Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41094 del 04/07/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 41094 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE di
APPELLO di VENEZIA

avverso la sentenza in data 15 aprile 2013 del Giudice di pace di San Donà di
Piave, nel proc. n. 97/2011 R.G., nei confronti di

EBRAHIMI Ahmad, nato in Afghanistan il 28/08/1989,
HOSSEINI Sahfar, nato in Afghanistan il 5/02/1993,
HOSEINI Mosa, nato in Afghanistan il 15/08/1993.

Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 4 luglio 2014, dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le conclusioni del pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in
persona del Sostituto procuratore generale, Mario Fraticelli, il quale ha chiesto il
rigetto del ricorso;
rilevato che il difensore degli imputati non è comparso.

Data Udienza: 04/07/2014

RILEVATO IN FATTO
1. Ebrahimi Ahmad, Hosseini Sahfar e Hoseini Mosa, giovani cittadini
dell’Afghanistan, privi di documenti validi per l’espatrio, entrati clandestinamente
in Italia insieme ad altri quattro connazionali minorenni, tutti nascostisi
all’insaputa dell’autista nel semirimorchio di un autoarticolato bulgaro, condotto
da un cittadino greco, proveniente da Patrasso e diretto a Monaco di Baviera,

succ. mod., in materia di immigrazione clandestina (abbreviato in T.U. imm.),
come accertato in Quarto D’Affino, in provincia di Venezia, il 23 agosto 2011,
perché, come si legge nella motivazione della sentenza emessa il 15 aprile 2013
dal Giudice di pace di San Donà di Piave, oltre al verbale in lingua italiana di
identificazione dei prevenuti con elezione di domicilio presso il difensore di
ufficio, non risultava il compimento di ulteriori atti, necessari per rendere edotti i
prevenuti di ciò che stava loro accadendo, con la conseguenza, ad avviso del
giudice, della mancanza di prova dell’elemento soggettivo del reato ascritto.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Venezia, il
quale, con unico motivo, deduce la manifesta illogicità della sentenza, desumibile
dal testo della motivazione.
Il dubbio sulla sussistenza dell’elemento psicologico della contravvenzione
contestata si fonderebbe su una considerazione completamente illogica, ovvero
la mancanza di prova di atti successivi all’identificazione dei cittadini afgani
funzionali a renderli edotti di ciò che stava loro accadendo, secondo le testuali
parole della sentenza impugnata.
Al contrario dalla notizia di reato, allegata al ricorso del Procuratore
generale, emergerebbe la chiara consapevolezza e volontà dei giovani afgani di
entrare clandestinamente nel territorio italiano e da questo in Germania,
considerato che essi viaggiavano nascosti nel cassone del semirimorchio
dell’autoarticolato, dove si erano introdotti furtivamente, senza documenti validi
per l’espatrio.
Gli stranieri maggiorenni, inoltre, erano stati formalmente invitati a portarsi
presso l’ufficio immigrazione della Questura di Venezia per chiarire la loro
posizione, e la circostanza che dagli atti non risultasse il seguito della vicenda
non sarebbe idonea, secondo il ricorrente, a scriminare la condotta illecita sia sul
piano materiale, sia su quello psicologico.

2

sono stati assolti dal reato di cui all’art. 10 bis d.lgs. 25/07/1998, n. 286, con

Il ricorrente ha chiesto, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata
con ogni consequenziale statuizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

conclusioni, il sillogismo applicato dal Giudice di pace di San Donà di Piave che
ha tratto l’inesistenza, a suo avviso, della consapevole volontà dei tre giovani
cittadini afgani di entrare clandestinamente nel territorio nazionale dalla
circostanza che non sarebbe stato loro spiegato il fatto illecito commesso con il
passaggio in territorio italiano, mentre erano nascosti nel semirimorchio di un
autoarticolato diretto in Germania.
Dal testo della stessa sentenza impugnata, infatti, oltre che dall’informativa
di reato acquisita agli atti col consenso delle parti e allegata al ricorso a questa
Corte, emerge che gli imputati si erano introdotti nel cassone del semirimorchio
dell’autoarticolato furtivamente, senza disporre di documenti validi per l’espatrio,
col chiaro intento di entrare clandestinamente in Europa passando per l’Italia e
avendo come destinazione la Germania.

2. Il sussistente vizio di motivazione impone l’annullamento della sentenza
impugnata cori rinvio per nuovo giudizio, da motivare con argomenti adeguati e
coerenti, al Giudice di pace di Venezia.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Giudice di pace
di Venezia.

Così deciso, in Roma, il 4 luglio 2014.

E manifestamente illogico, per la palese incongruenza tra premesse e

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