Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4165 del 07/10/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4165 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RACCAGNI ANNA GABRIELLA N. IL 29/12/1944
CASILLO MARTINA N. IL 13/08/1938
avverso la sentenza n. 45/2012 TRIBUNALE di MILANO, del
26/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/10/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che h

VV

Udit i difensor Avv

Data Udienza: 07/10/2014

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Dott. Dott. Eduardo Scardaccione, che ha concluso per il rigetto
del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 26.10.2012 il Tribunale di Milano confermava la
sentenza emessa dal Giudice di Pace di Rho del 20.12.2011 con la quale
Raccagni Anna Gabriella e Casillo Martina erano state condannate alla
pena dì euro 1000,00 di multa ciascuna, oltre al risarcimento dei danni in

per il reato di cui agli artt. 110 e 582 c.p., perché in concorso tra loro,
cagionavano alla predetta Miramonti lesioni personali dalle quali derivava
una malattia giudicata guaribile in giorni dieci.
2.

Avverso tale sentenza le imputate hanno proposto ricorso per

cassazione affidato a due motivi, lamentando:
-con il primo motivo, l’inosservanza od erronea applicazione di legge e
la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, ai
sensi dell’art. art. 606, comma primo, lett. b), c) ed e) c.p.p., atteso
che la testimonianza della parte offesa, che aveva ed ha interesse in
causa, quanto meno in merito alla richiesta di risarcimento danni, non
poteva fondare alcun tipo responsabilità in capo alle imputate, poiché
risultava dubbia in più punti e contraddittoria, circostanza questa
risultante anche da una semplice lettura delle dichiarazioni contenute
nella denuncia del 30.10.2008 e di quelle rilasciate durante la
deposizione; che, dunque, il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere
quantomeno dubbia o confusa la versione fornita dalla parte civile e non
ritenere che fossero marginali le discrasie rilevabili, inidonee a fondare il
giudizio di responsabilità;
-con il secondo motivo, la mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione, ai sensi dell’ art. 606, primo comma, lett. e)
c.p.p., con riferimento alla mancata rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale ex art. 603, comma primo, c.p.p. mediante l’assunzione
della prova testimoniale della coimputata Mandelli, assolta in primo
grado; in particolare, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice
dell’appello, la testimonianza della Mandelli era da ritenersi necessaria al
fine del decidere, atteso che la stessa era presente ai fatti ed avrebbe da
testimone potuto fornire ulteriori informazioni, taciute in qualità di
imputata, dichiarando, ad esempio, di non esser presente, per
comprensibile intento auto difensivo; che la decisione del Giudice
dell’Appello di rigetto della richiesta di rinnovazione dell’esame della
1

favore della parte civile Miramontí Maria Emilia, liquidati in euro 2000,00,

Mandelli deve ritenersi illogica e contraddittoria, atteso che la stessa ha
confermato di aver visto e sentito discutere le tre signore coinvolte in
merito a macchie sulle scale, ma non ha riferito di litigi e pestaggi; la
Mandelli era presente e dichiarava di non aver visto, né spazzoloni o
bastoni in genere, ma solo uno straccio, con ciò avvalorando quanto già
detto dalla Raccagni e dalla Casillo di non aver con loro alcun tipo di
bastone.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso relativo ai vizi contenuti nella sentenza
impugnata in merito alla ritenuta attendibilità delle dichiarazioni della
p.o., costituita parte civile, omette di confrontarsi con le precise
valutazioni effettuate dal giudice d’appello, secondo le quali del tutto
coerenti devono ritenersi le dichiarazioni rese dalla Miramonti in
dibattimento e non può ritenersi la contraddittorietà delle stesse rispetto
al contenuto della querela, per il fatto che si rilevi una discrasia
consistente nel fatto che la Casillo l’avrebbe strattonata prendendola non
per le braccia, ma sul maglione all’altezza del collo, trattandosi di un
dettaglio marginale.
1.1.Tale valutazione non appare illogica, tenuto conto proprio della
descritta “difformità” e considerati, peraltro, i principi affermati dalla
giurisprudenza di legittimità (S.U., n. 41461 del 19.7.2012), secondo i
quali le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non
trovano applicazione relativamente alle dichiarazioni della parte offesa:
queste ultime possono essere legittimamente poste da sole a base
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica,
corredata da idonea motivazione, della loro credibilità soggettiva e
dell’attendibilità intrinseca del racconto (cfr. ex multis e tra le più recenti
Sez. 4, n. 44644 del 18/10/2011, F., Rv. 251661; Sez. 3, n.28913 del
03/05/2011, C., Rv. 251075; Sez. 3, n. 1818 del 03/12/ 2010, dep.2011,
L. C., Rv. 249136; Sez. 6, n. 27322 del 14/04/2008, De Ritis,
Rv.240524). Il vaglio positivo dell’attendibilità del dichiarante deve
essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello generico cui vengono
sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone, di talché tale
deposizione può essere assunta da sola come fonte di prova unicamente
se venga sottoposta a detto riscontro di credibilità oggettiva e soggettiva.
Può essere opportuno procedere al riscontro di tali dichiarazioni con altri
elementi, qualora la persona offesa si sia anche costituita parte civile e
sia, perciò, portatrice di una specifica pretesa economica la cui
2

Il ricorso è inammissibile siccome manifestamente infondato.

soddisfazione discenda dal

riconoscimento della

responsabilità

dell’imputato. Inoltre, costituisce principio incontroverso nella
giurisprudenza di legittimità l’affermazione che la valutazione della
credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di
fatto, che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale
fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo
che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (cfr. ex plurimis
Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008,

Zamberlan, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004,
Pacca, Rv. 227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv.
225232).
1.2.La sentenza impugnata, appare indubbiamente rispettosa di tali
principi, avendo valutato, da un lato, l’intrinseca attendibilità del racconto
della parte lesa, in considerazione della congruità del racconto, che lo fa
apparire genuino, e dall’altro l’attendibilità estrinseca, non smentito da
diverse emergenze, confortato dal referto medico e dal fatto che le stesse
imputate non hanno, in sostanza, negato la discussione con la Miramonti
avvenuta per la presenza di polvere sul pavimento, salvo a negare le
responsabilità per le lesioni patite dalla predetta.
2. Manifestamente infondato è, poi, il secondo motivo di ricorso,
con il quale le ricorrenti si dolgono della mancata rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale, ai sensi dell’art. 603 c.p.p., con l’escussione
della “coimputata” Mandelli Milena, assolta in primo grado. Ed invero, il
giudice d’appello, a sostegno del rigetto della richiesta, ha evidenziato che
Mandelli Milena, pacificamente non è intervenuta nell’ episodio aggressivo
e deve ritenersi che non vi abbia nemmeno assistito, ma anche a voler
considerare che lo stesso giudice ha, poi, dato atto in altro punto della
sentenza che la p.o., pur negando un ruolo alla Mandelli, in sostanza ha
riferito della sua presenza, essendo la stessa sopraggiunta, tale
circostanza non appare idonea ad inficiare, comunque, la valutazione di
rigetto della Corte di merito, alla stregua dei principi di legittimità più
volte espressi, secondo i quali la rinnovazione dell’istruzione
dibattimentale nel giudizio di appello è evenienza eccezionale,
subordinata ad una valutazione giudiziale di assoluta necessità
conseguente all’insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti, che
impone l’assunzione di ulteriori mezzi istruttori (Sez. II, 27/09/2013, n.
41808), evenienza questa che neppure è stata rappresentata in questa
sede; in ogni caso, è censurabile in sede di legittimità il provvedimento di

3

Fínazzo, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005,

rigetto della richiesta di rinnovazione istruttoria ex art. 603 c.p.p. solo
qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base
della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal
testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva
rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi
all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. VI,
28/11/2013, n. 1256), laddove le dichiarazioni della Mandelli in alcun
modo avrebbero potuto assumere decisiva rilevanza, essendo ella al più

3. Alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge, la condanna di
ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si
ritiene equo e congruo determinare per ognuno in Euro 1000,00.

p.q.m.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma dì C 1.000,00 in favore
della cassa delle ammende.
Così deciso il 7.10.2014

“sopraggiunta”, come detto.

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