Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41677 del 11/11/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 41677 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CODISPOTI ROCCO, nato il 07/04/1950
avverso la sentenza n. 4490/2013 CORTE APPELLO di MILANO del
20/03/2014;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in pubblica udienza del 11/11/2014 la relazione fatta dal
Consigliere dott. Angela Tardio;
udito il Procuratore Generale in persona
Scardaccione, che ha chiesto dichiarasi la
ricorso;

del dott. Eduardo
inammissibilità del

preso atto che nessuno è comparso per il ricorrente.

Data Udienza: 11/11/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 20 marzo 2014 la Corte di appello di Milano ha
confermato la sentenza del 5 giugno 2012 del Tribunale di Monza, che aveva
condannato Codispoti Rocco, previa concessione delle attenuanti generiche
ritenute equivalenti

alla

contestata

recidiva

reiterata, specifica e

infraquinquennale, alla pena di mesi sette di arresto e di euro millecento dì
ammenda, perché ritenuto responsabile del reato previsto dall’art. 4 legge n.
motivo, un manganello estraibile in ferro dì colore nero lungo quarantatre
centimetri e un ninjako in legno di colore nero, e del reato previsto dall’art. 707
cod. pen. perché, essendo stato condannato per delitti contro il patrimonio, era
stato colto in possesso di vari oggetti atti allo scasso, specificamente descritti
(infrangivetro, cacciavite a taglio, centralína elettronica con sistema antifurto
modificato, trapanino a mano, chiavi d’auto e da moto), dei quali non era stato
in grado di giustificare il possesso.
1.1. Il materiale di cui alle imputazioni era stato rinvenuto in sede di
controllo da parte del personale del N.O.R.M. di Sesto San Giovanni
dell’autovettura condotta dall’imputato, che, pluripregiudicato per reati contro il
patrimonio, l’aveva ricevuta in uso dal marito della proprietaria avendo
intenzione di acquistarla.
Esso era in parte occultato sotto il sedile guidatore, in parte nell’abitacolo o
nel vano portabagagli o in quello della ruota di scorta, come riferito dal teste
Comparelli Diego, che aveva proceduto alla perquisizione dell’autovettura e
raccolto le dichiarazioni rese nel corso della stessa dall’imputato.
1.2. La Corte di appello condivideva il giudizio di responsabilità espresso dal
primo Giudice, ritenendo pienamente utilizzabili le dichiarazioni rese
dall’imputato, all’atto del controllo, in ordine alla sua esclusiva disponibilità
dell’autovettura ove era stato rinvenuto quanto sequestrato, non rivestendo egli
ancora la qualità di indagato.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne chiede l’annullamento sulla base di due motivi.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. b) ed e) , cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale, in relazione agli artt. 601, 150, 178 e 179 cod. proc. pen., in
dipendenza della mancata notifica al suo difensore del decreto di citazione per il
giudizio di appello.
Secondo il ricorrente, dopo l’autorizzazione del Presidente della sezione
prima penale della Corte di appello di Milano alla trasmissione del decreto di
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110 del 1975 per aver portato fuori dalla sua abitazione, senza giustificato

citazione per il giudizio di appello al suo difensore, avv. Domenico Russo, con
l’utilizzo del fax ai sensi dell’art. 150 cod. proc. pen., il cancelliere ha riportato
un numero di fax, corrispondente a una utenza di Monza, in alcun modo
riconducibile alle utenze telefax del suo difensore, che ha studio in Milano.
Tale erronea indicazione, attestata anche da altra citazione a giudizio
trasmessa dalla stessa Corte in data prossima a quella del giudizio in corso al
numero di fax corretto, ha impedito la conoscenza dell’udienza all’unico difensore
di fiducia e comportato la nullità della citazione per un giudizio celebratosi in

presenza del difensore.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., inosservanza ed erronea applicazione
della legge penale in relazione agli artt. 192 e 195 cod. proc. pen. e mancanza di
motivazione con riferimento alla inutilizzabilità delle dichiarazioni indirette rese
dall’operante di P.G.
Secondo il ricorrente, la Corte che gli ha attribuito la qualifica di teste al
momento dell’accertamento, non ha motivato su un punto specifico dell’appello
attinente alla inutilizzabilità processuale della testimonianza indiretta
dell’operante, che non poteva deporre, ai sensi dell’art. 195, commi 4 e 5, cod.
proc. peri., sul contenuto delle dichiarazioni acquisite dal teste.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La verifica preliminare che si impone -avuto riguardo al tempus commissí

delicti indicato nel capo d’imputazione (20 aprile 2009) e all’obbligo dì immediata
declaratoria, in ogni stato e grado del processo, delle cause di non punibilità,
eventualmente sussistenti- attiene all’accertamento dell’intervenuto decorso del
termine massimo di prescrizione dei reati contravvenzionali ascritti, con
riferimento agli artt. 157 e segg. cod. pen., nel testo successivo alla legge n. 251
del 2005.
Tale verifica consente di rilevare che alla data odierna risulta decorso tale
termine, che, più specificamente, è maturato in data successiva alla pronuncia
della sentenza impugnata (20 marzo 2014), considerati i titoli dei reati (art. 4
legge n. 110 del 1975 e art. 707 cod. pen.) e la data dei fatti (20 aprile 2009),
mentre la sospensione del suo corso, desumibile dagli atti cui questa Corte può
accedere in quanto giudice del fatto, ove si tratti di risolvere questioni in rito, e
dipendente dal rinvio per impedimento del difensore, disposto all’udienza di
primo grado dell’8 marzo 2011 e soggetto al limite dei sessanta giorni, è
ampiamente contenuta nel termine intercorrente tra la indicata data della
sentenza e la data dell’odierna udienza.
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pubblica udienza, nella contumacia di esso ricorrente, in cui era obbligatoria la

2. Al rilievo dell’intervenuta estinzione del reato non ostano i motivi dedotti
dall’imputato, né il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen.
2.1. I motivi del ricorso, che attengono alla omessa notifica al difensore del
decreto di citazione per il giudizio di appello e all’omesso rilievo della
inutilizzabilità processuale della testimonianza indiretta dell’operante di polizia
giudiziaria, prospettano deduzioni che -in rapporto al loro contenuto, riferito,
rispettivamente, alla eccepita non riconducibilità al difensore di fiducia della

delle dichiarazioni rese dal ricorrente in sede di perquisizione all’operante- non
presentano profili d’inammissibilità per la manifesta infondatezza delle doglianze
ovvero perché basati su censure non deducibili in sede di legittimità, e non
hanno, pertanto, precluso la corretta instaurazione dinanzi a questa Corte del
rapporto processuale d’impugnazione (Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005,
dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164).
2.2. Quanto all’art. 129 cod. proc. pen., deve rilevarsi che, secondo
L’orientamento costante di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione
del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione, a norma
del secondo comma di detta norma, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee
a escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo
assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve
compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di
percezione

ictu ocuti,

che a quello di

“apprezzamento”,

e sia, quindi,

incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez.
U, n. 35490 del 28/05/2009, dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274).
Ne consegue che la formula di proscioglimento nel merito prevale sulla
dichiarazione di improcedibilità per intervenuta prescrizione soltanto nel caso in
cui sia rilevabile, con una mera attività ricognitiva, l’assoluta assenza della prova
di colpevolezza a carico dell’imputato ovvero la prova positiva della sua
innocenza, e non anche nel caso di mera contraddittorietà o insufficienza della
prova, che richiede un apprezzamento ponderato tra opposte risultanze (tra le
altre, Sez. 5, n. 39220 del 16/07/2008, dep. 20/10/2008, Pasculli e altri, Rv.
242191; Sez. 4, n. 23680 del 07/05/2013, dep. 31/05/2013, Rizzo, Rv. 256202;
Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, dep. 25/10/2013, Giuffrida, Rv. 258441).
Qualora, invero, in presenza di una causa estintiva del reato già maturata, si
ammettesse la rilevabilità, da parte del giudice di legittimità, del vizio di
motivazione della sentenza impugnata, il rinvio al giudice del merito sarebbe
incompatibile con il principio della immediata applicabilità della causa estintiva,
intesa come sua operatività, nel corso dell’intero iter processuale, con carattere
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utenza telefax destinataria dell’avviso di udienza e alla contestata utilizzazione

di pregiudizialità su altri eventuali provvedimenti decisori suscettibili di adozione
da parte del giudice (Sez. U, n. 3027 del 19/12/2001, dep. 25/01/2002, P.G. in
proc. Angelucci, Rv. 220555), e, in ogni caso, il giudice di merito, destinatario
del processo in sede di rinvio, sarebbe obbligato a rilevarla e a dichiararla
immediatamente (tra le altre, Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, citata, Rv.
244275; Sez. 5, n. 588 del 04/10/2013, 09/01/2014, Zambonini, Rv. 258670).
2.2.1. Né, in assenza di una situazione di evidenza probatoria dell’innocenza
dell’imputato risultante dagli atti (elementi positivi della sua estraneità rispetto

immediata declaratoria di estinzione del reato confligge con esigenze di tutela dei
diritti fondamentali della persona che consentano di derogare alla regola
generale dettata dall’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., poiché, attraverso
l’esercizio della facoltà di rinunciare espressamente e specificamente alla causa
di estinzione del reato (facoltà esercitabile in ogni stato e grado del giudizio
dall’interessato ex art. 157, comma 7, cod. pen.), l’imputato può riespandere il
suo diritto costituzionalmente garantito alla celebrazione del giudizio di merito e
alla pronuncia di una decisione penale sul merito dell’addebito a lui mosso e
perseguire il suo interesse a un pieno accertamento della sua innocenza (Sez. U,
n. 43055 del 30/09/2010, dep. 03/12/2010, Dalla Serra, Rv. 248379).
2.2.2. Tali rilievi hanno valenza anche in presenza di una nullità di ordine
generale che, dunque, non può essere rilevata nel giudizio di legittimità, essendo
l’inevitabile rinvio al giudice del merito incompatibile con l’indicato principio (Sez.
U, n. 35490 del 28/05/2009, citata, in motivazione).
2.3. Nella specie, non ricorrono le condizioni per un proscioglimento nel
merito, e questa Corte non può compiere un riesame dei fatti finalizzato a un
eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione o
per incorso vizio procedurale.

3. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata senza rinvio per
essere i reati ascritti estinti per prescrizione.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per
prescrizione.
Così deciso in Roma, in data 11 novembre 2014
Il Consigliere estenso

Il Presidente

all’addebito contestato o mancanza assoluta di prove a suo carico), l’obbligo di

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