Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41340 del 16/09/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 41340 Anno 2015
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: RECCHIONE SANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
EL MOUDEN ABDELLATIF N. IL 09/10/1984
avverso la sentenza n. 1195/2011 CORTE APPELLO di MESSINA, del
09/05/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 16/09/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SANDRA RECCHIONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 111/\ ,L
7\nrvo-31:
601-5c7
che ha concluso per ,9 MA:1- AAAAAA:

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.
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Data Udienza: 16/09/2015

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Messina confermava la condanna dell’imputató\irà pena
di mesi quattro di reclusione ed euro 200 di multa per i reati di cui agli articoli
648 e 474 cod. pen.

2.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso

per cassazione il difensore

2.1.violazione di legge per carenza assoluta di motivazione. Si deduceva che non
era stato trattato l’argomento difensivo proposto con i motivi d’appello che
deduceva la grossolanità del falso. Al riguardo le dichiarazioni del verbalizzante
non sarebbero sufficienti ai fini dell’accertamento di responsabilità in
considerazione del fatto che egli dichiarava la merce era “presumibilmente”
contraffatta anche se non era stato effettuato alcun confronto con i prodotti
originali. Si deduceva altresì l’assenza di un accertamento tecnico che
rassicurasse circa la contraffazione.
2.2. Violazione degli articoli 474 e 648 cod. pen. Carenza di motivazione in
ordine all’elemento psicologico del reato.
si deduceva che l’assenza di un accertamento tecnico impediva altresì di valutare
in modo approfondito la consapevolezza dell’imputato in ordine alla falsità della
merce detenuta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
1.1.La motivazione che emerge dalle due sentenze di merito tra loro conformi
è espressiva del pieno convincimento raggiunto dai giudici di merito
in ordine alla prova della contraffazione.
Il percorso motivazionale offerto a sostegno dell’accertamento di responsabilità
non si presta ad alcuna censura in sede di legittimità nella misura in cui la
Corte di merito non solo valorizza la testimonianza dell’operante che ha
proceduto al controllo, ma esamina anche il tema della “non perfezione” della
contraffazione, ritenendo che le condotte di contraffazione imperfetta, estranee
all’area del falso grossolano, inducono nel mercato una confusione generalizzata
circa le caratteristiche del marchio ledendo il bene protetto dalla norma. Tale
valutazione risulta coerente con l’indirizzo giurisprudenziale (condiviso dal
collegio) secondo cui

l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e

diretta, non già la libera determinazione dell’acquirente, ma la fede pubblica,
2

dell’imputato che deduceva:

intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi, che
individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la
circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un
reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione
dell’inganno non ricorrendo l’ipotesi del reato impossibile anche nei casi in cui la
grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere
la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Cass. sez. 5, n. 5260 del
11/12/2013, dep. 2014, Rv. 258722; Cass. sez. 5, n. 31451 del 05/07/2006,

responsabilità esclude che possa ritenersi pertinente la doglianza che rileva la
assenza di un accertamento tecnico. La motivazione censurata presenta
dunque profili di illogicità manifesta, ma si presenta anzi coerente con le
emergenze processuali e rispettosa delle linee ermeneutiche tracciate dalla Corte
di legittimità.
1.2.Manifestamente infondato è anche il motivo di ricorso che denuncia la
violazione di legge e la carenza di motivazione in ordine all’esistenza
dell’elemento psicologico la cui prova non sarebbe stata raggiunta in relazione
alla carenza di un accertamento tecnico.
La motivazione offerta dalla

Corte territoriale sul punto

evidenzia la

incompatibilità dei fatti emersi (detenzione per la vendita di merce con marchio
contraffatto) con la assenza dell’elemento soggettivo richiesto per l’accertamento
di responsabilità. Il collegio territoriale esalta la potenzialità dimostrativa della
condotta non solo in ordine alla consumazione del fatto sotto il profilo oggettivo,
ma anche con riguardo alla dimensione soggettiva del reato. Alcune condotte
sono infatti univocamente inquadrabili nella fattispecie delittuosa poiché
l’elemento oggettivo è connotato da una tale evidenza da essere incompatibile
con ogni riconduzione a condotte alternative lecite. In tali casi il dolo, anche
nella dimensione finalistica del dolo specifico, può dedursi dalle condotte, nella
misura in cui siano autoevidenti. La motivazione sull’elemento soggettivo può in
tali casi essere limitata alla rilevazione della incompatibilità dei fatti emersi con
ipotesi alternative lecite.
Nel caso di specie la Corte territoriale, in coerenza con le linee ermeneutiche
indicate, offriva una motivazione priva di fratture logiche che deduceva
l’esistenza dell’elemento soggettivo proprio dalle caratteristiche della condotta
accertata dotate di evidente efficacia dimostrativa.

2.Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

3

Rv. 235214). La sufficienza del compendio probatorio per la valutazione di

processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che si determina equitativamente in C 1000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000.00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il giorno 16 settembre 2015

Il Presidente

L’estensore

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