Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41481 del 09/04/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 41481 Anno 2014
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANINI GIANFRANCO N. IL 20/11/1972
avverso la sentenza n. 2541/2011 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
13/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 09/04/2014

OSSERVA
1. Con la sentenza indicata in epigrafe è stata confermata la condanna di CANINI
Gianfranco per il reato di cui all’art. 186, lett. b), C.d.S. per guida ditemdtat in stato
di ebbrezza di un’auto Audi. Il giudice di merito ha ritenuto provata la responsabilità
dell’imputato sulla base dell’esito positivo dell’alcoltest (1,05 e 1,12 g\l) e della
deposizione dei verbalizzanti.
2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo la violazione di legge (art.
114 disp. att. c.p.p.) in quanto la P.G. prima di svolgere il test alcolemico non aveva
avvertito il Canini che aveva la facoltà di farsi assistere da un difensore.
In ordine all’eccezione processuale formulata, va ricordato che questa Corte ha più
volte ribadito che “la violazione da parte della polizia giudiziaria dell’obbligo di
avvertire, ai sensi dell’art. 114 disp. att. cod. proc. pen., l’indagato della facoltà di
farsi assistere, nel corso di una perquisizione o sequestro, da un difensore di fiducia,
integra una nullità generale a regime intermedio e, pertanto, va eccepita, ai sensi
dell’art. 182, cod. proc. pen., o prima del compimento dell’atto o immediatamente
dopo, intendendosi con tale formula che la nullità deve essere eccepita dal difensore
subito dopo la sua nomina, ovvero entro il termine di cinque giorni che l’art. 366 cod.
proc. pen. concede a quest’ultimo per l’esame degli atti” (Cass. IV, 15739\08,
Alberti).
Nel caso di specie la nullità in questione non è stata eccepita, né nella fase delle
indagini, né in primo grado, ma per la prima volta in appello e pertanto deve ritenersi
sanata.
4. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende,
non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1000,00 (mille/00) a titolo di
sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di 1.000= euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 9 aprile 2014
Il Consigliere estensore

3. Il ricorso é inammissibile.

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