Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40802 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 40802 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da:
– CAMPO PAOLO, n. 12/04/1952 a FAVIGNANA
avverso la sentenza della Corte d’appello di PALERMO in data 29/11/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. P. Canevelli, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per la parte civile, le conclusioni dell’Avv. S. M. Cusenza, che ha chiesto
dichiararsi inammissibile e/o rigettarsi il ricorso, depositando conclusioni scritte e
nota spese;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. D. Buscaino, che ha chiesto
accogliersi il ricorso;

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Data Udienza: 02/07/2014

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RITENUTO IN FATTO

I.:

1. Con sentenza emessa in data 29/11/2013, depositata in data 2/12/2013, la
Corte d’appello di PALERMO, in parziale riforma della sentenza del tribunale di
TRAPANI del 26/02/2013, assolveva CAMPO PAOLO dal reato di cui al capo c)
della rubrica per insussistenza del fatto e, previa esclusione per tutti i capi
residui dell’aggravante di cui all’art. 61, n. 9, c.p., rideterminava la pena sospesa

inflitta al medesimo nella misura di gg. 20 di arresto ed € 9.000,00 di ammenda;
i reati per cui residua condanna, pertanto, riguardano la violazione dell’art. 44,
lett. c), d.P.R. n. 380/2001 (capo a), dell’art. 181, d. Igs. n. 42/2004 (capo b),
dell’art. 64/71 del d.igs. n. 380/2001 (capo d), dell’art. 65/72 del d.P.R. n.
380/2001 (capo e) e dell’art. 93, 94/95, d.p.R. n. 380/2001 (capo f); tutti i fatti
sono stati contestati come commessi in data anteriore e prossima al 29 maggio
2009, data di accertamento.

2. Ha proposto ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza il ricorrente,
a mezzo del difensore cassazionista, deducendo un unico, articolato, motivo di
impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui alla lett. b) dell’art. 606 c.p.p.,
per l’erronea applicazione della legge penale.
In sintesi, la censura attinge l’impugnata sentenza per aver ritenuto configurabili
i reati in questione in assenza di prova di una concreta offensività del paesaggio
dell’intervento edilizio eseguito (un muro), con conseguente violazione dell’art.
49 c.p.; tutt’al più, a seguire l’interpretazione data dalla Corte territoriale, si
potrebbe ritenere che la qualificazione di pericolo presunto si attaglierebbe
esclusivamente all’art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001; non vi sarebbe, quindi,
lesione del bene giuridico, con conseguente richiesta di annullamento
dell’impugnata sentenza per i capi a), b), d) ed e).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

4. Ed invero, al fine di meglio comprendere l’approdo cui è pervenuta questa
Corte, è sufficiente richiamare quanto emerso in sede di merito, onde escludere
la fondatezza del motivo. Dalla sentenza impugnata, in particolare, emerge
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G,

inequivocabilmente la consistenza del manufatto abusivamente realizzato che, a
dispetto di quanto sostenuto dal ricorrente (un muro), si presentava in realtà agli
occhi degli accertatori come di ben più consistente struttura. Dalle risultanze
probatorie, in particolare, emergeva che il ricorrente, sebbene sfruttando la
preesistenza di due muri insistenti nella sua proprietà, aveva realizzato in
Favignana, loc. Cala Grande, un locale delle dimensioni di m. 6×5, in assenza del

vincolo paesaggistico. I giudici di appello, condividendo le argomentazioni
espresse dal primo giudice, hanno dunque correttamente richiamato la
giurisprudenza di questa Corte secondo cui nell’ipotesi di costruzione abusiva
eseguita in zona assoggettata a vincolo storico, artistico, paesistico o
ambientale, per la configurabilità del reato di cui all’art. 44, lett. c) del d.P.R. n.
380/2001 è sufficiente che l’attività abusiva venga operata in una delle zone
anzidette, e non occorre un’effettiva lesione materiale del vincolo, ne’ alcun
accertamento della violazione del bene protetto, poiché la lesione dell’interesse
tutelato è “in re Osa” (Sez. 3, n. 10502 del 18/06/1999 – dep. 03/09/1999,
Casino P ed altro, Rv. 214441; Sez. 3, n. 25174 del 21/05/2009 – dep.
17/06/2009, Buccarello e altro, Rv. 243913).
Ad analoghe conclusioni deve, peraltro, pervenirsi quanto alle ulteriori violazioni
oggetto di contestazione e per le quali è intervenuta condanna, atteso che,
quanto ai reati relativi all’utilizzo del cemento armato, si tratta di previsioni la cui
ratio è quella di consentire alla Pubblica Amministrazione di venire a conoscenza
dell’attività edilizia e di effettuare i dovuti controlli, al fine di escludere ogni
pericolo per l’incolumità pubblica e privata; quanto, infine, alla violazione
paesaggistica contestata, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che il
reato previsto dall’art. 181 del d.lgs 22 gennaio 2004 n, 42, qualificabile come di
pericolo astratto, non richiede ai fini della sua configurabilità un effettivo
pregiudizio per l’ambiente, essendo sufficiente l’esecuzione di interventi in
assenza di preventiva autorizzazione che siano astrattamente idonei ad arrecare
nocumento al bene giuridico tutelato (Sez. 3, n. 6299 del 15/01/2013 dep.
08/02/2013, Sinneon e altro, Rv. 254493). Quanto al capo f) della rubrica, il
ricorso non investe tale imputazione per cui è intervenuta condanna, come del
resto si evince dalla chiara lettura delle conclusioni indicate in cui la difesa ha
chiesto l’annullamento, con o senza rinvio, limitatamente ai capi a), b), d) ed e),
ma non quanto alla lett. f).
Prive di pregio, conclusivamente, si prospettano le argomentazioni difensive
secondo cui si tratterebbe, nel caso in esame, di reato impossibile ex art. 49,
comma 2, c.p., in quanto l’azione posta in essere (non la semplice realizzazione
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permesso di costruire richiesto dal d.p.r. n. 38072001, ed in zona sottoposta a

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di un muro, ma la realizzazione di un manufatto di ben più maggiore
consistenza) era certamente idonea a ledere i beni giuridici oggetto di tutela
penale.

5. Solo per completezza, dev’essere osservato che, avuto riguardo alla data del
commesso reato, il termine di prescrizione dei reati per cui è intervenuta

maggio 2014 dev’essere aumentato di mesi 1 e gg. 10, quale periodo di
sospensione dal 4 dicembre 2012 al 14 gennaio 2013 per rinvio dell’udienza su
istanza del difensore, con conseguente definitiva individuazione del termine di
prescrizione finale alla data dell/8 luglio 2014, data successiva alla decisione di
questa Corte.

6.

Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma

dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1.000,00 (mille/00). Le spese processuali relative all’azione
civile seguono la soccombenza e vanno determinate come da dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile,
Comune di Favignana, liquidate in complessivi euro 2.500, oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma, il 2 luglio 2014

Il

• siglier

– st.

Il Presidente

condanna non è ancora giunto a maturazione; infatti, il termine originario del 29

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