Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41674 del 27/02/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 41674 Anno 2014
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
1. Anastasi Massimiliano, nata a Catania il 25/03/1979

avverso la sentenza del 06/07/2013 della Corte d’appello di Catania.

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale, Aldo
Policastro, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.Anastasi Riccardo, per il tramite del difensore di fiducia, propone ricorso
per Cassazione avverso la sentenza del 03/06/2013 con la quale il Tribunale di
Catania, previo riconoscimento dell’attenuante di cui al comma 5 0 dell’art. 73,
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ritenuta prevalente sulla contestata recidiva, ha
applicato, su sua richiesta, la pena di anni due di reclusione ed C 6.000,00 di
multa in ordine al delitto di cui all’art. 73 d.P.R. 309/90 cit., perché, in concorso

Data Udienza: 27/02/2014

con un minorenne, deteneva a fine di spaccio, gr. 7,5 di cocaina e gr. 35 di
marijuana (fatto commesso in Catania il 7 maggio 2013).
Lamenta il ricorrente, ai sensi dell’art. 606, lett.

e), cod. proc. pen., la

mancanza di motivazione in ordine all’eccessività della pena irrogata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso è inammissibile.

richiesta di applicazione della pena, l’imputato rinuncia ad avvalersi della facoltà
di contestare l’accusa, o, in altri termini, non nega la sua responsabilità ed
esonera l’accusa dall’onere della prova; la sentenza che accoglie la detta
richiesta contiene, quindi, un accertamento ed un’affermazione impliciti della
responsabilità dell’imputato, e pertanto l’accertamento della responsabilità non
va espressamente motivato, così come l’affermazione di responsabilità non va
espressamente dichiarata» (Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, Di Benedetto).
4.Ne consegue che «la motivazione della sentenza che applica la pena su
richiesta delle parti a norma dell’art. 444 comma secondo cod. proc. pen. si
esaurisce in una delibazione ad un tempo positiva e negativa. Positiva a quanto
all’accertamento: 1) della sussistenza dell’accordo delle parti sull’applicazione di
una determinata pena; 2) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto
nonché della applicazione e della comparazione delle eventuali circostanze; 3)
della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cui all’art. 27, terzo
comma, Cost.; 4) della concedibilità della sospensione condizionale della pena,
qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata alla concessione del
beneficio. Negativa quanto alla esclusione della sussistenza di cause di non
punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive
debbono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi
motivi di fatto e di diritto, mentre, per quanto riguarda il giudizio negativo sulla
ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129 cod. proc. pen., l’obbligo di
una specifica motivazione sussiste, per la natura stessa della delibazione,
soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi
concreti in ordine alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi. In caso contrario, è
sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di aver effettuato, con esito
negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per
la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen..» (Sez.
U, Di Benedetto, cit.).
5.Unico dovere indeclinabile del giudice resta quello di «esaminare, prima
della verifica dell’osservanza dei limiti di legittimità della proposta di pena
concordata, gli atti del procedimento al fine di riscontrare l’eventuale esistenza di

2

3.Ricorda la Corte che, secondo un principio consolidato, «facendo

una qualsiasi causa di non punibilità, la cui operatività, giustificando il
proscioglimento dell’imputato e creando un impedimento assoluto
all’applicazione della sanzione, è necessariamente sottratta ai poteri dispositivi
delle parti. Tale operazione preliminare consiste in una ricognizione allo stato
degli atti, che può condurre a una pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art.
129 cod. proc. pen. soltanto se le risultanze disponibili rendano palese l’obiettiva
esistenza di una causa di non punibilità, indipendentemente dalla valutazione
compiuta dalle parti e senza la necessità di alcun approfondimento probatorio e

6.La natura “negoziale” dell’accordo, una volta correttamente ratificato dal
giudice nei termini sopra indicati, inibisce alla parte di proporre ricorso per motivi
concernenti la misura della pena, a meno che si versi in ipotesi di pena illegale
(Sez. 3, n. 18735, del 27/03/2001, Ciliberti; m. 219852; Sez. 3, n. 10286 del
13/02/2013, Matteliano).
7.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p.,
non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (C. Cost.
sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l’onere per lo stesso delle spese del
procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle
ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella
misura di euro 1.500,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 27/02/2014

di ulteriori acquisizioni» (Sez. U, n. 3 del 25/11/1998, Messina)

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