Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 41013 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 41013 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SAVANI PIERO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLAVITI GIANANDREA N. IL 10/08/1965
avverso la sentenza n. 1252/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
17/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PIERO SA VANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per pi;,,,,,/àdx.„. ■,,Z,ryvi,

Udito, per la parte civile-, l’Avv
UditeildifensogiAvv.

7/

Data Udienza: 03/06/2014

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Brescia ha riformato, su appello del Procuratore
generale territoriale, la sentenza emessa in data 8 febbraio 2012 dal Tribunale di Bergamo che
aveva prosciolto BELLAVITI Gianandrea, per mancanza di valida querela, dal delitto di furto
semplice per l’esclusione dell’aggravante contestata; l’imputato è stato dichiarato responsabile
del delitto di tentato furto, aggravato dall’uso di mezzo fraudolento, commesso il 30 gennaio
2010, e condannato alla pena ritenuta di giustizia previa applicazione dell’attenuante ex art. 62 n.
4 c.p., ritenuta prevalente sull’aggravante, e la diminuzione per il tentativo.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione e violazione di legge
con riferimento alla ritenuta aggravante, non configurabile nell’essersi nascosto la refurtiva indosso prima di passare le casse, né nell’aver pagato solo parte della merce acquistata; lamenta
poi violazione dell’art. 521 c.p.p. per esser stato ritenuto responsabile del delitto aggravato in relazione ad elementi di fatto, l’occultamento della merce indosso, non contestati a quel titolo, essendo stata l’aggravante contestata solo per il pagamento di parte della merce; erroneamente infine la Corte di merito avrebbe ritenuto procedibile d’ufficio il reato, mentre si sarebbe trattato,
come peraltro ritenuto dal primo giudice, di reato procedibile a querela proposta da soggetto non
legittimato essendo quello solo il vice direttore del supermercato.
Il ricorso è, ad avviso del Collegio, inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Nessuna incidenza può avere sulla vicenda per cui si procede la sentenza delle Sezioni Unite di
questa Corte, 18 luglio 2013, secondo la quale non integra l’aggravante di cui all’art. 625, c. l °,
n. 2 c.p. dell’uso di mezzo fraudolento l’occultamento della merce prelevata dai banchi di esposizione in una borsa o sul corpo dell’agente. Invero, nell’occasione è stato chiarito che
l’aggravante deve essere esclusa nel caso di semplice occultamento della merce trasportata oltre
le casse con modalità ordinarie, ed è rimasta intatta l’area di operatività dell’aggravante laddove
anche il nascondimento sul corpo o in borsa sia assistito da particolari modalità collegate a più
complessi sistemi di inganno dei soggetti, in primis del cassiere, preposti al controllo, quali ad
es. la predisposizione di doppi fondi e di schermature delle borse oppure l’occultamento sul corpo mediante l’uso di fasce o altri capi d’abbigliamento elasticizzati e particolarmente aderenti,
tali da rendere più agevole il trasporto della merce, senza destare sospetto.
Nel caso, del tutto corretta è stata la configurazione dell’aggravante ritenuta in quei termini dal
giudice d’appello in quanto contestata in fatto nella narrativa dell’imputazione, perché il prevenuto con il pagamento di parte della merce, mentre la restante era occultata sul suo corpo, aveva
messo in atto un’azione diversiva articolata che, distraendo l’addetto alle casse e concentrandolo
sulla contabilizzazione della merce presentata per il pagamento, rendeva più difficile potesse
considerare che altra fosse stata occultata per sottrarla al pagamento.
In definitiva, proprio la complsità ed articolazione del comportamento del prevenuto esclude
che il delitto si possa considerare come non aggravato nei termini di cui all’imputazione.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’alt 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 3 giugno 2014.

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