Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41373 del 13/05/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 41373 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANTA FRANCESCO N. IL 28/01/1978
avverso la sentenza n. 1423/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 13/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 13/05/2015

OSSERVA
1. Con la sentenza indicata in epigrafe veniva confermata la condanna di CANTA
Francesco per il reato di cui all’art. 624-625 c.p. (acc. in Termini Imerese il
20\3\2011). Veniva anche confermata la pena di mesi 5 di reclusione ed € 200= di
multa.

3. Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente pretende che in questa sede si proceda ad una rinnovata valutazione delle
modalità mediante le quali il giudice di merito ha esercitato il potere discrezionale a lui
concesso dall’ordinamento ai fini della la determinazione della pena.
L’esercizio di detto potere deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in
misura sufficiente il pensiero del giudice in ordine all’adeguamento della pena concreta
alla entità effettiva del reato ed alla personalità del reo.
Nel caso di specie, il giudice di merito ha spiegato di non ritenere il ricorrente
meritevole di riduzioni di pena, in ragione dei plurimi precedenti penali, anche
specifici.
Si tratta di una considerazione ampiamente giustificativa del diniego della
concessione, che le censure del ricorrente non valgono a scalfire.
Va ribadito che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo
edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il
suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell’articolo 133
c.p.. Anzi, non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la
scelta del giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta in una fascia bassa
rispetto alla pena edittale (cfr. ex plurimis Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV
230278).
Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a
colpa, del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. n. 186 del 7-13 giugno 2000) al
versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e
congruo determinare in euro 1000,00 (mille).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di 1.000,00= euro alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma il 13 maggio 2015
Il Cons*glie

est

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, deducendo il vizio della motivazione
della sentenza in ordine al complessivo trattamento sanzionatorio.

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