Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41510 del 18/09/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 41510 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BRUNI ALESSANDRA AMIRA, nato a Squinzano il 29.11.1991
avverso l’ordinanza emessa nei suoi confronti dal Tribunale di Lecce Sezione del Riesame il 3.4.2015;
letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita

la

relazione

fatta

dal

consigliere

Stefano

Mogini;

udite le conclusioni del sostituto procuratore generale Mario Fraticelli,
che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Antonio Savoia, difensore di fiducia del ricorrente, che ha
insistito per l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordinanza
impugnata.

Ritenuto in fatto

1. Alessandra Amira Bruni ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso
l’ordinanza in epigrafe, con la quale il Tribunale di Lecce, decidendo sulla richiesta di riesame
proposta dalla ricorrente, ha annullato l’ordinanza emessa dal g.i.p. presso il Tribunale di Lecce
in data 6.3.2015, che aveva applicato allla Bruni la misura cautelare della custodia in carcere,
limitatamente al reato di cui all’art. 416-bis c.p. a lei contestato al capo A dell’imputazione
provvisoria e confermato la medesima ordinanza, e la misura in atto applicata alla ricorrente,
in relazione al reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/1990 a lui contestato al capo B.

Data Udienza: 18/09/2015

2. Bruni censura l’ordinanza impugnata deducendo violazione di legge penale e

processuale e vizi di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di
colpevolezza del delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti,
essendo a tale riguardo il tenore delle intercettazioni telefoniche equivoco e privo di valore
dimostrativo, essendosi la ricorrente limitata, al più, a informare il marito Manca Marino,
ritenuto nella prospettiva accusatoria essere a capo dell’associazione, di ciò che succedeva
all’esterno del carcere, sicché non è dato rilevare in alcun modo lo svolgimento da parte della
ricorrente di un ruolo funzionale all’associazione e alle sue dinamiche operative e di crescita
criminale e la coscienza e volontà da parte sua di far parte del sodalizio e di contribuire al suo

Considerato in diritto

1. Il ricorso è inammissibile. In sede di ricorso proposto ai sensi dell’art. 311 c.p.p.

la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile solo quando
sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare
meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito
dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici
da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura
(Sez. 1, n. 6972, del 7.12.1999, Alberti). Nell’ordinanza impugnata vengono invece posti in
evidenza, e ponderatamente valutati, gli elementi in base ai quali il Tribunale ricava con
motivazione del tutto adeguata e immune da vizi logici e giuridici l’esistenza di gravi indizi di
colpevolezza del delitto di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti
(pp. 2/7, nelle quali vengono evidenziato gli elementi in base ai quali viene ritenuta raggiunta
la soglia di gravità indiziaria circa il ruolo di raccordo tra Manca Marino e gli altri sodali in
libertà svolto dalla Bruni, la sua piena consapevolezza dell’esistenza del sodalizio e della sua
attività criminale, il suo inserimento in tale attività mediante la riscossione dei proventi
spettanti al convivente Marino Manca), la ricorrente limitandosi a tale riguardo a sollecitare
una diversa interpretazione del tenore di intercettazioni telefoniche (invero tutt’altro che
equivoco o travisato), non consentita sede di legittimità. Infatti, in materia di intercettazioni
telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di
merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui
apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta
illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (ex multis, Sez. 2, n.
35181 del 22.5.2013, Rv. 257784; Sez. 6, n. 11794 dell’11.2.2013, Rv. 254439), ovvero in
presenza del travisamento della prova, cioè nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato
il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile
(Sez. 6, n. 11189 dell’8.3.2012, Rv. 252190).
All’inammissibilità del ricorso conseguono le pronunce di cui all’art. 616 c.p.p.

illecito sviluppo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 18 ottobre 2015.

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