Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40805 del 23/06/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 40805 Anno 2015
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MOSCARELLO ALBERTO N. IL 23/11/1985
avverso la sentenza n. 4344/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 05/03/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 23/06/2015

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato ALBERTO MOSCARELLO ricorre contro la sentenza indicata in
epigrafe (che ne ha confermato la condanna per il reato di ricettazione di
oggetti preziosi ascrittogli alla pena ritenuta di giustizia), lamentando vizio di
motivazione e violazione di legge in relazione all’affermazione di responsabilità.
All’odierna udienza camerale, celebrata ex art. 611 c.p.p., si è preso atto
della regolarità degli avvisi di rito; all’esito questa Corte Suprema ha deciso

Il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di
specificità in tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno
pedissequamente, censure già dedotte in appello e già non accolte: Sez. IV,
sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez.
VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133),
del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi
con i quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette,
nonché esaurienti, logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi
rilevabili in questa sede – ha motivato l’affermazione di responsabilità e la
qualificazione del fatto-reato di ricettazione valorizzando (f. 2 s.)
l’incensurabilmente accertata vendita da parte dell’imputato dei preziosi rubati,
in assenza di indicazioni in ordine al dante causa ed alle modalità delal
ricezione. In tal modo, la Corte di appello si è correttamente conformata anche quanto alla qualificazione giuridica del fatto accertato – al consolidato
orientamento di questa Corte (per tutte, Sez. II, n. 29198 del 25 maggio 2010,
Fontanella, rv. 248265), per il quale, ai fini della configurabilità del reato di
ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere raggiunta anche sulla
base dell’omessa o non attendibile indicazione della provenienza della cosa
ricevuta, la quale è sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento,
logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede; d’altro canto (Sez. II, n.
45256 del 22 novembre 2007, Lapertosa, rv. 238515), ricorre il dolo di
ricettazione nella forma eventuale quando l’agente ha consapevolmente
accettato il rischio che la cosa acquistata o ricevuta fosse di illecita
provenienza, non limitandosi ad una semplice mancanza di diligenza nel
verificare la provenienza della cosa, che invece connota l’ipotesi
contravvenzionale dell’acquisto di cose di sospetta provenienza. Né si richiede
all’imputato di provare la provenienza del possesso delle cose, ma soltanto di
fornire una attendibile spiegazione dell’origine del possesso delle cose
medesime, assolvendo non ad onere probatorio, bensì ad un onere d’

come da dispositivo in atti.

allegazione di elementi, che potrebbero costituire l’indicazione di un tema di
prova per le parti e per i poteri officiosi del giudice, e che comunque possano
essere valutati da parte del giudice di merito secondo i comuni principi del
libero convincimento (in tal senso, Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 35535 del
12 luglio – 26 settembre 2007, CED Cass. n. 236914).

Con tali argomentazioni il ricorrente in concreto non si confronta
adeguatamente, limitandosi a riproporre una diversa “lettura” delle risultanze

documentare nei modi di rito eventuali travisamenti.

La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché – apparendo evidente che egli ha proposto il ricorso
determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte cost., 13 giugno 2000
n. 186) e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa – della somma di
Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 23 giugno 2015

Il Compo ente estensore

Il Presi

probatorie acquisite, fondata su mere ed indimostrate congetture, senza

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