Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40782 del 06/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 40782 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALIGI MARIO N. IL 30/11/1945
avverso la sentenza n. 591/2011 TRIBUNALE di PERUGIA, del
22/10/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO
Udito il Procuratore G.nerale in persona del Dott. CI\00 ■ CcUl4-0 f7,2
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 06/05/2015

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RITENUTO IN FATTO
1. — Con sentenza del 22 ottobre 2014, il Tribunale di Perugia ha condannato
l’imputato alla pena dell’ammenda in relazione al reato di cui all’art. 256, commi 1 e
2, del decreto legislativo n. 152 del 2006, per avere, in qualità di legale
rappresentante di una società, abbandonato e depositato in modo incontrollato sul
suolo rifiuti speciali non pericolosi costituiti da pneumatici, materiali ferrosi, inerti da
demolizione, plastiche, nonché reflui zootecnici (capo 1 dell’imputazione). Lo ha

smaltimento non autorizzato sul suolo di reflui zootecnici mediante spargimento per
una porzione eccessiva sul terreno rispetto alle quantità ammesse dalla loro corretta
utilizzazione agronomica.
2. — Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, deducendo, con un primo motivo di doglianza, l’erronea applicazione
della disposizione incriminatrice, nonché della delibera della Giunta regionale
dell’Umbria del 6 settembre 2006, n. 1492, artt. 4 e 7. Quanto alla percolazione, si
sostiene che, ai sensi del richiamato art. 4 della delibera della Giunta regionale, la
stessa può avere per oggetto solo terreni in cui sono localizzate falde freatiche ad una
profondità inferiore a due metri dal piano di campagna. Nessuna verifica sulla
presenza di falde freatiche sarebbe stata, però, condotta nel caso di specie E, anzi,
l’istruzione dibattimentale avrebbe evidenziato l’irrilevanza sul piano quantitativo del
versamento proveniente dalla stalla della società dell’imputato, senza che Tribunale
abbia preso in considerazione tale aspetto.
Con un secondo motivo di doglianza, si rileva l’erronea applicazione della
disposizione incriminatrice, per la mancata considerazione del fatto che parte dei rifiuti
provenivano da un capannone dell’imputato il cui tetto giorni prima era stato divelto
da una tromba d’aria. Si lamenta, in particolare che il Tribunale, pur avendo dato per
vera tale circostanza, ha comunque ritenuto responsabile l’imputato per il reato.
Quanto agli altri rifiuti, diversi dai liquami e da quelli provenienti dalla distruzione del
capannone ad opera della tromba d’aria, il Tribunale asserisce che questi erano
ammassati da tempo nel terreno dell’imputato sulla scorta di un ragionamento
deduttivo fondati sulle asserzioni di un testimone e sulla documentazione fotografica.
Non si sarebbe considerato, invece, che l’accumulo di tali materiali dipendeva proprio
dall’urgenza di spostarli dal capannone danneggiato dal rischio di crollo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. — Il ricorso è inammissibile.

invece assolto, per insussistenza del fatto, dal reato di cui al capo 2, relativo allo

Le censure del ricorrente si risolvono per lo più – come si vedrà – nella generica
richiesta di una reinterpretazione del quadro probatorio, che potrebbe, a tutto voler
concedere, concretizzarsi in un riesame del merito del provvedimento impugnato,
precluso in sede di legittimità. Deve, infatti, farsi richiamo alla consolidata
giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il controllo sulla motivazione demandato
al giudice di legittimità resta circoscritto, in ragione della espressa previsione
normativa dell’art. 606, primo comma, lettera

e),

cod. proc. pen., al solo

a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non può risolversi in una diversa
lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o dell’autonoma
scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in ordine alla ricostruzione e valutazione dei
fatti (ex plurimis, tra le pronunce successive alle modifiche apportate all’art. 606 cod.
proc. pen. dalla legge 20 febbraio 2006, n. 46: sez. 6, 29 marzo 2006, n. 10951; sez.
6, 20 aprile 2006, n. 14054; sez. 3, 19 marzo 2009, n. 12110; sez. 1, 24 novembre
2010, n. 45578; sez. 3, 9 febbraio 2011, n. 8096).
3.1. — Il primo motivo di doglianza, relativo ai liquami animali presenti sul sito,
è inammissibile per genericità. La presenza di liquami zootecnici provenienti da una
delle vasche delle stanze costituisce effettivamente una parte del tutto marginale, sia
nell’imputazione, sia nell’economia motivazionale della sentenza impugnata, del
contestato abbandono e deposito incontrollato sul suolo di rifiuti. Si tratta, peraltro, di
un fatto la cui sussistenza è dimostrata — secondo il corretto giudizio del Tribunale —
sulla base della documentazione contenuta nel fascicolo fotografico. Né può trovare
applicazione nel caso di specie la richiamata delibera della Giunta della Regione
Umbria del 6 settembre 2006, n. 1492, perché tale delibera si riferisce all’utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento. Essa non viene, perciò, in rilievo con
riferimento al capo 1 dell’imputazione, in presenza di un versamento non giustificato,
neanche in via di mera prospettazione difensiva, sulla base dell’utilizzazione
agronomica. La linea di discrimine fra il capo 1 e il capo 2 dell’imputazione è, infatti,
proprio quella dell’utilizzazione agronomica dei, che rileva solo in relazione al capo 2,
per il quale vi è stata assoluzione, per insussistenza del fatto. E, del resto, la pratica
della fertirrigazione, quale presupposto di sottrazione delle deiezioni animali alla
disciplina sui rifiuti, richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle
aree interessate dallo spandirnento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli
effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in
secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la

accertamento sulla congruità e coerenza dell’apparato argomentativo, con riferimento

fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per
caduta a fine ciclo vegetativo (ex multis, sez. 3, 17 gennaio 2012, n. 5039, rv.
251973; sez. 3, 22 gennaio 2013, n. 15043, rv. 255248). Si tratta — come anticipato
— di presupposti la cui sussistenza non è stata neanche prospettata con riferimento ai
reflui di cui al capo 1 dell’imputazione.
3.2. – Parimenti generico è il secondo motivo di doglianza. Con esso ci si limita,
infatti, a sostenere che una parte dei rifiuti provenivano da un fabbricato il cui tetto

preso in considerazione dal giudice di merito, il quale – per contro — dà atto del fatto
che vi erano numerose zone dell’azienda in cui erano collocati alla rinfusa rifiuti di ogni
genere, certamente non provenienti da tale fabbricato, come risulta dagli
accertamenti svolti dalla polizia giudiziaria e dalla documentazione fotografica. Né
poteva esservi dubbio sul fatto che tali rifiuti non fossero destinati a riutilizzazione e
che il loro deposito non fosse temporaneo. Si trattava — prosegue il Tribunale nella
sua corretta ricostruzione della fattispecie — di oggetti ammassati alla rinfusa e senza
alcun discrimine fra le varie tipologie, nonché senza alcuna precauzione per la loro
custodia. Sopra ad alcuni di tali oggetti era addirittura cresciuta vegetazione;
elemento sintomatico della loro presenza sul posto da molto tempo.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 maggio 2015.

era stato divelto da una tromba d’aria nei giorni precedenti. Si tratta di un profilo già

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