Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41675 del 24/06/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 41675 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Leone Fernando, nato il 4 giugno 1954
avverso la sentenza della Corte d’appello di Lecce del 17 maggio 2013;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale Paolo
Canevelli, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Giancarlo Dei Lazzaretti.

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Data Udienza: 24/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza del 17 maggio 2013, la Corte d’appello di Lecce ha
confermato la sentenza del Tribunale di Lecce – sezione distaccata di Maglie, con la
quale l’imputato era stato condannato, per i reati di cui agli artt. 44, comma 1, lettera
c), del d.P.R. n. 380 del 2001 e 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, perché, nella sua
qualità di proprietario e committente, realizzava un’abitazione privata in un luogo di
un deposito, con un seminterrato abitabile e una mansarda, in assenza del permesso

paesaggistico (il 6 ottobre 2009).
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione, deducendo, con un primo motivo di doglianza, la mancanza e la manifesta
illogicità della motivazione, sul rilievo che l’attività edilizia era stata sospesa fin dal
1998, come sarebbe risultato dalle testimonianze assunte e dalle fatture per il
pagamento dei materiali edili. Sarebbe stato travisato, inoltre, il significato delle
mappe di Google Earth versate in atti, perché dalle stesse sarebbe risultato che i
lavori erano stati conclusi comunque prima del 2004.
Si deduce, in secondo luogo, l’erronea applicazione della legge penale, perché,
essendo state le opere concluse prima del 2001, non avrebbe potuto essere ritenuto
applicabile il vincolo paesaggistico sorto sull’area il 17 gennaio 2002.
Con memoria pervenuta per fax il 20 giugno 2014, la difesa ha prodotto un atto
intestato come permesso di costruire in sanatoria, rilasciato il 18 giugno 2014.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente neanche deduce, infatti, che l’attività edilizia si sarebbe conclusa
nel 1998, così riproponendo in sede di legittimità doglianze già esaminate e
motivatamente disattese in primo e secondo grado. Dalla coerente e logica
motivazione della sentenza impugnata sul punto, emerge, del resto, che non vi è
dubbio che nel 1998 l’imputato aveva già eseguito in parte i lavori oggetto
dell’imputazione, ma che dalle fotografie in atti risulta che i lavori stessi sono stati
conclusi all’epoca del sequestro (6 ottobre 2009.). I giudici di merito si fanno carico,
inoltre, di confutare la rilevanza probatoria della documentazione consistente nelle
mappe estratte con Google Earth, specificando che si tratta di fotografie aeree dalle
quali si intravede semplicemente la sagoma dell’immobile vista dall’alto e non si coglie
certamente la consistenza dell’immobile stesso con riferimento ai lavori oggetto
dell’imputazione. Inammissibile, di conseguenza, è il secondo motivo di ricorso,

di costruire e dell’autorizzazione paesaggistica, in zona sottoposta a vincolo

perché – come appena ricordato – i lavori si sono protratti certamente dopo il gennaio
2002 e, dunque, dopo l’introduzione del vincolo paesaggistico nell’area. Quanto,
infine, al permesso di costruire in sanatoria prodotto con fax e datato 18 giugno 2014,
deve rilevarsi che lo stesso può essere prese in considerazione in sede di legittimità
solo ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e, dunque, solo nel caso in cui dallo stesso
emerga con sufficiente chiarezza l’avvenuta estinzione del reato. Ciò non è nel caso di
specie, in cui la motivazione del provvedimento risulta palesemente carente, in

urbanistici vigenti sia al momento della loro realizzazione sia alla data di
presentazione della domanda; attestazione necessaria ai sensi dell’art. 36 comma 1,
del d.P.R. n. 380 del 2001. Né il provvedimento di sanatoria potrebbe in ogni caso
riguardare il reato di cui all’art. 181 del d.lgs. n. 42 del 2004, perché esso può
assumere rilievo solo in relazione a violazioni urbanistiche.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod.
proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della
somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 24 giugno 2014.

mancanza dell’attestazione di doppia conformità delle opere realizzate agli strumenti

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