Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41533 del 10/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 41533 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
STRANO MASSIMO N. IL 13/12/1975
avverso la sentenza n. 2039/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
13/06/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 10/06/2014

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha
confermato la sentenza emessa in data 1° febbraio 2013 dal Tribunale della
stessa città, che aveva dichiarato l’imputato MASSIMO STRANO colpevole di
due rapine aggravate ed altro, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione di
legge e vizio di motivazione quanto alla complessiva determinazione del

Il ricorso è inammissibile perché assolutamente privo di specificità in tutte le
sue articolazioni (non indicando l’elemento in ipotesi non considerato o mal
considerato, e reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in
appello e già non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24
aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), del tutto assertivo e, comunque,
manifestamente infondato, a fronte dei rilievi con i quali la Corte di appello con argomentazioni esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto,
esente da vizi rilevabili in questa sede – ha motivato la concreta determinazione
della pena irroganda (sensibilmente ridotta) valorizzando (f. 2) l’oggettiva
gravità dei singoli reati accertati (commessi in sequenza e con brutalità, sempre
in danno di soggetti deboli, minacciati con armi) e la negativa personalità
dell’imputato, gravato da precedenti di rilievo.

In tal modo la Corte di appello si è correttamente conformata
all’orientamento di questa Corte Suprema, per la quale è da ritenere adempiuto
l’obbligo della motivazione in ordine alla misura della pena allorché sia indicato
l’elemento, tra quelli di cui all’art. 133 c.p., ritenuto prevalente e di dominante
rilievo (Sez. un., sentenza n. 5519 del 21 aprile 1979, CED Cass. n. 142252).

Invero, una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di
pena irrogata, in tutte le sue componenti, appare necessaria soltanto nel caso
in cui la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale,
potendo altrimenti risultare sufficienti a dare conto del corretto impiego dei
criteri di cui all’art. 133 cod. pen. espressioni del tipo «pena congrua»,
«pena equa» o «congruo aumento», come pure il richiamo alla gravità
del reato oppure alla capacità a delinquere: Sez. II, sentenza n. 36245 del 26
giugno 2009, CED Cass. n. 245596).

trattamento sanzionatorio.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 10 giugno 2014

Il Cons gliere estensore

P.Q.M.

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