Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4157 del 17/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 4157 Anno 2015
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RONCHI CLAUDIO N. IL 11/06/1969
SALATINO NATALINO N. IL 30/04/1971
avverso la sentenza n. 1477/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
21/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 17/09/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 17/09/2014

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Gioacchino Izzo, conclude chiedendo
l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Per la parte civile è presente l’Avvocato Giuseppe Del Sorbo, il quale conclude chiedendo
rigettarsi il ricorso. Deposita nota spese.

RITENUTO IN FATTO

1. I difensori di Ronchi Claudio e Salatino Natalino, con separati atti, propongono ricorso

per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino, in data 21
giugno 2013, con la quale, in parziale riforma della decisione adottata, in data 8
novembre 2012, dal Tribunale di Torino, revocava la condanna al pagamento di una
provvisionale di euro 2000, in favore della parte civile e confermava, nel resto, la
sentenza appellata.
2. Ronchi Claudio e Salatino Natalino erano stati tratti a giudizio per rispondere del reato
previsto dagli articoli 110 codice penale e 2634 codice civile, perché Ronchi, quale socio
accomandatario dello Studio Fiscale s.a.s.. del rag. Ronchi Claudio & C., avendo un
interesse in conflitto con quello sociale, ed in particolare quello ad acquistare la piena
disponibilità di un bene immobile sito in Nichelino (Torino), al fine di procurarsi un
ingiusto profitto, poneva in essere con Salatino, quale acquirente apparente, il
trasferimento simulato dell’immobile, per l’importo di euro 170.000 corrisposto, al
momento del rogito notarile, con assegno bancario privo di copertura. L’operazione era
stata escogitata, secondo gli imputati, al fine di evitare che il bene di proprietà della
società fosse aggredito dai creditori sociali e personali, prevedendo un simulato
trasferimento in favore del terzo, Salatino, al fine di consentire, in realtà, a Ronchi di
rientrare nel possesso del bene, dopo il recesso dalla società, effettivamente verificatosi
in data 2 luglio 2008.
3. Avverso la decisione di appello il difensore di Ronchi Claudio propone ricorso per
cassazione lamentando quanto segue:

violazione dell’articolo 34 del codice di rito poiché, nella composizione del collegio
giudicante in appello, era presente il magistrato che aveva emesso, nella fase delle
indagini preliminari, il decreto di sequestro preventivo a carico dell’imputato;

mancanza di motivazione, atteso il rinvio da parte del giudice di secondo grado, alla
motivazione del giudice di prime cure senza farsi carico dei motivi di impugnazione;

violazione di legge riguardo alla qualificazione della condotta dell’imputato ai sensi
dell’articolo 2634 c.c, pur in assenza di conflitto di interessi;

vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena ed alla mancata
concessione delle attenuanti generiche.

4. Il difensore di Salatino Natalino deduce:

6-)

vizio di motivazione riguardo alla ritenuta illiceità della mancata comunicazione ai soci
della vendita dell’immobile da parte del socio accomandatario;

insussistenza dei presupposti previsti dal reato, poiché la vendita fittizia era finalizzata
ad evitare che il bene, di proprietà della società, fosse aggredito dai creditori;

violazione della legge penale riguardo alla richiesta di applicazione della diminuente di
cui all’articolo 117 del codice penale, disattesa dal giudice di appello;

violazione di legge riguardo alg rigetto della richiesta di sospensione condizionale della

pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il difensore di Ronchi Claudio deduce violazione dell’articolo 34 del
codice di rito attesa la nullità della decisione della Corte territoriale in quanto, nella
composizione del collegio giudicante, era presente, quale giudice a latere, il magistrato
che aveva pronunziato, nella fase delle indagini preliminari, il decreto di sequestro
preventivo del 10 novembre 2010 nei confronti dell’imputato, anticipando un giudizio di
simulazione della vendita dell’immobile. Valutazione poi ritenuta fondata dal giudice di
appello nella sentenza impugnata.
2. Il motivo è inammissibile per tardività dell’eccezione. Infatti, l’esistenza di cause di
incompatibilità, non incidendo sui requisiti di capacità del giudice, non determina la
nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce
esclusivamente motivo di ricusazione, da far valere con la specifica procedura prevista
dal codice di rito; ne’ ha incidenza sulla capacità del giudice la violazione del dovere di
astensione, che non è causa, pertanto, di nullità generale ed assoluta ai sensi dell’art.
178, lett. a), cod. proc. pen., ma costituisce anch’essa esclusivamente motivo, per la
parte, di ricusazione del giudice non astenutosi (Sez. U, Sentenza n. 5 del 17/04/1996
Cc. Rv. 204464 Sez. 5, Sentenza n. 9047 del 15/06/1999 Rv. 214292; Sez. 1, Sentenza
n. 11538 del 23/10/1997, Rv. 209135). In particolare, la dichiarazione di ricusazione
deve essere formulata prima del compimento dell’atto da parte del giudice e,
comunque, non può essere proposta dopo la chiusura del grado del giudizio nel quale si
sia asseritamente verificata la causa dedotta, e, quindi, dopo la chiusura del giudizio
che si assume pregiudicato (Sez. 2, Sentenza n. 45052 del 08/11/2011 Rv. 251354).
3. La questione, in ogni caso, è manifestamente infondata poiché la giurisprudenza ha
reiteratamente affermato che “il giudice che, nel corso delle indagini preliminari, ha
emesso la misura cautelare reale del sequestro preventivo, può partecipare all’udienza
preliminare, poiché in tale provvedimento, fondato su un “summatim cognoscere” e
costituente atto dovuto in relazione alla situazione di fatto sottoposta al suo esame, non
è profilabile né un pregiudizio rispetto ad ulteriori atti della fase, né una indebita

4

manifestazione del convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione” (Sez. 6, n. 6859
del 03/12/2007 – dep. 13/02/2008, Puliga, Rv. 239418).
4. Possono essere esaminate congiuntamente le problematiche sollevate con il secondo e
terzo motivo formulato dalla difesa di Ronchi ed il primo motivo, proposto dal difensore
di Salatino, attenendo le doglianze al nucleo centrale della sussistenza di un atto
dispositivo qualificabile in termini di pregiudizio patrimoniale per la società e,
corrispondentemente, di vantaggio economico per il presunto ideatore e beneficiario

5. Con il secondo motivo la difesa di Ronchi deduce carenza di motivazione, per essersi il
giudice di appello limitato a rinviare alla motivazione del giudice di prime cure,
nonostante le specifiche censure, da parte dell’appellante, formulate nei motivi di
impugnazione che contenevano elementi di novità rispetto a quelli già esaminati e
disattesi in primo grado. In particolare, la Corte territoriale non spiega per quale motivo
qualifica la contestuale sottoscrizione della scrittura privata contenente la clausola
risolutiva espressa, come strumento con il quale l’imputato si è precostituito la prova
della correttezza del proprio comportamento, per l’ipotesi di successive contestazioni da
parte dei soci. Al contrario, secondo la difesa, si trattava di una lineare operazione a
tutela della società.
6. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ritenendo che la Corte territoriale non
avrebbe correttamente qualificato la condotta posta in essere dall’imputato, facendola
rientrare erroneamente nella fattispecie prevista dall’articolo 2634 del codice civile, non
sussistendo, al contrario, alcun vantaggio da parte dell’imputato, nè alcun conflitto di
interesse, poiché all’interno della società di persone l’imputato, quale socio
accomandatario, deteneva la quasi totalità delle quote (86%), per cui il conflitto di
interessi avrebbe potuto riguardare la posizione della moglie e della sorella titolari del
restante 14%.
7. Il difensore di Salatino Natalino con il primo motivo deduce insufficienza, illogicità e
contraddittorietà della motivazione sottolineando che, la circostanza che l’altro
imputato, Ronchi Claudio, non avesse avvisato gli altri soci della vendita dell’immobile,
non costituiva un profilo di illiceità della condotta, non essendo richiesto il preventivo
consenso della società. In particolare, la vendita simulata conclusa da Ronchi in favore
di Salatino sarebbe stata programmata nell’interesse della società, al fine di evitare che
l’immobile fosse aggredito dai creditori. Al contrario, i giudici di merito hanno ritenuto
che l’alienazione fittizia fosse preordinata a garantire il rientro nella disponibilità del
Ronchi dell’immobile dopo l’inevitabile scioglimento della società. Secondo la difesa
poiché gli altri soci avrebbero certamente preteso delle spiegazioni sul destino di detto
immobile, la ricostruzione dei giudici di merito appare meno convincente rispetto alla
spiegazione sostenuta in ricorso. Infine, la tesi sostenuta dalla difesa non sarebbe in
contrasto con le oggettive anomalie evidenziate dai giudici di merito.

dell’operazione contrattuale in esame.

8. Orbene, occorre rilevare che la motivazione della Corte territoriale è, in buona parte,
finalizzata ad evidenziare una serie di anomalie, effettivamente ed oggettivamente
riscontrabili, che hanno caratterizzato l’operazione contrattuale in oggetto e ciò al fine
di sottolineare l’illogicità ed l’inconciliabilità con i dati documentali, delle spiegazioni
fornite dalla difesa riguardo ai singoli segmenti di condotta relativi all’imputazione. Tale
ricostruzione, però, pur evidenziando una serie di antinomie e illogicità dell’operazione
contrattuale, non consente, nello stesso tempo, di chiarire i due profili del pregiudizio

9. La Corte territoriale spiega che la scrittura privata con la quale le parti concordavano la
risoluzione della compravendita, nonché la perizia di stima del bene, erano atti
finalizzati all’esigenza, da parte di Ronchi, di precostituirsi una formale attestazione di
correttezza del proprio operato. Nello stesso senso militerebbe la circostanza che il
trasferimento dell’immobile a Salatino non era stato in alcun modo comunicato agli altri
soci, come pure la conclusione, nello stesso periodo, di atti di trasferimento di altri beni
della società all’insaputa degli altri soci. La Corte aggiunge a tali elementi una serie di
peculiarità che caratterizzavano l’operazione fittizia, rappresentate dall’assenza di un
preliminare di vendita, anteriore all’atto notarile, contrariamente alle prassi di settore,
dalla circostanza che, nell’atto notarile di trasferimento, si dichiarasse che il pagamento
del prezzo era avvenuto, in assenza di pezze giustificative diverse dall’esistenza di un
assegno, rilasciato da Salatino, ma mai posto all’incasso. Nello stesso modo le spese
dell’atto erano state regolate dalla società e non dall’acquirente, come avviene per
prassi. Inoltre, rileva la Corte d’Appello, risulta pacificamente che la richiesta di mutuo
da parte di Salatino non andò a buon fine in quanto ritenuto, dall’istituto di credito,
cliente non affidabile. L’atto di cessione, infine, è stato concluso poco prima della
comunicazione, da parte di Ronchi agli altri soci, della propria intenzione di recedere
dalla società.
10.Nonostante le rilevate anomalie, la ricostruzione della vicenda contrattuale da parte
della Corte territoriale appare contraddittoria riguardo al risultato finale di quella
transazione. Come è noto l’infedeltà patrimoniale tipizza la necessaria relazione tra un
preesistente conflitto di interessi, con i caratteri dell’attualità e dell’obiettiva valutabilità
e le finalità di profitto o altro vantaggio dell’atto di disposizione, finalità che si
qualificano in termini di ingiustizia per la proiezione soggettiva del preesistente
conflitto. Dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 61/2002 la disciplina dei reati societari,
ad eccezione dell’art. 2638 c.c., si caratterizza per la previsione di “un danno
patrimoniale” e di “un nocumento” alla società, sancendo in tal modo la
patrimonializzazione del diritto penale societario. La sussistenza di un conflitto di
interessi tra i titolari del potere gestorio e la società, cui gli stessi appartengono, si
traduce nella dissociazione tra la proprietà e la gestione del patrimonio sociale
all’interno di una determinata compagine societaria e nell’esistenza di un interesse

per la società e del vantaggio esclusivo per l’amministratore.

extrasociale, che deve essere oggettivamente valutabile, attuale, concreto ed effettivo.
Trattandosi di reato di evento il compimento dell’atto di disposizione dei beni sociali
deve concretizzarsi in un danno per il patrimonio sociale.
11.Rispetto a tale profilo appaiono insufficienti i rilievi della Corte territoriale tesi ad
evidenziare le anomalie dell’operazione contrattuale conclusa dagli imputati. La
circostanza che la sottoscrizione della scrittura privata contenente la clausola risolutiva
espressa costituisse, unitamente all’acquisizione della perizia giurata, uno strumento di

riguardo al prevedibile esito infausto della operazione commerciale di cessione
dell’immobile, rappresenta un profilo inidoneo a spiegare il pregiudizio per il patrimonio
sociale.
12.In particolare, la mancata precedente stipulazione di un preliminare di vendita, la
dichiarazione contenuta nell’atto notarile di avvenuta corresponsione del prezzo di euro
170.000, pacificamente non versato; il pagamento delle spese notarili da parte della
società venditrice e non da parte dell’acquirente, secondo prassi; la mancata emissione
dell’assegno bancario dell’importo di euro 170.000; la consapevolezza, da parte di
Ronchi, della scarsa affidabilità economica di Salatino, non consentono di chiarire per
quale motivo, attraverso la contestuale sottoscrizione della scrittura privata contenente
la clausola risolutiva espressa, l’operazione avrebbe consentito il rientro del bene nella
disponibilità dell’imputato e non in favore della società, come, invece, previsto
nell’accordo risolutivo.
13.Sotto tale profilo la sentenza va annullata per la necessità di chiarire, oltre ogni
ragionevole dubbio, sulla base di quale ragionamento giuridico l’operazione contrattuale
in oggetto abbia determinato un danno patrimoniale alla società ed un vantaggio
economico in favore di Ronchi Claudio, tenendo conto che risulta documentalmente e
non è contestato che l’accordo negoziale concluso tra gli imputati prevedeva la
risoluzione dell’atto di trasferimento simulato del bene immobile e la retrocessione dello
stesso in favore della società.
14.Gli altri motivi, riguardanti il profilo sanzionatorio, sono assorbiti e nessun
provvedimento va adottato riguardo alle spese della parte civile, atteso l’annullamento
con rinvio della decisione impugnata, r, t

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15.In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio ad altra Sezione della
Corte di Appello per le integrazioni e per l’esame dei punti oggetto delle segnalate
lacune o incongruenze motivazionali.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’Appello di Torino per
nuovo esame.
Così deciso in Roma il 17/09/2014
Il Consi ere ten

Il Presidente

cautela in favore dell’imputato in vista di successive contestazioni da parte dei soci

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