Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4153 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 4153 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ha pronunciato la seguente

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sul ricorso proposto da:
NDIAYE BARA N. IL 15/03/1977
DIENG FALOU N. IL 26/07/1980
avverso la sentenza n. 1356/2012 CORTE APPELLO di GENOVA, del
03/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 3 ottobre 2012 la Corte di appello di Genova riformava la sentenza
emessa il 15 giugno 2010 dal Tribunale di Genova con la quale Ndiaye Bara e Dieng Falou erano
stati dichiarati colpevoli dei reati di ricettazione e detenzione per la vendita di prodotti recanti
marchi contraffatti rispettivamente ascritti e il Dieng anche del reato previsto dall”art.14 commi 5
bis, 5 ter, 5 quinquies d.lgs. n.286/98 (capo O) ed erano stati condannati ritenuta la continuazione,
con la circostanza attenuante prevista dal secondo comma dell’art.648 c.p. prevalente sulla

reclusione ed euro 300,00 di multa e il Dieng alla pena condizionalmente sospesa di anni uno, mesi
quattro di reclusione ed euro 400,00 di multa, con l’ordine di pubblicazione della sentenza per una
volta e per estratto sul quotidiano Il Secolo XIX ai sensi dell’art.475 c.p.. La Corte territoriale
assolveva il Dieng dal reato ascrittogli al capo O perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato e riduceva la pena nei suoi confronti ad anni uno, mesi due, giorni venti di reclusione ed euro
382,00 di multa, confermando le restanti statuizioni.
Avverso detta sentenza gli imputati hanno proposto, tramite il difensore, ricorso per
cassazione. Con il ricorso si deduce: 1) l’erronea applicazione dell’art.648 c.p. quanto al ritenuto
concorso tra i reati previsti dagli artt.474 e 648 c.p., in quanto la Corte di cassazione in una recente
pronuncia aveva ritenuto assorbito il delitto di ricettazione, in forza del principio di specialità, nel
reato previsto dallsart.453 n.3 c.p. che punisce la condotta di chi, senza essere concorso nella
falsificazione, detenga monete falsificate; 2) l’errone applicazione dell’art.36 c.p. per non essersi
tenuto conto della recente modifica legislativa (d.l. 6 luglio 2011 n.98) che consente la
pubblicazione della sentenza di condanna solo sul sito internet del Ministero della Giustizia.
Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n.23427 del 9 maggio 2001 (ric. P.M. in
proc. Ndiaye), hanno infatti affermato che il delitto di ricettazione (art.648 c.p.) e quello di
commercio di prodotti con segni falsi (art.474 c.p.) possono concorrere, atteso che le fattispecie
incriminatici descrivono condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non
può configurarsi un rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa
o implicita del legislatore. Diverso è l’oggetto della pronuncia citata nel ricorso, che riguarda un
caso diverso e viene citata dal ricorrente in maniera del tutto generica.
È° invece fondato il secondo motivo.
Le modifiche apportate all’art. 36 cod. pen. alla sanzione accessoria della pubblicazione
della sentenza, da ultimo con la novella di cui all’art. 37, comma diciottesimo, D.L. n. 98 del 2011
(conv. in 1. n. 111 del 2011) – nel prevedere che essa sia eseguita non più sui giornali ma
esclusivamente in via telematica attraverso il sito del Ministero della Giustizia – attengono alla

contestata recidiva e con la diminuente per il rito abbreviato, alla pena il Ndiaye di anni uno di

definizione del contenuto della sanzione in quanto incidono sulle relative funzioni, sicché possono
essere applicate retroattivamente ai sensi dell’art. 2, comma quarto, cod. pen. (Cass. sez.III 9 luglio
2013 n.38935, P.G. in proc.Patricola; sez.I 25 maggio 2012 n.26900, P.G. in proc.Sarto; sez.I 21
marzo 2012 n.12924, P.G. in proc.Bozzon). Ne consegue che il dispositivo della sentenza di primo
grado deve essere rettificato nel senso indicato in dispositivo.
Il ricorso va dichiarato inammissibile nel resto.

dispone rettificarsi il dispositivo della sentenza di primo grado nel senso che si deve
intendere e leggere, con riferimento alla statuizione relativa alla pena accessoria,

-ordina la

pubblicazione della presente sentenza sul sito internet del Ministero della Giustizia; dichiara nel
resto inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
il cons. est.

P.Q.M.

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