Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41638 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 41638 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PUCCI BRUNO N. IL 01/08/1976
avverso la sentenza n. 1805/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
12/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
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• av”,2–.
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per
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Udito, per la p

civile, l’Avv

Data Udienza: 26/06/2014

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 12/06/2012 la Corte d’appello di Firenze, per quanto ancora
rileva, ha confermato l’affermazione di responsabilità di Bruno Pucci, in relazione
al tentativo di furto della somma di euro 40,00, prelevate da uno sportello del
mobile bar di un Circolo sociale Arci.
La Corte ha posto a fondamento della decisione la deposizione del maresciallo
Biocco, il quale, appostatosi nel locale per individuare l’autore di alcuni furti
consumati in precedenza, aveva visto l’imputato che, in occasione della consegna

nel locale con le chiavi delle quali aveva la disponibilità, si era avvicinato alla
cassa e alla luce del display del suo telefonino, aveva frugato nei cassetti.
Perquisito nell’immediatezza del fatto il Pucci risultava avere in tasca proprio e
soltanto le tre banconote che la sera prima erano state lasciate in cassa, previa
trascrizione del numero di serie ed esecuzione di copia fotostatica.
2.

L’imputato ha personalmente proposto ricorso per cassazione, affidato ai

seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione degli artt. 148, 178 e 179 cod.
proc. pen. e conseguente nullità della sentenza, per omessa notifica all’imputato
del decreto di citazione in giudizio dinanzi alla Corte d’appello presso il domicilio
eletto nella nomina allegata all’atto di appello.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali e violazione degli
artt. 526 e 597 cod. proc. pen., per avere la Corte territoriale fondato
l’affermazione di responsabilità dell’imputato sulla dichiarazione resa dal teste,
maresciallo dei Carabinieri, e sulla sua “esperienza”, trascurando di considerare i
rilievi difensivi, in ordine all’assenza di prova che le banconote trovate in tasca
all’imputato corrispondessero per numero di serie con quelle che, a dire del
medesimo maresciallo, erano state poste nella cassa del circolo. Il ricorrente
aggiunge: a) che le banconote erano state descritte nel verbale di consegna delle
stesse al cd. avente diritto; b) che esse, tuttavia, erano solo quelle trovate in
tasca all’imputato e non quelle che erano in cassa, delle quali nulla era dato
sapere, anche con riferimento alla loro stessa esistenza ancora in cassa; c) che
la mancata richiesta di restituzione delle banconote non rappresentava un
elemento a carico dell’imputato, anche perché questi non era tenuto ad
assumere tale iniziativa.
2.3. Con il terzo motivo, si lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli
artt. 530, comma 2, 533, comma 1, cod. proc. pen., ribadendo che, alla stregua
degli elementi sopra considerati e del fatto che nessuno aveva visto l’imputato
sottrarre il denaro, la Corte avrebbe dovuto prendere atto dell’assenza di prove

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mattutina delle paste fresche, dopo essersi introdotto nelle prime ore del mattino

idonee a giustificare, al di là di ogni ragionevole dubbio, la responsabilità
dell’imputato.

Considerato in diritto
1. Il primo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza, dal momento che
la deduzione difensiva, secondo la quale nella nomina allegata all’atto di appello
l’imputato aveva eletto domicilio nella propria abitazione, dove non ha ricevuto la
notifica del decreto di citazione a giudizio, è smentita dalla lettura degli atti
processuali, giacché l’atto di nomina dell’avv. Giorgio Ponti non reca alcuna

della persona (c.d. domiciliatario) presso la quale la notificazione deve eseguirsi
e presuppone l’esistenza di un rapporto fiduciario fra il domiciliatario e
l’imputato, in virtù del quale il primo si impegna, nei confronti del secondo, a
ricevere gli atti a questo destinati e a tenerli a sua disposizione.
A riprova, peraltro, del fatto che non può cogliersi una volontà del soggetto di
modificare il precedente luogo di notifica degli atti, sia pure attraverso una
dichiarazione di domicilio, va sottolineato che nell’atto di nomina del difensore e
nell’atto di appello il Pucci è indicato come residente in luoghi diversi.
2. Il secondo e il terzo motivo, esaminabili congiuntamente per la loro stretta
connessione logica, sono inammissibili, in quanto: a) non si confrontano in modo
specifico con l’integralità della deposizione del teste Biocco, il quale ha
chiaramente riferito le azioni poste in essere dall’imputato (avvicinamento alla
cassa e prelievo di qualcosa che vi era contenuto) e che questi non aveva alcun
interesse a porre in essere, dovendo solo consegnare delle paste; b) oltre a non
illustrare le ragioni alternative che avrebbero condotto il Pucci a tenere siffatta
condotta, insistono nel valorizzare il fatto -di nessun rilievo probatorio – che la
fotocopia delle banconote inserite nella cassa la sera precedente è allegata al
verbale di restituzione delle stesse all’avente diritto, senza preoccuparsi di
dimostrare le ragioni della ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni del
medesimo teste Biocco, il quale aveva chiaramente riferito di avere sempre la
sera precedente individuato il numero di serie delle banconote e effettuato una
copia fotostatica delle stesse e che, proprio alla stregua di tali attività, aveva
potuto, una volta perquisito il Pucci, verificare, con assoluta certezza, che
quest’ultimo aveva prelevato proprio le banconote presenti in cassa.
3.

Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale

situazione, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale,
cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la
possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta,
come nella specie, successivamente alla pronuncia in grado di appello (cfr., tra le

2

elezione di domicilio in senso tecnico, la quale presuppone anche l’indicazione

altre, Sez. U, n. 21 dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del
09/02/2011, Morra, Rv. 250328, in motivazione).
4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Ammende.
Così deciso in Roma il 26/06/2014

Il Componente estensore

Il Presidente

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle

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