Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4158 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4158 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

Data Udienza: 22/10/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CARA EUGEN ADRIAN N. IL 26/06/1988
avverso la sentenza n. 20110/2012 TRIBUNALE di ROMA, del
19/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

dik

Con sentenza in data 19 dicembre 2012 il Tribunale di Roma applicava a Cara Eugen
Adrian, su richiesta delle parti, la pena di anni uno, mesi quattro di reclusione ed euro 400,00 di
multa in ordine al reato di ricettazione, accertato in Roma il 3 dicembre 2012. con la riduzione per il
rito.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto. personalmente, ricorso per cassazione. Con
il ricorso si deduce la violazione di legge in ordine al mancato proscioglimento ai sensi dell’art.129

Il ricorso è del tutto generico e. comunque, manifestamente infondato atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata, si è da un lato adeguato al contenuto dell’accordo tra le parti e
dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p., facendo riferimento in
particolare al fatto che l’imputato era stato sorpreso a bordo del motociclo oggetto di denuncia di
furto. Siffatta motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di
applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti
per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. un. 27
marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un. 25 novembre 1998,
Messina). Del resto, qualora l’imputato si limiti a chiedere l’applicazione della pena ex art. 444
c.p.p. senza dedurre alcun concreto elemento probatorio a sua discolpa l’indagine sulla sussistenza
di una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., se negativamente risolta, non
richiede uno specifico obbligo motivazionale sul punto (Cass. sez. I 27 gennaio 1999, Forte; sez. II
9 gennaio 1998 n.107, Riflettore).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013

il cons. est.

c.p.p..

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