Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4163 del 23/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4163 Anno 2015
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: DE BERARDINIS SILVANA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GARGANO IVANO N. IL 12/08/1964
avverso la sentenza n. 457/2011 CORTE APPELLO di BOLOGNA, del
07/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 23/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SILVANA DE BERARDINIS
Udito il Procuratore G nerale in persona del Dott.
che ha concluso per (

Ru//)-eA

L

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

°K.e, —1-itA9’00

Data Udienza: 23/09/2014

FATTO E DIRITTO

Con sentenza in data 7/5/13 la Corte di Appello di Bologna confermava la sentenza emessa dal
GIP presso il Tribunale di Forlì,in data 23.11.09,nei confronti di GARGANO Ivano,ritenuto
responsabile del reato di cui agli artt.61 n.5-624 bis CP.per essersi impossessato della somma
di euro 720,00,ai danni di Cangini Emanuela,che la deteneva all’interno di una borsa,sottratta
dall’imputato dopo essersi abusivamente introdotto nei locali della sacrestia della chiesa di

Per tale reato era stata inflitta,all’esito del giudizio abbreviato, la pena di mesi otto di
reclusione,previa esclusione dell’aggravante ex art.61 n.5 CP,e con la concessione delle
attenuanti generiche,ritenute equivalenti alla contestata recidiva.

Avverso la predetta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore deducendo:
1-violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della esimente dello stato di
necessità.
A riguardo il ricorrente evidenziava che l’imputato è persona tossicodipendente,che dispone di
una pensione di invalidità di euro 230,00 mensili,e che vive degli aiuti ricevuti dalla
“Caritas”.Da tali elementi il ricorrente desumeva che l’azione si era verificata -come sostenuto
dall’imputato in sede di interrogatorio-per le condizioni del predetto ,spinto dalla necessità di
alimentarsiRilevava altresì che l’imputato aveva cercato,inutilmente,di ricevere alimenti nei tre giorni
antecedenti al fatto contestato.
2-inosservanza della legge penale e manifesta illogicità ,e contraddittorietà della motivazione.
Per tali motivi chiedeva l’annullamento dell’impugnata sentenza.

Il ricorso risulta inammissibile.
Invero è da premettere che come è dato desumere dal testo del provvedimento impugnato,i1
giudice di appello ha reso congrua motivazione in merito alle richieste avanzate dalla difesa
appellante,che si limitavano a sostenere la configurabilità della esimente prevista dall’art.54
CP.
Sull’argomento risulta valutata,infatti,l’insussistenza dei presupposti di applicazione della
esimente,avuto riguardo alla possibilità che l’autore della condotta illecita aveva di procurarsi
aliunde sostanze alimentari.
In tal senso risulta dunque verificata,in concreto l’assenza di uno stato di assoluta necessità
quale previsto dall’art.54 CP.,e la motivazione risulta rispondente all’indirizzo giurisprudenziale
di questa Corte ,secondo cui “l’esimente dello stato di necessità richiede la concreta

Pieve di San Martino.fatto acc.in data 25.4.2009-

immanenza di una situazione di grave pericolo alle persone,caratterizzata dalla indilazionabilità
e dalla cogenza ,tali da non lasciare all’agente altra alternativa che quella di violare la legge.
Nella specie,i1 ricorso si rivela meramente ripetitivo delle deduzioni articolate in grado di
appello,limitandosi alla generica descrizione delle difficili condizioni di vita dell’imputato ,senza
individuare alcun elemento essenziale ai fini del riconoscimento della richiesta esimente,che
risulti erroneamente escluso dalla verifica della Corte territoriale,la cui motivazione risulta
pertanto esaustiva e rispondente ai menzionati parametri giurisprudenziali,nonché esente dai
richiamati vizi di manifesta illogicità e intrinseca contraddittorietà.

al pagamento delle spese processuali,e al versamento di una somma in favore della Cassa
delle Ammende,che si reputa equo determinare in euro 1.000,00-

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 a favore della Cassa delle Ammende-

Roma,così deciso il 23 settembre 2014.

Va dunque dichiarata l’inammissibilità del gravame,a cui consegue la condanna del ricorrente

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