Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4135 del 21/11/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 4135 Anno 2015
Presidente: CAMMINO MATILDE
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAKSOY MERVE N. IL 09/04/1976
avverso l’ordinanza n. 882/2014 TRIB. LIBERTA’ di MILANO, del
23/06/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difensor Avv.; T–,- ~_c_<3 P‘..f) gYe 1 -t- QAM-10 ì\ 17Q" c_Dive, 0" ,Q Qc. Data Udienza: 21/11/2014 RITENUTO IN FATTO 1.11 Tribunale di Milano, sezione per il riesame, confermava il provvedimento di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari emesso dal giudice per le indagini preliminari nei confronti di Paksoy Merve in relazione al reato di associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di truffe internazionali. Nella valutazione del Tribunale esistevano gravi indizi in ordine alla associazione contestata. Questa, gestita da Micalizzitteledita la consumazione di truffe continuative, consumate attraverso l'immissione nel mercato di bond falsi; nell'ambito del sodalizio la Paksoy svolgeva la funzione di analista promotore dell'associazione, nella predisposizione di atti e documenti necessari alla realizzazione degli illeciti, nonchè nella predisposizione di false comunicazioni agli investitori. 2. Avverso tale ordinanza ricorreva il difensore dell'indagata deducendo due motivi di ricorso: 2.1. inosservanza ed erronea della applicazione della legge. Mancanza di motivazione, contraddittorietà ed illogicità della stessa in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di partecipazione al reato associativo, nonché in ordine alla sussistenza di esigenze cautelari con specifico riguardo al pericolo di reiterazione del reato ai sensi dell'articolo 274 lett. c) cod. proc. pen. 2.1.1. Il ricorrente evidenziava che dagli atti non emergeva la consapevolezza da parte dell'indagatq delle condotte truffaldine addebitate al Micalizzi; nessun riferimento risulta effettuato nell'ordinanza impugnata relativamente a comportamenti posti in essere dalla Paksoy Merve rilevanti in ordine alle truffe contestate. 2.1.2. Sotto il profilo soggettivo, si deduceva la carenza di motivazione circa la consapevolezza dell'adesione dell'indagata al sodalizio criminoso. Si contestava il valore dimostrativo della e-mail del 3/11/2008 nella quale il Micalizzi scriveva per conoscenza alla Paksoy Merve i annunciando una divisione dei profitti; si rimarcavatm3 il fatto che la lettera fosse stata inviata solo "per conoscenza", il che era indicativo della estraneità della indagata alla spartizione dei proventi dell'illecito, estraneità che trovava conferma anche nella risposta inviata a tale mail. uiwAidie,;(.3 2.1.3. Si contestava inoltre il collegamento con il tedaritD Palla, dedotto dalla coabitazione /Medesimo stabile, circostanza ritenuta non sufficientemente dimostrativq del coinvolgimento della indagata nella associazione. In sintesi nessuna delle argomentazioni del Tribunale costituiva, nella prospettazione difensiva valida e reale motivazione. 2 finanziaria presso la Dynamic Decisions S.r.l. e cooperava con il Micalizzi, 2.1.4. Infine si contestava la congruenza logica della motivazione riversata a pagina 28 dell'ordinanza, secondo la quale la costituzione da parte dell'indagata di una società di diritto turco avente ad oggetto lo sviluppo di progetti locali di architettura non era idoneg a dimostrare né il coinvolgimento nell'associazione né il pericolo di reiterazione. 2.2. Quanto alia esigenze cautelari: 2.2.1. si evidenziava che il Tribunale rilevava anche l'esistenza del pericolo di fuga e del pericolo di inquinamento probatorio, laddove invece il gip si era 2.2.2.Si contestava, inoltre l'assenza di concretezza delle esigenze cautelari in relazione alla mancata indicazione di elementinderebbero attuale il pericolo in relazione alla circostanza che i fatti di contestati erano particolarmente risalenti ed al fatto che a l'indagata non aveva più alcun tipo di contatto con il Micalizzi e con altri indagati dal 2009. CONSIDERATO IN DIRITTO 1.11 ricorso è manifestamente infondato. 1.1. Con riferimento alle violazioni di legge ed al vizio di motivazione dedotti in relazione al quadro indiziario con il primo motivo di ricorso, le censure proposte si presentano manifestamente infondate come emerge, con evidenza, dalla lettura delle motivazioni poste a sostegno del provvedimento di conferma della cautela alle pag. 26, 27, 28 e 29 dell'ordinanza. Il Tribunale analizza gli elementi di prova emersi e, con motivazione priva di fratture logiche e coerente con le emerge procedimentali, dimostra l'univocità degli elementi raccolti nell'indicare la colpevolezza dell'indagata. In particolare, nessun rilievo può essere rivolto alla rilevanza assegnata alla email mandata per conoscenza alla Paksoy dal promotore dell'associazione Micalizzi, nella quale lo stesso accenna ad un incontro finalizzato alla divisione dei profitti dell'attività illecità. Si tratta di elemento dotato di elevata capacità dimostrativa che non risulta svilito dal fatto che la Paksoy era stata informata "per conoscenza", piuttosto che direttamente. L'illiceità del contenuto della e- mail si aggiunge agli altri elementi raccolti in fase di indagine e valorizzati dalla ordinanza del Tribunale per il riesame. Ed, in particolare, al fatto che la Paksoy abbia ricevuto dal Micalizzi un bond di 75.000 euro (pag. 27 dell'ordinanza), al fatto che in relazione alla operazione Asseterra la Paksoy scriveva al Micalizzi che sperava di concludere l'operazione con il Palla e di risolvere i problemi del Micalizzi, dalla e mail del 3 novembre 2008, 3 limitato a rilevare l'esigenza cautelare del pericolo di reiterazione. che evidenzia la piena consapevolezza dell'indagata circa le truffe poste in essere dal Micalizzi; la comune residenza dell'indagata con Palla ed Arici in via Canonica 6 a Milano (pag. 27 del provvedimento impugnato); nonchè la conoscenza della truffa ai danni della Head Start Advisers LTd di Londra emergente dalla comunicazione del 21 gennaio 2009. Ma, soprattutto, rileva quanto evidenziato a pag 28 dell'ordinanza dove si valorizzava la costanza della collaborazione tra l'indagata ed il Micalizzi, che si presentava come "CE0 della AB Management s.r.l.", società costituita dalla Paksoy insieme alla sorella. anche alla A.B. Consulting, società anch'essa gestita da! Micalizzi emergeva dal fatto che come un ordine di pagamento riferito a tale società riguardava una attività di consulenza chiesta dal Micalizzi in relazione alle transazioni relative al bond Asseterra. Il Tribunale evidenziava, in sintesi, che tutte le società facenti capo alla Paksoy erano di fatto gestite dal Micalizzi. In questo quadro, non può essere censurata la capacità dimostrativa della circostanza che nel 2014 l'indagata avesse dato vita ad una società di diritto turco ritenuta dal Tribunale «potenzialmente idonea alla perpetrazione di ulteriori attività truffaldine» (pag 29 della ordinanza). Il tessuto motivazionale richiamato si presenta dunque immune da censure, prive di fratture logiche e pienamente coerente con le emergenze procedimentali che convergono nel dimostrare la costante collaborazione della Paksoy con il Micalizzi nella gestione delle truffe in contestazione e la sua piena partecipazione al sodalizio. 1.2. Con riferimento alle censure proposte con riguardo alla valutazione delle esigenze cautelari, il collegio condivide il pacifico orientamento della Corte di cassazione secondo cui in materia di impugnazioni contro provvedimenti "de libertate", il Tribunale della libertà, investito in sede di riesame o di appello del tema relativo alla insussistenza della esigenza cautelare ritenuta nella ordinanza, ha il potere di confermare la misura cautelare per esigenze diverse da quelle poste alla base della sua applicazione (Cass. Sez. 6, n. 26458 del 12/03/2014 Cc. (dep. 18/06/2014 ) Rv. 259976; Cass. sez. 1, n. 43014 del 11/10/2005 Rv. 232707, Cass. sez. 6, n. 2056 del 04/06/1999, Rv. 214117). Nessuna censura può dunque muoversi al Tribunale del riesame nella parte in cui rileva il pericolo di fuga a fronte dello stato di latitanza dell'indagata (pag 31 del provvedimento impugnato). Le emergenze procedimentali poste a sostegno della gravità del quadro indiziarlo consentivano inoltre di ritenere attuale il pericolo di reiterazione. Il tribunale osservava infatti che l'indagata in virtù del ruolo ricoperto all'interno 4 Tale collaborazione trova conferma nel fatto cheMe sorelle Paksoy era riferibile del sodalizio «era sicuramente in possesso dei dati e dei mezzi per operare su alcune società del gruppo» e che la collaborazione con il Micalizzi non si era interrotta dopo il 2009. Si tratta di valutazioni prive di fratture logiche e coerenti con i dati del procedimento che si sottraggono al sindacato del giudice di legittimità 2. Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il giorno 21 novembre 2014 L'estensore Il Presidente somma che si determina equitativamente in C 1000,00.

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