Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41615 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 41615 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PARAGNANI PIERLUIGI N. IL 20/02/1959
avverso la sentenza n. 4715/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del
28/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
o
che ha concluso per
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cf.

Data Udienza: 26/06/2014

Ritenuto in fatto
1.

Con sentenza del 28/06/2012, la Corte d’appello di Firenze ha confermato la

decisione di primo grado, che aveva affermato la responsabilità di Pierluigi
Paragnani, in relazione a fatti di bancarotta fraudolenta documentale e per
distrazione, commessi nella qualità di amministratore della Chip s.r.I., di diritto
sino al 1999 e di fatto sino alla data della dichiarazione di fallimento del
16/12/2000.
La Corte territoriale, dopo avere confermato la legittimità del mancato rinvio

attestava l’assoluto impedimento dell’imputato a comparire, ha sottolineato, per
quanto ancora rileva, che il Paragnani, quale che fosse il modo in cui aveva
realizzato il proprio obiettivo, aveva, d’intesa con i titolari del Centro
elaborazione dati che si occupava della contabilità, fatto sparire la
documentazione con l’intento di occultare l’operazione di abbandono della Chip
s.r.l. al proprio destino e privare la società di ogni attività, attraverso le
distrazioni contestate nel capo a) dell’imputazione. L’affermazione contenuta in
una sentenza del Tribunale civile di Firenze, che aveva escluso l’esistenza di
prova con riferimento all’addebito relativo alla tenuta della contabilità, doveva,
secondo la Corte territoriale, essere valutata, tenendo conto dell’oggetto del
processo, scaturito da un’azione di responsabilità promossa nei confronti del
Paragnani, e, in definitiva, intendeva sottolineare che, in difetto di scritture
contabili, non era possibile accertare le conseguenze, in termini di danno
economicamente risarcibile, scaturite da tale condotta
2. Nell’interesse del Paragnani è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai
seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo si lamenta erronea applicazione dell’art. 420 ter cod.
proc. pen., per avere la Corte territoriale disatteso la censura che investiva il
mancato rinvio dell’udienza dell’otto dicembre 2010, fissata per l’esame
dell’imputato, nonostante la produzione di certificato medico, attestante che il
Paragnani era affetto da “faringotracheite febbrile necessitante di tre giorni di
riposo e cure domiciliari”.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, in relazione
all’affermazione di responsabilità per il reato di bancarotta documentale, in
particolare sottolineando: a) che il giudice di primo grado non aveva
minimamente preso in considerazione il fatto che nella sentenza n. 1725/2008
emessa dal Tribunale civile di Firenze si era precisato che “l’addebito relativo alla
tenuta della contabilità è invece carente di prova”; b) che la Corte territoriale,
attraverso una forzata ricostruzione delle risultanze istruttorie, non si era
confrontata con il dato, emerso in dibattimento, che la contabilità, tenuta dalla
1

dell’udienza dell’otto ottobre 2010, in quanto il certificato medico prodotto non

Nova System s.r.I., era da quest’ultima stata restituita a un soggetto non
identificato, qualificatosi come amministratore della società poi fallita: in
definitiva, la sentenza impugnata aveva concluso nel senso che la sparizione dei
documenti contabili era attribuibile al Paragnani, senza spiegare in forza di quali
argomenti aveva raggiunto tale conclusione e senza tenere conto del fatto che lo
stesso, sin dal 1999, non era più amministratore formale della società.

Considerato in diritto
1 II primo motivo di ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza,

merito non accolga una richiesta di rinvio per impedimento dell’imputato a
comparire, documentato da un certificato medico che si limiti ad attestare
l’infermità (nella specie, faringo – tracheite) con esiti febbrili e la prognosi, senza
indicare il grado della febbre, essenziale alla valutazione della fondatezza, serietà
e gravità dell’impedimento. (Sez. 6, n. 20811 del 12/05/2010, S., Rv. 247348)
2. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Seguendo l’ordine delle censure prospettate, osserva la Corte: a) che l’isolato
riferimento del ricorrente ad una frase utilizzata nella motivazione della sentenza
civile citata non vale a dimostrare la manifesta illogicità del significato ad essa
attribuito dalla Corte territoriale, in relazione all’effettivo oggetto del processo
civile; b) che, del pari, non palesa alcuna manifesta illogicità l’apparato
argomentativo della sentenza impugnata, la quale, dopo avere ricostruito le
complesse vicende distrattive, attraverso le quali l’imputato aveva indirizzato le
attività della società fallita verso altre società a lui riconducibili (la Cockpit s.a.s.
e la Terzo Canto s.a.s.: e tali considerazioni, che rivelano il ruolo di reale
dominus della Chip s.r.I., non sono oggetto di alcuna specifica censura nell’atto
di impugnazione), ha razionalmente tratto la conclusione che la sottrazione della
contabilità, restituita, da parte del Centro elaborazione dati che se ne occupava
ad un soggetto sconosciuto, che non aveva sottoscritto la ricevuta, non poteva
che essere attribuita all’imputato, per l’evidente ed esclusivo interesse di
quest’ultimo a occultare il riscontro cartaceo di quanto avvenuto tra il 1994 e il
2000; c) che, in definitiva, a fronte di tale coerente ricostruzione del quadro
probatorio, le critiche del ricorrente, che torna a valorizzare il fatto di essere
stato amministratore di diritto sino al 1999 e l’assenza di identificazione del
soggetto che ebbe a ritirare le scritture, risultano assolutamente generiche e
aspecifi che.
3.

Il presente ricorso, in conclusione, va dichiarato inammissibile e tale

situazione, implicando il mancato perfezionamento del rapporto processuale,
cristallizza in via definitiva la sentenza impugnata, precludendo in radice la
possibilità di rilevare di ufficio l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta,
2

dovendosi riconfermare che è legittimo il provvedimento con cui il giudice di

come nella specie, successivamente alla pronuncia in grado di appello (cfr., tra le
altre, Sez. U, n. 21 dell’11/11/1994, Cresci, Rv. 199903; Sez. 3, n. 18046 del
09/02/2011, Morra, Rv. 250328, in motivazione).
4. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00.

P.Q.M.

spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 26/06/2014

Il Componente estensore

Il Presidente

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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