsi allo scopo di procedere alla sottrazione dell’auto e che l’ipotesi
del furto con destrezza, sostenuta dalla difesa, era infondata perché detta ipotesi criminosa non
presuppone alcuna condotta violenta o di minaccia.
Tale specifica motivazione il ricorrente non prende nemmeno in considerazione, limitandosi
a ribadire la tesi già esposta nei motivi di appello e confutata, con diffuse e ragionevoli
argomentazioni, nella sentenza impugnata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000.00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di curo 1.000,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
il cons. est.

Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.

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