Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41370 del 13/05/2015


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Penale Sent. Sez. 7 Num. 41370 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

ORD ANZA S

sul ricorso proposto da:
LEPORE VINCENZO N. IL 02/12/1960
avverso la sentenza n. 3244/2013 CORTE APPELLO di ROMA, del
26/04/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FAUSTO IZZO;

Data Udienza: 13/05/2015

Così deciso in Roma il 13 maggio 2015
Il Consi ier

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RITENUTO in FATTO
1. Con sentenza di cui in epigrafe veniva confermata la condanna di LEPORE Vincenzo per il
delitto di cui all’art. 73, co. 5 0 , T.U. 309 del 1990 per illecita detenzione di hashish e
coltivazione di canapa indiana (acc. in Bassiano il 12\7\2012).
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato lamentando la erronea
applicazione della legge non costituendo reato la coltivazione domestica di canapa indiana.
CONSIDERATO in DIRITTO
1. La sentenza deve essere annullata con rinvio.
2. Con consolidato orientamento, questa Corte ha avuto modo di precisare che “È
inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già
discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non
specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev’essere apprezzata non solo per la
sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione,
questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di
aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità” (Cass. IV,
5191\2000, imp. Barone, rv. 216473).
Nella concreta fattispecie la Corte territoriale ha dato adeguatamente conto del proprio
convincimento, vagliando analiticamente le questioni sottoposte al suo esame ed evidenziando
come la responsabilità dell’imputato emergesse chiara dalle indagini svolte.
Le censure sul punto mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso generico
rispetto alla ricostruzione del fatto (operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo
grado) ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di
legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di
legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica
illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo.
Va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che “Costituisce condotta
penalmente rilevante qualsiasi attività non autorizzata di coltivazione di piante dalle quali sono
estraibili sostanze stupefacenti, anche quando sia realizzata per la destinazione del prodotto ad
uso personale” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 28605 del 24/04/2008 Ud. (dep. 10/07/2008), Rv.
239920).
3. Ciò detto va osservato che nelle more tra la sentenza di appello e la celebrazione del
giudizio di cassazione, in relazione alle disposizioni del quinto comma dell’art. 73 è intervenuta
una rilevante modifica legislativa con la legge 16\5\2014, n. 79, che ha modificato nel testo del
d.P.R. 309 del 1990 il quinto comma del predetto art. 73, ridefinendo i contorni della
fattispecie in esame nel senso che la medesima costituisce titolo autonomo di reato e non,
come in precedenza, circostanza attenuante, prevedendo, inoltre una nuova cornice edittale
(reclusione da sei mesi a quattro anni e multa da euro 1.032 a euro 10.329). Ritiene il Collegio
che alla applicazione della nuova normativa nei processi in corso, in quanto più favorevole,
non sia di ostacolo la inammissibilità del ricorso trattandosi di questione che deve essere
rilevata di ufficio
ex art. 609 cod.proc.pen., non potendosi considerare preclusivo la
formazione del giudicato in senso sostanziale (nel senso da ultimo espresso da S.U. n. 24246
del 2004), atteso che la novella normativa è intervenuta successivamente alla data di
proposizione del presente ricorso e, pertanto, certamente non era possibile tenere conto di
essa nella formulazione dei motivi proposti.
Si impone, pertanto, per quanto detto, l’annullamento con rinvio della sentenza, limitatamente
al trattamento sanzionatorio, quindi, ai sensi dell’art. 624 cod.proc.pen., il capo concernente la
penale responsabilità è divenuto irrevocabile.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio; rinvia sul punto
alla Corte di Appello di Roma. Rigetta nel resto. Visto l’art. 624 c.p.p. dichiara l’irrevocabilità
della sentenza in ordine alla affermazione di responsabilità dell’imputato.

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