Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4149 del 22/10/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 4149 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CAMMINO MATILDE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RASIMOVIC CRISTIAN N. IL 11/01/1985
avverso la sentenza n. 3699/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
29/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MATILDE CAMMINO;

Data Udienza: 22/10/2013

Con sentenza in data 29 gennaio 2012 la Corte di appello di Napoli riformava la sentenza
emessa il 15 gennaio 2008 dal Tribunale di Benevento con la quale Rasimovic Cristian era stato
dichiarato colpevole del reato di rapina aggravata, commesso in Telese Terme il 29 giugno 2005, ed
era stato condannato, con le circostanze attenuanti generiche e l’attenuante prevista dall’art.62 n.4
c.p. ritenute prevalenti alle contestate aggravanti. alla pena di anni uno, mesi otto di reclusione ed
euro 1.200,00 di multa. La Corte territoriale, in accoglimento parziale del ricorso del Procuratore

in anni tre di reclusione ed euro 600,00 di multa.
Avverso detta sentenza l’imputato ha proposto, personalmente, ricorso per cassazione. Con
il ricorso si deduce: 1) la violazione di legge con riferimento all’art.585 c.p.p. per la mancata
dichiarazione di inammissibilità dell’appello del Procuratore generale presentato tardivamente; 2) la
violazione e falsa applicazione dell’art.584 c.p. che impone la notificazione alla parte non
appellante dell’impugnazione proposta da uno dei soggetti processuali al fine di consentire la
proposizione di appello incidentale; 3) la violazione di legge in relazione all’art.62 bis c.p. per la
ritenuta mera equivalenza, da parte del giudice di appello, delle circostanze attenuanti; 4) la
violazione dell’art.62 n.4 c.p. immotivatamente esclusa.
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo di appello è del tutto generico e, comunque, manifestamente infondato. Il
ricorso del Procuratore Generale è stato peraltro presentato tempestivamente (la sentenza di primo
grado era stata emessa il 15 maggio 2008 e il Tribunale si era riservato trenta giorni per il deposito
della motivazione, effettuata il 9 giugno 2008; l’avviso di deposito della sentenza era pervenuto alla
Procura generale il 19 giugno 2008 e l’appello era stato presentato il successivo 24 giugno).
Il secondo motivo è manifestamente infondato risultando regolarmente notificato a mani
proprie l’appello del Procuratore Generale (v. avviso di ricevimento a f.76) e risultando
dall’intestazione della sentenza di appello che l’imputato, detenuto per altra causa. aveva rinunciato
a comparire.
Il terzo motivo è del pari manifestamente infondato, avendo il giudice di appello
adeguatamente motivato la mera equivalenza delle circostanze attenuanti già riconosciute rispetto
alle aggravanti e alla recidiva, con riferimento alla particolare violenza, eccessiva e inutile, che
aveva connotato l’azione criminosa e ai precedenti specifici dell’imputato. Del resto le statuizioni
relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione
discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano
frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale
dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla

Generale, ritenuta l’equivalenza delle circostanze attenuanti già riconosciute, rideterminava la pena

la più idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Cass. Sez.Un. 25 febbraio
2010 n.10713, Contaldo).
Il quarto motivo è anch’esso manifestamente infondato non risultando che all’esito del
giudizio di appello sia stata esclusa la circostanza attenuante prevista dall’art.62 n.4 c.p., ma solo
che “le già concesse attenuanti- fossero ritenute equivalenti, e non prevalenti come aveva ritenuto il

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che,
alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000.00.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013
il cons. est.

giudice di primo grado, rispetto alle contestate aggravanti e alla recidiva.

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