Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4154 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4154 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CHIRICO RAFFAELE N. IL 20/02/1935
avverso la sentenza n. 1590/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 03/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 3 luglio 2012 la Corte di appello di Reggio Calabria riformava la
sentenza emessa il 2 luglio 2009 dal Tribunale di Palmi, sezione distaccata di Cinquefrondi, con la
quale Chirico Raffaele era stato dichiarato colpevole dei reati di danneggiamento aggravato
earbitraria invasione di un fabbricato (art.633 c.p.), commessi il 29 giugno 2004, e del reato di furto
(art.624 bis c.p.), accertato il 20 luglio 2004, ed era stato condannato, ritenuta la continuazione, alla
pena condizionalmente sospesa di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 600,00 di multa, oltre al

dell’azione pena in ordine ai reati ascritti ai capi A e C, estinti per prescrizione, e rideterminava la
pena per il residuo delitto di cui all’art.633 c.p. in mesi sei di reclusione ed euro 300,00 di multa.
confermando le statuizioni civili.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto. tramite il difensore, ricorso per cassazione.
Con il ricorso si deduce la violazione di legge e il difetto o la manifesta illogicità della motivazione
in quanto l’attività criminosa si sarebbe estrinsecata in un unico atto non protrattosi nel tempo in
forma di occupazione e, pertanto, anche il reato previsto dall’art.633 c.p. doveva essere dichiarato
estinto per prescrizione. La facoltà di godimento del bene da parte della persona offesa Mandaglio
Maria non sarebbe venuta meno, avendo la stessa Corte territoriale dato atto che la chiave del
fabbricato asseritamente oggetto di occupazione era stata consegnata dal legale dell’imputato al
legale della parte civile nell’ambito del processo civile di reintegra del possesso.
Il ricorso è inammissibile perché generico e, comunque, manifestamente infondato.
Il ricorrente non ha indicato gli atti dai quali si potesse desumere che l’attività criminosa si
era realizzata con un unico atto (non risulta, in particolare, la data in cui la nuova chiave del
fabbricato sarebbe stata consegnata alla Mandaglio), come sarebbe stato suo onere in forza del
principio di autosufficienza del ricorso operante anche in sede penale (Cass. Cass. sez.VI 2
dicembre 2010 n.45036, Damiano; sez.VI 8 luglio 2010 n.29263, Cavanna; sez.V 22 gennaio 2010
n.11910, Casucci sez.I 22 gennaio 2009 n.6112, Bouyahia; sez.IV 26 giugno 2008 n.37982, Buzi;
sez.I 18 marzo 2008 n.16706, Falcone; sez. feriale 13 settembre 2007 n.37368, Torino; sez.VI 19
dicembre 2006 n.21858, Tagliente; sez.I 18 maggio 2006 n.20344, Sala). Nella motivazione della
sentenza impugnata peraltro correttamente si fa rilevare che la controversia civilistica esistente tra
le parti, al fine della reintegrazione nel possesso del bene in capo alla persona offesa, non esplica
alcuna influenza e non impedisce che la condotta assuma anche carattere penalistico quando, come
nel caso in esame, si sottraggano, si invadano e si danneggino beni altrui. Che ciò fosse avvenuto il
giudice di merito l’ha desunto dalle dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili e
riscontrate (ancorché non fosse necessario) dalle dichiarazioni del teste Luppino. Il ricorso è
fondato su una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui

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risarcimento del danno in favore della parte civile. La Corte territoriale dichiarava l’improcedibilità

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valutazione è compito esclusivo del giudice di merito ed è inammissibile in questa sede, essendo
stato comunque l’obbligo di motivazione esaustivamente soddisfatto nella sentenza impugnata con
valutazione critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione,
pienamente coerente sotto il profilo logico-giuridico, degli argomenti a sostegno dell’affermazione
di responsabilità e della mancanza, quanto al residuo reato previsto dall’art.633 c.p., dei presupposti
per la dichiarazione di estinzione per prescrizione .

pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di curo 1.000,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
il cons. est.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al

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