Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40774 del 05/05/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 40774 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Falconieri Alessandro, nato il 7 dicembre 1965
avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 24 ottobre 2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro M. Andronio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale
Francesco Salzano, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Massimiliano Meda.

Data Udienza: 05/05/2015

RITENUTO IN FATTO

v

1. – Con sentenza del 24 ottobre 2014, la Corte d’appello di Milano ha
confermato, quanto alla responsabilità penale, la sentenza del Tribunale di Milano del
4 marzo 2013, con la quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui all’art10-ter del decreto legislativo numero 74 del 2000, perché non aveva versato, entro il
termine previsto per il pagamento dell’acconto Iva relativo al periodo d’imposta
successivo, l’Iva dovuta in base alla dichiarazione annuale per il periodo di imposta

sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2014, ha diminuito la pena fino al
minimo, a fronte di una nuova soglia di punibilità di euro 103.291,38.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso
per cassazione, deducendo: 1) la manifesta illogicità della motivazione, sul rilievo che
la somma dovuta al momento del pagamento dell’acconto Iva per il periodo successivo
era inferiore alla soglia di punibilità; 2) la manifesta illogicità della motivazione circa
l’elemento soggettivo, perché non si sarebbe tenuto conto delle difficoltà economiche
dell’imputato; 3) la mancata considerazione dell’accordo di rateizzazione tra l’imputato
ed Equitalia, stipulato prima dell’emissione del decreto penale di condanna.
La difesa ha depositato in cancelleria una memoria contenente motivi nuovi, con
cui si chiede l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.,
introdotto dal decreto legislativo n. 28 del 16 marzo 2015, con conseguente
annullamento della sentenza impugnata. Si sostiene, in particolare, che sarebbero
rilevanti a tal fine l’entità dell’importo non pagato, di poco superiore alla soglia di
punibilità, e il piano di rateizzazione concordato con Equitalia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, perché basato su doglianze formulate in modo
non specifico.
3.1. – Il ricorrente, infatti, non spiega le ragioni per cui la somma dovuta
sarebbe inferiore alla soglia di punibilità, non richiamando a tale proposito gli atti di
causa e non effettuando, neanche in via di mera ipotesi alternativa, alcun calcolo. Del
resto, i suoi riferimenti all’avvenuto pagamento dell’acconto Iva per il periodo di
imposta successivo (2008) non hanno alcuna rilevanza, perché oggetto della
contestazione non è l’omesso versamento di tale acconto, ma l’omesso versamento
dell’imposta già calcolata dallo stesso imputato a titolo definitivo in relazione all’anno
2007. Del pari, la difesa neanche compiutamente prospetta elementi a supporto di
una pretesa situazione di dissesto dell’imputato, tale da far venire meno l’elemento
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2007, per l’ammontare di euro 112.124,00. La Corte d’appello, tenuto conto della

soggettivo del reato. Quanto, infine, alla rateizzazione del debito, la stessa — anche a
prescindere dalla genericità della documentazione prodotta con il ricorso a suo
supporto, la quale fa riferimento a titoli di debito la cui corrispondenza con quelli per il
quale qui si procede non è verificabile con certezza — è del tutto irrilevante, in
mancanza della prospettazione dell’avvenuto pagamento, anche parziale, di quanto
dovuto.
3.2. – Resta da esaminare la questione — sollevata con memoria pervenuta a
questa Corte in data odierna — dell’applicabilità, nella fattispecie, della causa di non
punibilità ora prevista dall’art. 131 bis cod. pen., introdotto dal d.lgs. n. 28 del 2015.
La natura sostanziale dell’istituto di nuova introduzione implica la possibilità di
applicare la nuova disposizione anche ai procedimenti in corso al momento della sua
entrata in vigore, per la retroattività della legge più favorevole, secondo quanto
stabilito dall’art. 2, comma 4, cod. pen. Può anche ritenersi che la questione della
particolare tenuità del fatto sia proponibile anche nel giudizio di legittimità, tenendo
conto di quanto disposto dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen.: si tratta, nel caso di
specie, di questione che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, non
essendo ancora entrata in vigore la relativa disciplina. L’applicabilità dell’art. 131 bis
cod. pen. presuppone, tuttavia, valutazioni di merito, oltre che la necessaria
interlocuzione dei soggetti interessati. Da ciò consegue che, nel giudizio di legittimità,
dovrà preventivamente verificarsi la sussistenza, in astratto, delle condizioni di
applicabilità del nuovo istituto, procedendo poi, in caso di valutazione positiva,
all’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice del merito affinché
valuti se dichiarare il fatto non punibile. E la causa di non punibilità potrà ritenersi
sussistente solo in presenza del duplice requisito della particolare tenuità dell’offesa
della non abitualità del comportamento, dovendosi desumere la particolare tenuità
dell’offesa dalle modalità della condotta e dall’esiguità del danno o del pericolo, da
valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 cod. pen., ovvero: natura, specie,
mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione, gravità del danno o
del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato intensità del dolo o grado della
colpa (sez. 3, 8 aprile 2015, n. 15449, rv. 263308; sez. 3, 22 aprile 2015, n. 21474,
rv. 263693).
Nel caso di specie, la causa di non punibilità di cui all’art. 131

bis cod. pen.,

introdotta dal d.lgs. n. 28 del 2015, risulta manifestamente insussistente, sia in forza
di quanto sopra osservato circa la rateizzazione del debito tributario, sia in ragione
dell’ammontare del debito stesso, di euro 112.124,00, che supera di circa euro

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9000,00 la soglia di punibilità di euro 103.291,38 fissata dalla disposizione
incriminatrice con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, a seguito
della sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2014. Si tratta, dunque, di una
fattispecie non particolarmente tenue sul piano oggettivo, anche in considerazione del
fatto che il grado di offensività che dà luogo a sanzione penale è già stato valutato dal
legislatore — con il correttivo apportato dalla Corte costituzionale — nella
determinazione della soglia di punibilità; cosicché potrebbe essere ritenuta di

4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale
e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte
abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 5 maggio 2015.

particolare tenuità solo un’omissione di ammontare vicinissimo a tale soglia.

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