Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41108 del 30/09/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 41108 Anno 2015
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPINELLI VINCENZO N. IL 22/12/1975
avverso l’ordinanza n. 249/2014 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
03/11/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 30/09/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa in data 3 novembre 2014 la Corte di Appello di L’Aquila,
deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava per carenza dei
presupposti applicativi l’istanza proposta da Vincenzo Spinelli, volta ad ottenere
l’unificazione per continuazione dei reati giudicati con le sentenze di condanna
indicate nell’istanza.
2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione

legge e carenza assoluta di motivazione per avere il giudice dell’esecuzione respinto
l’istanza sul rilievo della ripetizione di precedente domanda già delibata e respinta,
cosa non rispondente al vero dal momento che il contenuto della richiesta era in
parte diverso riguardando ulteriori reati. Inoltre, anche la ritenuta carenza
dell’identità del disegno criminoso non è giustificata in modo congruo dal momento
che, oltre all’elemento temporale, avrebbero dovuto essere presi in esame anche il
modus operandi, la spinta psicologica al reato, la tipologia di bene aggredito.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha correttamente rilevato e giustificato con
compiutezza e logicità argomentativa, da un lato che analoghe precedenti istante
del ricorrente, riguardanti i reati giudicati con le prime tre sentenze di condanna
dallo stesso indicate, erano state già disattese in precedenza senza fossero stati
dedotti profili di novità, sfuggiti alla considerazione giudiziale, dall’altro che anche
in riferimento ai reati oggetto della quarta pronuncia non era individuabile il
presupposto indefettibile dell’identità del disegno criminoso, stante il lungo lasso
temporale che li separava da quelli precedenti. Ne ha dedotto la mancata
dimostrazione della preventiva ideazione e deliberazione unitaria a monte della
realizzazione di tali distanziate condotte.
1.1Deve quindi riscontrarsi la presenza di motivazione adeguata, logica,
rispettosa del parametro normativo di riferimento, tale da resistere alle censure
formulate col ricorso, ove si consideri che il giudice dell’esecuzione, nell’escludere la
configurabilità della continuazione, ha valorizzato con plausibili argomentazioni
elementi oggettivi e non ha affatto ignorato le deduzioni dell’istante anche
riguardanti i profili asseritannente accomunanti gli episodi.
1.2 In tal modo il giudice di merito ha offerto puntuale applicazione in punto
di diritto all’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale
1

l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di

anche l’identità del bene giuridico violato ed il lasso temporale intercorso fra le
varie condotte -in questo caso notevolmente distanziato di quattro anni tra i reati
di cui alla sentenza sub 4) e quelli sub 1) e 2) e di sette mesi tra i primi e quelli sub
3)- costituiscono aspetti da soli insufficienti ad offrire dimostrazione dell’esistenza
di quell’unico iniziale programma in vista di uno scopo determinato, ricomprendente
le singole violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per il riconoscimento
della continuazione.
1.3 Per contro, il ricorso ripropone le medesime tematiche fattuali già

peraltro sono state articolate in modo generico con la mera indicazione di analogie
esecutive e di movente, che di per sé non dimostrano l’iniziale ideazione
complessiva risalente a circa quattro anni prima delle ultime violazioni.
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata supera dunque indenne il controllo
operabile nel giudizio di legittimità ed il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore,
della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 30 settembre 2015.

rappresentate al giudice dell’esecuzione e ritenute non decisive; tali argomentazioni

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