Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4150 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4150 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DUBOIS NUNZIO LUCIANO N. IL 25/03/1949
avverso la sentenza n. 758/2012 GIP TRIBUNALE di ALESSANDRIA,
del 29/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 29 novembre 2012 il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Alessandria applicava a Dubois Nunzio Luciano, su richiesta delle parti, la pena di anni due di
reclusione ed euro 600,00 di multa in ordine ai reati di tentata rapina aggravata, resistenza a
pubblico ufficiale e lesioni personali, commessi in Molare il 27 febbraio 2012. ritenuta la
continuazione, con l’attenuante prevista dall’art.62 n.6 c.p. equivalente alla recidiva e alle altre
circostanze comparabili, con la riduzione per il rito.

il ricorso si deduce: 1) la mancanza della motivazione in ordine al mancato proscioglimento ai sensi
dell’art.129 c.p.p.; 2) la mancanza di motivazione sulla congruità della pena.
Il ricorso è del tutto generico e, comunque, manifestamente infondato atteso che il giudice,
nell’applicare la pena concordata. si è da un lato adeguato al contenuto dell’accordo tra le parti e
dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 c.p.p., facendo riferimento in
particolare al verbale di arresto, alla denuncia di Ottonelli Rosanna e ai verbali delle sommarie
informazioni rese da quest’ultima e da Garbarino Marina, al verbale di perquisizione, al verbale di
sequestro, ai certificati medici, ai rilievi fotografici dei luoghi, al verbale di individuazione. Siffatta
motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione della
pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di
decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. un. 27 marzo 1992, Di
Benedetto; Sez. un. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un. 25 novembre 1998, Messina). Del resto,
qualora l’imputato si limiti a chiedere l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. senza dedurre alcun
concreto elemento probatorio a sua discolpa l’indagine sulla sussistenza di una delle ipotesi di
proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., se negativamente risolta, non richiede uno specifico
obbligo motivazionale sul punto (Cass. sez. I 27 gennaio 1999, Forte; sez. Il 9 gennaio 1998 n.107,
Riflettore). La congruità della pena risulta essere stata valutata, contrariamente a quanto sostenuto
nel ricorso, come si desume dalla dettagliata motivazione al riguardo, contenente anche il
riferimento all’art.27, terzo comma, Costituzione.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.500,00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versament
alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.500,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
il cons. est.

Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione. Con

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