Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41486 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 41486 Anno 2015
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
VIOTTO MARIA PAOLA

n. il 30.08.1963

avverso la sentenza n.3139/2014 della Corte d’appello di Milano del 15.04.2014
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso

Udita all’udienza pubblica del 5 maggio 2015 la relazione fatta dal Consigliere dott.
CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Aldo Policastro che ha concluso
per il rigetto del ricorso.
L’avv. Sergio Spagnolo, difensore di fiducia dell’imputata, insiste per l’accoglimento
dei motivi del ricorso.

Data Udienza: 05/05/2015

RITENUTO IN FATTO
VIOTTO MARIA PAOLA ricorre per cassazione avverso la sentenza, indicata
in epigrafe, della Corte d’appello di Milano, che, in parziale riforma della sentenza di
condanna emessa dal locale Tribunale nei suoi confronti il 16.07.2012 in ordine al
delitto di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle leggi antinfortunistiche, ha
convertito la pena detentiva della reclusione nella corrispondente pena pecuniaria,
revocando la sospensione condizionale della pena.
In particolare, la colpa specifica addebitata alla ricorrente, nella sua qualità di

lavoro, è la violazione di cui agli artt. 17 co. 1 e 28 co 2 d.lvo 81/2008, in quanto,
omettendo l’adozione di misure per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, anche di
carattere strettamente valutativo dei rischi a cui sono esposti i lavoratori, contribuiva
a cagionare al dipendente Coluccì Camillo Angelo lesioni personali (consistite in
trauma toracico e contusione gomito destro) a causa dell’infortunio al medesimo
occorso all’interno della sede produttiva aziendale; costui, il giorno 3.03.2009,
mentre era intento alle operazioni di manutenzione del condotto di aspirazione
dell’impianto di decapaggio, collocato sulla sommità del capannone aziendale,
perdeva l’equilibrio e rovinava sul coperchio della vasca cadendo dalla scala
appoggiata sul predetto coperchio.
Il Tribunale, sulla base delle risultanze dell’istruttoria dibattimentale, riteneva
affermarsi la penale responsabilità della VIOTTO ed al tal fine, preliminarmente,
evidenziava che la delega in materia di sicurezza dalla medesima rilasciata a favore
di Acace Raffaele aveva data posteriore a quella dell’infortunio”; in particolare,
come emergeva dai documenti prodotti dal P.M., la delega, pur avente la data
(non certa) del 7 gennaio 2009, venne depositata al registro delle imprese solo in
data 23 marzo 2009 (e quindi in epoca posteriore all’infortunio); si osservava che
era assolutamente pacifico che Colucci avesse raggiunto l’altezza di quattrocinque metri salendo su una scala semplice (neppure a V rovesciata) appoggiata
su superficie oleosa; altrettanto pacifica doveva considerarsi la circostanza che
l’azienda Zincatura Viotto disponesse di un “ponte sviluppabile” o “trabattello
telescopico”; la circostanza documentata dalla difesa, con produzione in data
18.4.2012, risultava riferita dalla stessa persona offesa: Colucci aveva infatti
dichiarato di avere utilizzato occasionalmente un trabattello per ” eseguire lavori
di imbiancatura”; alla persona offesa, esaminata in data 8 febbraio 2012, non
erano state esibite le fotografie del trabattello in quanto prodotte dalla difesa solo
in data 18 aprile 2012.
La Corte d’appello adita dall’imputata, nel fare proprio l’impianto
motivazionale della sentenza di primo grado ha ritenuto infondati i motivi posti a
base del gravame di merito circa la responsabilità colposa come ascritta.

legale rappresentante dell’impresa “Zincature Viotto srl” e, quindi, di datrice di

La ricorrente ha rappresentato i seguenti motivi:
Primo motivo:

mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della

motivazione ex art. 606 comma 1 lett. e) c.p.p., risultante dal testo del
provvedimento impugnato, oltre che dagli atti emersi nel corso del procedimento, in
relazione all’insussistenza di una prassi aziendale relativa alle corrette modalità di
attuazione degli interventi manutentivi in quota ed in relazione all’interpretazione
delle dichiarazioni rilasciate dai signori Airoldi, Acace, Lannattina e dalla persona
offesa.
Secondo quanto affermato dalla Corte d’Appello nell’impugnata sentenza,

tutti i lavoratori, che avessero ad oggetto le corrette modalità di esecuzione dei
lavori di manutenzione in quota.
I Giudici di secondo grado hanno affermato che il Colucci avrebbe ricevuto
un preciso ordine da parte di uno dei suoi superiori al fine di effettuare la
manutenzione del condotto di aspirazione fumi, senza interrompere la produzione,
mediante l’utilizzo di una semplice scala poggiata, peraltro, su una superficie oleosa.
La Corte d’Appello ha fondato la propria convinzione dell’assenza di
qualsivoglia prassi in ordine alle corrette modalità operative da adottarsi nel caso di
specie, sulla base, da una parte, di un erroneo e del tutto immotivato giudizio circa
l’attendibilità dei testi Massimo Airoldi (Direttore di Stabilimento), Raffaele Acace
(Responsabile del Servizio di prevenzione – e Protenzione) e Rosario Lamattina
(responsabile di produzione), e dall’altra, su di una interpretazione parziale delle
dichiarazioni rese dalla persona offesa.
Si evidenzia che le predette persone hanno tutte affermato in modo
inequivocabile l’esistenza di disposizioni specifiche aziendali aventi ad oggetto
l’effettuazione di operazioni di manutenzioni in quota. Gli addetti alla manutenzione,
tra cui il Colucci, al fine di effettuare interventi sul condotto di aspirazione fumi
avrebbero dovuto coordinarsi con il direttore di stabilimento (Airoldi) ed il
responsabile della sicurezza (Acace) al fine di far valutare l’urgenza dell’intervento e
la necessità di sospendere la produzione o di rinviare l’intervento il giorno
successivo; una volta ricevuto l’ordine di procedere, avrebbero dovuto trasportare il
trabattello telescopico nel capannone ove si trova il condotto di aspirazione,
imbracarsi con le cinture di sicurezza e, quindi, salire sul trabattello ed, una volta
raggiunto il carroponte, assicurare le misure di sicurezza al parapetto e sdraiarsi per
procedere alla riparazione. Quanto alla specifica conoscenza da parte del Colucci
della indicata prassi, l’Airoldi ha chiaramente riferito in dibattimento in senso
positivo, ed ha escluso categoricamente che il Colucci avesse ricevuto un ordine di
operare in quota mediante una semplice scala a produzione attiva.
Quanto alla testimonianza del Colucci, circa il mancato uso del trabattello, ha
riferito di aver deciso di non utilizzarlo in ragione della tempistica e dell’entità del

all’interno della Zincatura Viotto non esistevano disposizioni specifiche, conosciute da

lavoro da fare di poco conto. Ha altresì precisato che il sabato precedente in
riferimento ad un lavoro da effettuare in quota aveva utilizzato il trabattello. Dunque,
non solo i testi hanno confermato la sussistenza di una prassi specifica per le
lavorazioni in oggetto, ma è stata la stessa p.o. a ribadirlo affermando di non averla
seguita per una sua autonoma decisione.
Si censura la motivazione della sentenza impugnata laddove si evidenzia
l’inattendibilità dei testi indicati. In particolare, si è sostenuto che essa deriva dal
fatto che trattasi di “soggetti potenzialmente coinvolti nella vicenda” in ragione dei
ruoli dagli stessi ricoperti all’interno dell’azienda. Ma siffatto ragionamento si traduce

stato indicato alcun concreto elemento o specifica situazione di fatto che possa
legittimare il sospetto circa la falsità di quanto dagli stessi dichiarato, né peraltro in
sentenza sono state indicate con precisione le circostanze in ordine alle quali tali
testimonianze dovrebbero essere in contrasto con la deposizione della persona
offesa, la quale, invece, come già evidenziato, ha confermato l’esistenza della prassi
aziendale descritta e non ha mai affermato di aver ricevuto l’ordine da parte dei
propri superiori di procedere alla riparazione mediante una scala a produzione attiva.
Per altro, la Corte del merito, prima, ha affermato l’attendibilità del Colucci,
per poi ritenere irrilevante il fatto che il medesimo non abbia mai riferito di aver
ricevuto una specifica richiesta di intervenire sul condotto di aspirazione fumi con
modalità pericolose e comunque non corrette.
Secondo motivo: vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sostanziale
conformità della condotta della persona offesa rispetto alle disposizioni aziendali. La
Corte d’appello ha affermato che le modalità poste in essere dal Colucci per il
riparare il condotto di aspirazione fossero “autorizzate sostanzialmente dal POS
aziendale per tali caratteristiche di lavori in quota”. Si censura l’affermazione perché
non si comprende da quale elemento processuale sia stata tratta tale apodittica
convinzione. Invero, dalla lettura delle disposizioni del POS relativamente a lavori da
svolgersi in quota emerge che il lavoratore non le ha osservate ed ha deciso di agire
in loro violazione.
Terzo motivo: erronea applicazione della legge penale in relazione all’art.
40 . cod. pen., vizio di motivazione stante il comportamento abnorme ed
imprevedibile della persona offesa, non tenuto in conto dalla Corte d’appello con
mancata applicazione dei principi giurisprudenziali in materia affermati dalla Corte di
legittimità.
Si espone che la Corte di merito ha a lungo indugiato sul fatto che

“data

l’inesistenza di una previa valutazione dello specifico rischio connesso allo
svolgimento delle operazioni di manutenzione, non assume valore equipollente
l’esistenza di una semplice prassi operativa”, dilungandosi sul valore della prassi e
sull’impossibilità che le istruzioni verbali, divenute prassi operative, possano essere

in una irragionevole quanto illegittima presunzione di inattendibilità non essendo

considerate equipollenti a disposizioni codificate,

“lasciando sempre negli addetti

alle lavorazioni pur sempre, nella loro rappresentazione soggettiva, quei margini di
discrezionalità nell’esecuzione di esse (…), riconnessi alle caratteristiche non
e prive di alcuna

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