Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4166 del 22/10/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4166 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE
Data Udienza: 22/10/2013
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MANCIU IONEL N. IL 01/10/1973
avverso la sentenza n. 4794/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
11/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;
1,A
Con sentenza in data 11 ottobre 2012 la Corte di appello di Napoli confermava la sentenza
emessa il 17 febbraio 2011 dal Tribunale di Benevento, sezione distaccata di Guardia Sanframondi,
con la quale Manciu Ionel era stato dichiarato colpevole del reato di tentata estorsione continuata,
commesso in Amorosi fino al 23 aprile 2010, ed era stato condannato, con le circostanze attenuanti
generiche, alla pena di anni due, mesi sei di reclusione ed euro 500,00 di multa.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.
in ordine all’inidoneità della minaccia per mancanza di forza intimidatrice incontenibile da parte
dell’imputato, con il quale la stessa persona offesa aveva riconosciuto di aver avuto un buon
rapporto; 2) la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla
mancata qualificazione giuridica del fatto come esercizio arbitrario delle proprie ragioni ai sensi
dell’art.393 c.p..
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è generico e, comunque, manifestamente infondato in quanto il giudice di
appello ha fatto specifico riferimento alle dichiarazioni della persona offesa la quale aveva
sostenuto di essere stata apertamente minacciata dall’imputato (conduttore di un appartamento di
cui la donna era comproprietaria), le cui richieste reiterate di denaro, prive di giustificazione, erano
state accompagnate dal gesto di tagliare la gola e dalla prospettazione che “se ne doveva scappare- ,
tanto da indurre la donna in un’occasione a chiudere la porta di casa e nel successivo episodio a
chiedere l’intervento dei Carabinieri.
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, avendo il giudice di appello chiarito
che, come riferito dalla persona offesa ritenuta pienamente credibile, le richieste di denaro non
erano connesse alla restituzione del deposito cauzionale che, comunque, non avrebbe potuto essere
oggetto di una legittima pretesa, perché l’imputato era ancora in possesso dell’immobile locato.
Tale specifica motivazione il ricorrente non prende nemmeno in considerazione, limitandosi a
ribadire la tesi già esposta nei motivi di appello e confutata, con diffuse e ragionevoli
argomentazioni, nella sentenza impugnata.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento
alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
TATA
IN C.
LLERIA
I
Con il ricorso si deduce: 1) la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione