Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4142 del 04/12/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4142 Anno 2015
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: VERGA GIOVANNA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI NOVO LIVIO N. IL 15/04/1969 parte offesa nel procedimento
c/
MOTTA MARIO SERGIO N. IL 19/10/1939
MOTTA MARTINO N. IL 08/06/1938
avverso l’ordinanza n. 210004/2012 GIP TRIBUNALE di MILANO,
del 29/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere pott. GIOVANNA VERGA;
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lette/site le conclusioni del PG Dott. ì— teeko

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Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 04/12/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con provvedimento in data 29.1.2014 il GIP del Tribunale di Milano, all’esito dell’udienza
camerale disposta ai sensi dell’art. 409 co 2 c.p.p., dichiarava l’archiviazione del procedimento
a carico di Motta Sergio per essere il reato estinto per morte del reo e nei confronti di Motta
Martino per mancanza dell’elemento soggettivo del reato ipotizzato di appropriazione indebita.

incostituzionalità delle norme di cui agli articoli 409 e 410 codice procedura penale nella parte
in cui non impongono all’unico giudice della vicenda che l’ordinanza di archiviazione, emessa a
seguito di camera di consiglio debba essere motivata, come prescritto nel caso di decreto di
archiviazione emesso de plano.
Deduce in ogni caso violazione di legge per violazione del contraddittorio sostanziale della
ordinanza del GIP che ha omesso di indicare i motivi per i quali ha ritenuto ininfluenti le
investigazioni richieste dalla persona offesa con il proprio atto di opposizione.
Il difensore di MOTTA Martino depositava memoria.
Il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito della opposizione del ricorrente, all’esito
della rituale instaurazione e celebrazione dell’udienza partecipata in camera di consiglio. Ora,
la violazione del contraddittorio è l’unico vizio denunziabile con il ricorso avverso il
provvedimento di archiviazione, vuoi preso de plano vuoi, a maggior ragione emesso a seguito
di camera di consiglio (S.U., sent. 24 del 1995, citata, e tra molte, Sez. 6, n. 436 del
05/12/2002, Mione; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006, Laurino; Sez. 6, n. 3896 del 26/10/1995,
Ronchetti; Sez. 6, n. 3018 del 20/09/1991, Di Salvo;). Osta a una diversa lettura il principio di
tassatività dei mezzi d’impugnazione e non v’è ragione costituzionalmente imposta di un
ampliamento della piattaforma dei vizi denunziabili mediante ricorso. La natura, “interlocutoria
e sommaria… finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un
accertamento sul merito dell’imputazione” (C. cost. ord. nn. 153 del 1999, 150 del 1998, 54
del 2003; sent. n. 319 del 1993), e gli strumenti di tutela dell’offeso (“negli stretti limiti in cui
ciò risponda” a tale funzione di controllo: C. cost. ord. n. 95 del 1998), consentono d’affermare
che alla pretesa sostanziale del denunziante/querelante offrono comunque adeguata garanzia:
da un lato la possibilità di sollecitare una riapertura delle indagini anche sulla scorta di indagini
difensive (cfr. Cass Sez. 2 27.9.2012); dall’altro l’intatta facoltà di esercitare i propri diritti
d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede (civile) propria.
Al riguardo deve ricordarsi che la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ripetutamente
messo in rilievo che le differenze tra il decreto (o l’ordinanza) di archiviazione e la sentenza di
non luogo a procedere giustificano una diversa disciplina dei contenuti e degli effetti dei due

Ricorre per Cassazione il difensore della parte offesa DI NOI Livio sollevando questione di

provvedimenti, precisando, in particolare, che i primi, consistendo nel controllo da parte del
giudice per le indagini preliminari sulla scelta del pubblico ministero di non esercitare l’azione
penale e sostanziandosi quindi in un “mero accertamento di superfluità del processo” (sentenza
n. 88 del 1991), sono privi di “stabilita”, in quanto possono sempre essere superati da una
successiva riapertura delle indagini (sentenza n. 134 del 1993; N.150 del 1998).
Ciò detto deve rilevarsi che la dedotta questione di incostituzionalità è manifestamente
infondata considerato che l’articolo 410 codice procedura penale al comma tre prevede che nei

consiglio ai sensi dell’articolo 127 codice procedura penale all’esito della quale decide con
ordinanza che, ai sensi dell’articolo 125 comma tre codice procedura penale, deve sempre
essere motivata a pena di nullità.
A mente dell’art. 616 c.p.p., alla declaratoria di inammissibilità consegue l’onere delle spese
del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende,
fissata in via equitativa, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di 1000,00 euro.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali,
e al versamento della somma di 1000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma il 4.12.2014
Il Consigliere estensore
Giovanna VERGA

Il Presidente

casi in cui il giudice non ritenga l’opposizione inammissibile deve fissare udienza in camera di

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