Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4155 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4155 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GENNA ANTONIO N. IL 23/10/1975
avverso la sentenza n. 350/2012 CORTE APPELLO di PALERMO, del
13/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 13 dicembre 2012 la Corte di appello di Palermo riformava la sentenza
emessa il 20 aprile 2011 dal Tribunale di Marsala con la quale Genna Antonio era stato dichiarato
colpevole dei reati di ricettazione e di uso abusivo di una carta bancomat, accertati in Marsala nel
settembre 2003, ed era stato condannato, ritenuta la continuazione, alla pena di anni due, mesi otto
di reclusione ed euro 1.500,00 di multa. La Corte territoriale dichiarava l’improcedibilità
dell’azione penale in ordine al reato ascritto al capo B. estinto per prescrizione, e riduceva la pena

Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione.
Con il ricorso si deduce: 1) la mancanza o manifesta illogicità della motivazione quanto alla
responsabilità, non essendosi tenuto conto del mancato riconoscimento dibattimentale dell’imputato
da parte del teste Lombardo e dell’incertezza sulla corrispondenza del telefono cellulare sequestrato
nell’abitazione del Genna a quello acquistato mediante l’utilizzo illecito della carta bancomat, e
quanto alla pena, per il mancato riconoscimento della circostanza attenuante prevista dall’art.62 n.4
c.p., previa applicazione dell’ipotesi attenuata prevista dal secondo comma dell’art,.648 c.p., e delle
circostanze attenuanti generiche; 2) la violazione delle norme processuali stabilite a pena di nullitù
per l’illegittima dichiarazione di contumacia nel giudizio di appello, pronunciata quando il Genna
“risultava già da qualche mese detenuto- senza che risultasse la volontà che si procedesse in sua
assenza.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo tende, quanto all’affermazione di responsabilità, a sottoporre al giudizio di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito il quale ha ineccepibilmente osservato che
la prova della responsabilità dell’imputato si desumeva dalle dichiarazioni testimoniali
dell’ispettore di polizia Bertolino il quale aveva affermato di aver riconosciuto il Genna. soggetto a
lui noto, nelle immagini registrate presso l’agenzia bancaria ove era stato effettuato il prelievo in
contanti mediante la carta bancomat oggetto di furto. Le dichiarazioni del teste Bertolino, rilevava il
giudice di merito, erano riscontrate dal rinvenimento in occasione della perquisizione
nell’abitazione dell’imputato di un telefono cellulare dello stesso tipo di quello acquistato
utilizzando la medesima carta bancomat di provenienza furtiva, a nulla rilevando le incertezze del
teste Lombardo il quale era entrato in contatto con l’acquirente per un limitato periodo di tempo e
non aveva riconosciuto con certezza il cliente nel Genna. Le conclusioni circa la responsabilità del
ricorrente risultano quindi adeguatamente giustificate dal giudice di merito attraverso una puntuale
valutazione delle prove, che ha consentito una ricostruzione del fatto esente da incongruenze
logiche e da contraddizioni. Tanto basta per rendere la sentenza impugnata incensurabile in questa

per il residuo delitto di ricettazione in anni due, mesi due di reclusione ed euro 1.200,00 di multa.

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sede non essendo il controllo di legittimità diretto a sindacare direttamente la valutazione dei fatti
compiuta dal giudice di merito, ma solo a verificare se questa sia sorretta da validi elementi
dimostrativi e sia nel complesso esauriente e plausibile. Esula dai poteri della Corte di cassazione
quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle

Quanto alle circostanze attenuanti previste dal secondo comma dell’art.648 c.p. e dall’art.62
n.4 c.p., nella motivazione della sentenza impugnata se n’è esclusa l’applicazione con
argomentazioni razionali e giuridicamente corrette, evidenziando le plurime condotte di utilizzo del
bene ricettato che non consentivano di ravvisare la particolare tenuità del fatto e l’entità non
indifferente del danno che impediva di ritenere di speciale tenuità il danno patrimoniale cagionato
alla persona offesa.
In ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche per i numerosi e
gravi precedenti penali del Genna, la Corte rileva che la sussistenza di circostanze attenuanti
rilevanti ai sensi dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal
giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, di talché
la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti
indicati nell’interesse dell’imputato (Cass. sez.VI 24 settembre 2008 n.42688, Caridi; sez.VI 4
dicembre 2003 n.7707, Anaclerio). Pertanto il diniego delle circostanze attenuanti generiche può
essere legittimamente fondato anche sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o
soggettivo, che sia ritenuto prevalente rispetto ad altri (Cass. sez.VI 28 maggio 1999 n.8668,
Milenkovic).
Il secondo motivo è manifestamente infondato in quanto lo stato di detenzione (per altra
causa) non risultava evidentemente alla Corte di appello in quanto nell’intestazione della sentenza
l’imputato veniva qualificato -libero – . Peraltro la notifica del decreto di citazione per il giudizio di
appello risulta essere stata effettuata all’imputato presso il difensore domiciliata rio avv. Giacomno
Frazzitta, presente all’udienza del 13 dicembre 2012 in cui veniva dichiarata la contumacia ed
emessa la sentenza impugnata, che nulla eccepiva. Secondo la giurisprudenza di questa Corte (tra le
più recenti, Cass. sez.VI 7 ottobre 2010 n.1416, Chatir; sez.feriale 24 luglio 2012 n.31490,
Orlandelli), peraltro, è valida la notifica all’imputato detenuto anche per altra causa eseguita presso
il domicilio eletto dal medesimo e non presso il luogo di detenzione.

risultanze processuali (Cass. S.U. 30-4- 1997 n. 6402, Dessimone).

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Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000. sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000.00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
il cons. est.

processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.000.00.

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