Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40763 del 30/04/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 40763 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: ACETO ALDO

SENTENZA

sui ricorsi proposti da
1. Fapanni Carlo, nato a Brescia il 07/05/1962,
2. Lonati Aldo, nato a Brescia il 03/09/1950,
3. Maccarinelli Stefano, nato a Gavardo (BS) il 27/04/1979,
4. Montini Fiorella, nata a Villa Carcina (BS) il 28/08/1958,
5. Pappalardo Maurizio, nato a Castellammare di Stabia (NA) il 07/11/1959,
6. Parisi Antonino Augusto, nato a Sonico (BS) il 18/06/1968,
7. Salamone Silvestre, nato a Comitini (AG) il 04/01/1954,

avverso la sentenza del 07/04/2014 della Corte di appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Aldo Aceto;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Enrico
Delehaye, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi proposti da Fapanni
Carlo, Lonati Aldo e Maccarinelli Stefano e chiedendo l’annullamento con rinvio
ad altra sezione della Corte di appello di Brescia nei confronti degli altri ricorrenti
limitatamente al trattamento sanzionatorio;

Data Udienza: 30/04/2015

udito per gli imputati Parisi Antonio e Salamone Silvestre l’avv. Veronica Zanotti,
anche quale sostituto processuale dell’avv. Alessandro Brizzi, difensore di fiducia
del Salamone, che ha concluso chiedendo raccoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1.1 sigg.ri Fapanni Carlo, Lonati Aldo, Maccarinelli Stefano, Montini Fiorella,
Pappalardo Maurizio, Parisi Antonino Augusto e Salamone Silvestre ricorrono per

che, in parziale riforma della sentenza del 13/05/2013 resa dal Giudice per
l’udienza preliminare del Tribunale di quello stesso capoluogo all’esito di giudizio
abbreviato, pur avendo diminuito le pene inflitte a Lonati Aldo, Montini Fiorella e
Salamone Silvestre e assolto Pappalardo Maurizio dal solo reato di cui al capo 97
della rubrica, rideterminando di conseguenza la maggior pena a quest’ultimo
inflitta in primo grado, ha comunque confermato, nel resto, l’affermazione della
loro penale responsabilità per i reati di cui all’art. 73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309 e le condanne inflitte al Fapanni ed al Maccarinelli per il medesimo reato.

2.Fapanni Carlo e Lonati Aldo eccepiscono, con distinti ricorsi, erronea
applicazione dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione in ordine
all’affermazione della loro penale responsabilità.

3.Maccarinelli Stefano eccepisce l’inosservanza degli artt. 27 e 111, Cost. e
192, cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza del reato continuato di cui al capo 34, sub lett. a) e b) della rubrica.

4.Montini Fiorella eccepisce la nullità della sentenza per mancanza e
contraddittorietà della motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio con
riferimento, in particolare, alla mancanza di motivazione circa l’omesso
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche anche per i reati satellite.

5.Pappalardo Maurizio articola due motivi.
5.1. Con il primo eccepisce l’inosservanza degli artt. 81, cpv., cod. pen., e
597, commi 3 e 4, cod. proc. pen..
5.2.Con il secondo eccepisce mancanza di motivazione in ordine
all’applicazione della misura di sicurezza della sorveglianza speciale per un anno.

6.Parisi Antonino Augusto eccepisce l’erronea applicazione della legge penale
e vizio di motivazione sotto i vari profili: a) dell’affermazione della sua
responsabilità per i reati di cui ai capi 228, 229, 231 e 242 della rubrica; b) del
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l’annullamento della sentenza del 07/04/2014 della Corte di appello di Brescia

grave ed immotivato trattamento sanzionatorio inflitto per i reati di cui all’art.
73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990; c) del mancato riconoscimento della
continuazione tra i reati di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 e quello di cui al
capo 229 della rubrica (resistenza a pubblico ufficiale e lesioni volontarie).

7.Salamone Silvestre articola tre motivi di ricorso.
7.1. Con il primo eccepisce mancanza, contraddittorietà e manifesta
illogicità della motivazione come risulta dal testo del provvedimento impugnato e

7.2. Con il secondo ed il terzo eccepisce inosservanza dell’art. 133, cod.
pen., e vizio di motivazione del trattamento sanzionatorio, nonché violazione
dell’art. 2, cod. pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

8.11 ricorso del Lonati, condannato dalla Corte di appello alla minor pena di
10 mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del
1990, è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi di impugnazione,
essendosi l’imputato limitato a reiterare, in questa sede di legittimità, le
medesime censure di fatto sollevate in sede di appello, superate dalla sentenza
impugnata con argomentazioni logiche e convincenti che il Lonati non considera
affatto. Anche le censure in tema di trattamento sanzionatorio sono
assolutamente generiche perché la Corte territoriale, con motivazione esaustiva
e coerente con i fatti accertati, ha indicato nel non modesto quantitativo di droga
ceduta (10 grammi di cocaina) e nei plurimi precedenti dell’imputato, le ragioni,
insindacabili in questa sede, del diniego della concessione delle circostanze
attenuanti generiche.

9.11 ricorso del Fapanni è inammissibile perché generico e proposto per
motivi non consentiti dalla legge.
L’imputato, infatti, indica le ragioni di fatto per le quali, a suo giudizio,
avrebbe dovuto essere assolto dal reato di cui al capo 273 della rubrica
(acquisto, a fine di cessione, dì 500 grammi di cocaina), inammissibilmente
facendo riferimento alle prove raccolte in sede di giudizio e genericamente
reiterando, alla lettera, le doglianze già contenute nell’atto di appello che
prescindono completamente dalle articolate argomentazioni profuse dai Giudici
distrettuali per confutarle.

10. Il ricorso del Salamone è fondato per quanto di ragione.
10.1. Il primo motivo di ricorso è generico e totalmente infondato.

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dal confronto con altri atti del processo.

10.2.L’imputato risponde dei fatti-reato compendiati ai capi 228, 231, 233
(in quest’ultimo assorbito quello di cui al capo 244) e 235, tutti, tranne l’ultimo,
commessi in concorso con il Parisi Antonino Augusto.
10.3.Si tratta, in particolare, di singoli episodi di acquisto di sostanza
stupefacente del tipo cocaina fornita da Halitovic Safet (che la lavorava per ben
maggiori quantitativi in un capannone al cui interno erano stati collocati
strumenti per l’intercettazione delle conversazioni) e destinata al successivo
smercio ad opera del Parisi e del Silvestre stesso, dopo che la stessa era stata

Annamaria.
10.4.L’innputato ha sempre ammesso di aver acquistato per il proprio
consumo personale, negando la finalità del successivo spaccio, ma nel
supportare questa tesi difensiva propone, anche in questa sede, la stessa analisi
parcellizzata dei singoli episodi criminosi (e degli elementi di prova che li
supportano) già stigmatizzata e superata dalla Corte territoriale con
considerazioni logiche e argomenti fattuali dai quali l’imputato prescinde del
tutto.
10.5.La posizione del Salamone è stata infatti valutata dalla Corte di appello
congiuntamente a quella del Parisi e di Gatti Annalisa in considerazione, come
detto, del loro comune riferimento alla persona dell’Halitovic.
10.6.Le ragioni della condanna si fondano sulla valutazione congiunta di più
indizi ritenuti dalla Corte territoriale univocamente convergenti verso la prova
della effettiva sussistenza dei reati ascritti al Salamone (e al Parisi).
10.7.Questi, in particolare, gli elementi valorizzati in sede di merito:
a) la comune frequentazione ed i continui contatti telefonici tra Halitovic,
Salamone, Parisi e Gatti, compagna del Parisi;
b) gli stretti rapporti tra il Salamone ed il Parisi, tanto che quest’ultimo
venivi anche indicato con l’appellativo di

“segretario” del primo del quale

utilizzava l’utenza telefonica;
c) l’utilizzo, da parte dell’Halitovic, di un capannone affittato a nome della
compagna, Busi Annamaria, adibito a laboratorio per la lavorazione di grossi
quantitativi di sostanza stupefacente (come accertato a seguito della
perquisizione che vi fu effettuata nel mese di aprile 2009 che a sua volta
riscontrava il contenuto di conversazioni intercorse al suo interno);
d) l’episodio occorso tra il 5 e il 6 febbraio 2009, circa due ore dopo che il
Salamone, il Parisi e l’Halitovic si erano incontrati in piena notte con una terza
persona, allorquando il Parisi, intercettato casualmente da una pattuglia della
Polizia di Stato e per sottrarsi all’alt, nel darsi alla fuga aveva volontariamente
provocato il danneggiamento dell’autovettura di servizio mandata a schiantarsi

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lavorata da Gatti Annalisa insieme con la compagna dell’Halitovic, Busi

contro un muro (circostanza della quale il Parisi si sarebbe immediatamente
vantato con il Salamone, subito avvertito alle ore 3,42 del 6 febbraio 2009);
e)

l’urgenza stessa della comunicazione e la preoccupazione

immediatamente mostrata dal Salamone che non fosse stata inseguita la “terza
persona”, rassicurato in tal senso dal Parisi;
f)

la conversazione intercorsa alle ore successive 4,25 tra l’Halitovic

(rientrato dopo l’incontro nel proprio capannone) ed una terza persona che
aveva chiesto al suo interlocutore il numero di telefono del Salamone perché

g) la non plausibilità delle giustificazioni fornite dal Parisi a spiegazione di
una reazione oggettivamente sproporzionata rispetto al dedotto timore di subire
il sequestro dell’auto perché priva di copertura assicurativa, e la totale mancanza
di spiegazioni alternative della propria condotta da parte del Salamone;
h) le conversazioni intercorse l’11/02/2009 tra la Gatti, la Busi e l’Halitovic
dalle quali risulta che, con linguaggio criptico e privo di senso ragionevolmente
alternativo (“la pentola grossa”, il “brodo”, “il bollito”, “le pastiglie”, il timore di
un’irruzione della Polizia espresso dalla Gatti) quest’ultima era stata invitata a
recarsi presso l’abitazione della Busi per lavorare un grosso quantitativo di
stupefacente;
i) la conversazione intercorsa alle ore 18,50 del 13/02/2009 all’interno del
capannone tra l’Halitovic e una terza persona nel corso della quale il primo,
impegnato ad illustrare la qualità di stupefacente e la quantità ricavabile dal
taglio, aveva affermato che un quantitativo corrispondente all’importo di 2000
euro era destinato al Salamone che, alle ore 23,59 di quello stesso giorno,
utilizzando l’utenza telefonica del Parisi, che aveva chiamato l’Halitovic
chiedendogli con “quanti poteva passare” (ricevendo come risposta “con quanti
voleva”), aveva a sua volta chiesto se poteva passare (ottenendo risposta
positiva);
j)

l’episodio del 14/02/2009 allorquando il Parisi, sollecitato da alcuni

soggetti che il Parisi stesso aveva telefonicamente pregato di attendere, aveva a
sua volta sollecitato l’Halitovic a raggiungere il Salomone che lo stava
aspettando, incaricandosi lui stesso (Parisi) di andare a prendere quel che
serviva;
k) la successiva richiesta, fatta dal Parisi alla Gatti, di preparare “la carne”;
I) le conversazioni intercorse tra Parisi, Gatti e Halitovic immediatamente
dopo la perquisizione domiciliare del 16/02/2009 e l’arresto del Salamone
trovato in possesso di merce di provenienza illecita, nel corso delle quali il Parisi
aveva affermato che non era stato rinvenuto quel che lui stesso aveva
ottimamente nascosto nell’abitazione dell’amico e che in ogni caso, su
sollecitazione di un preoccupato Halitovic, avrebbe provveduto a far sparire;
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doveva avvertirlo che aveva i soldi al seguito;

m)

l’attività di spaccio proseguita dal Parisi anche dopo l’arresto del

Salamone;
n)

le inverosimili spiegazioni fornite dal Parisi che aveva affermato di

frequentare il capannone dell’Halitovic per portargli da mangiare
o) l’accertata detenzione, da parte della Gatti, di gr. 730 di hashish e di
sostanza destinata al taglio della cocaina rinvenuti in sede di arresto della donna.
10.8.11 Salamone, come detto, propone una valutazione analitica e
atomistica dei singoli episodi, rifuggendo dalla lettura organica e complessiva che

e della Gatti.
10.9.L’imputato preferisce cogliere alcuni aspetti di ogni singolo episodio,
estrapolarli dal contesto, darne una lettura parziale, denunziarne incongruenze e
ambiguità che però non tengono conto del quadro di insieme. Il metodo seguito
dal ricorrente è chiaro: la valutazione parcellizzata degli indizi relativi a ciascun
singolo episodio evitando di attingere a quadro d’insieme. Egli, insomma, oppone
un metodo ricostruttivo del tutto diverso da quello utilizzato dalla Corte
territoriale evitando anzi di confrontarsi con la logica seguita dai Giudici di merito
nel riannodare i fili dell’ordito motivazionale che spiega le ragioni della condanna.
10.10.11 che rende generico il primo motivo di ricorso e manifestamente
infondato.
10.11.Le conclusioni della Corte territoriale non sono manifestamente
illogiche avuto riguardo alle premesse di fatto e alle argomentazioni svolte come
sopra ampiamente illustrate.
10.12.E’ invece fondato il secondo motivo di ricorso.
10.13.L’imputato, previa qualificazione dei fatti in termini di lieve entità di
cui all’allora vigente art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 e ritenuta la
circostanza attenuante equivalente alla contestata recidiva, era stato condannato
in primo grado alla pena, ridotta per il rito, di quattro anni e quattro mesi di
reclusione.
10.14.La Corte di appello, tenuto conto della sopravvenuta modifica
normativa dell’art 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, trasformato in ipotesi
autonoma di reato ad opera dell’art. 2, comma 1, lett. a), d.l. 23 dicembre 2013,
n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, non ha
applicato la recidiva ed ha condannato l’imputato alla minor pena di tre anni e
tre mesi di reclusione così determinata: pena base quattro anni e tre mesi di
reclusione ed C 18.000,00 di multa, aumentata per continuazione a quattro anni
e nove mesi di reclusione ed C 21.000,00 di multa , diminuita per la scelta del
rito nei termini sopra indicati.
10.15.La pena base applicata è prossima al massimo edittale del “nuovo”
reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, rendendo perciò
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fa la Corte di appello nella valutazione congiunta anche della posizione del Parisi

necessaria una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena
irrogata, che non può essere integrata da generiche considerazioni secondo le
quali, per superare gli specifici argomenti difensivi spesi sul punto, si è tenuto
conto «della reiterazione delle condotte criminose in un ristretto arco
temporale e dell’inserimento del Salomone in un ambito di stabile spaccio»
(cfr., sul punto, Sez. 4, n. 27959 del 18/06/2013, Pasquali, Rv. 258356; Sez. 2,
n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596).
10.16.Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata,

Corte di appello di Brescia che terrà conto del nuovo (e più favorevole) regime
sanzionatorio nelle more introdotto dalla legge 16 maggio 2014, n 79 che ha
convertito, con modificazioni, l’art. 1, comma 24-ter, lett. a), d.l. 20 marzo 2014,
n. 36.

11.11 ricorso del Parisi è generico e manifestamente infondato quanto
all’affermazione della propria responsabilità.
11.1. Non diversamente da quanto già rilevato in sede di esame del ricorso
del Salamone, l’imputato predilige una lettura parziale e atomistica, imputazione
per imputazione, del materiale probatorio, prescindendo dal quadro di insieme e
dalla valutazione globale dei fatti che ne fa la Corte territoriale nei termini sopra
illustrati ed anzi proponendo lo stesso metodo ricostruttivo della vicenda respinto
dalla sentenza impugnata, che supera le eccezioni difensive valutandole nel più
ampio contesto di rapporti e di condotte totalmente negletti dall’imputato in
questa sede di legittimità.
11.2.E’ invece fondato il motivo relativo al trattamento sanzionatorio, inflitto
al Parisi negli stessi termini riservati al Salamone, con la seguente motivazione:
«ragioni di omogeneità di trattamento rispetto al coimputato Salomone (…)
rilevata ripetizione delle condotte illecite in un breve arco temporale».
11.3.Ne consegue che anche nei confronti del Parisi la sentenza deve essere
annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia per le
stesse ragioni già indicate in sede di esame di analogo motivo di ricorso del
Salomone.
11.4.E’ infondato il terzo motivo di ricorso.
11.5.L’esistenza di un medesimo disegno criminoso è ravvisabile solo
allorché risulti che le plurime azioni del reo siano espressione di un unico
programma di intenzioni che le abbia considerate anche solo in linea di massima
o come ipotesi eventuali o genericamente incluse nelle linee fondamentali della
preventiva rappresentazione, senza necessità che siano frutto di una precisa e
dettagliata ideazione, nell’ambito di un progetto criminale esattamente
individuato e dal contenuto definito in ogni sua parte. Ne consegue che non è
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limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della

configurabile continuazione tra un delitto e un altro commesso in occasione
dell’esecuzione del primo, non programmato “ah origine” neanche come ipotesi
eventuale, che si pone come un incidente di percorso dovuto a ragioni
sopravvenute, se pur in qualche modo ricollegabili al reato per così dire
principale (Sez. 2, n. 2611 del 18/01/1993, Bergamaschi, Rv. 193576; cfr. anche
Sez. 1, n. 4267 del 12/01/1976, Bruzzone, Rv. 133056; Sez. 1, n. 5966 del
19/10/1987, Battaglino, Rv. 178404).
11.6.Nel caso di specie, l’eccezione sollevata dal ricorrente si risolve, sul

pubblici ufficiali che si erano posti al suo inseguimento dal piano delittuoso
relativo alla cessione di stupefacente. Tale esclusione si fonda su circostanze di
fatto che non rendono manifestamente illogiche le conclusioni della Corte
territoriale: un controllo su strada può essere certamente evenienza prevedibile,
non lo è affatto la deliberata scelta di fuggire opponendo resistenza e
provocando volontariamente lesioni agli occupanti dell’autovettura.

12.Montini Fiorella ha riportato condanna per 13 reati, tutti relativi alla
violazione dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 (acquisti e detenzione a fini di
cessione e cessione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, effettuati, in
esecuzione di un’unico disegno criminoso, nell’arco di tempo che va dal
05/03/2009 al 19/11/2009). Per 11 di essi è stata ritenuta l’ipotesi lieve di cui al
comma quinto dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990.
12.1.In primo grado le era stata applicata la pena finale, già diminuita per il
rito, di sei anni e quattro mesi di reclusione ed C 32.000,00 di multa.
12.2.La Corte di appello, in accoglimento del gravame interposto
dall’imputata, ha ritenuto quest’ultima meritevole delle circostanze attenuanti
generiche in considerazione del comportamento tenuto successivamente ai fatti
ed, in particolare, della sua volontà di reinserimento sociale. Ha quindi
rideterminato la pena per il reato più grave nella misura di sei anni e nove mesi
di reclusione ed C 27.000,00 di multa, l’ha diminuita per la concessione delle
circostanze attenuanti generiche ed ha lasciato inalterati gli aumenti per i reati
satellite.
12.3.Le circostanze attenuanti generiche sono state riconosciute per motivi
che attengono alla personalità dell’imputata ed, in particolare, al comportamento
tenuto successivamente a tutti i reati e, dunque, per ragioni che sono comuni ad
essi o che comunque dovrebbero coerentemente essere ritenute tali.
12.4.Ne consegue che il mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche anche per i reati satellite viola, nel caso di specie, il divieto
di “reformatio in pejus”, non essendo coerente giustificare il mantenimento degli
stessi aumenti di pena con ragioni di adeguamento della pena «alle
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piano fattuale, nell’esclusione della condotta di lesioni volontarie a danno dei

caratteristiche dei fatti>> e dunque con motivazioni estrinseche al “premio”
riconosciuto all’imputata per il comportamento tenuto dopo tutti i fatti.
12.5.Ne consegue che la sentenza impugnata deve essere annullata, sul
punto, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.

13.11 ricorso del Maccarinelli è inammissibile perché generico e
manifestamente infondato.
13.1.L’imputato è stato ritenuto dai Giudici di merito responsabile del reato

1990, rubricato al capo 34A-B della rubrica, per aver acquistato in più occasioni
da Orrù Bruno, ed a fine di spaccio, complessivamente mezzo chilo di cocaina nel
periodo di tempo che va dal settembre 2006 all’aprile 2008, ed un ulteriore
mezzo chilo nel mese di luglio 2008.
13.2.La ribadita affermazione della sua penale responsabilità si fonda sulle
dichiarazioni eteroaccusatorie rese dall’Orrù (che nel frattempo aveva intrapreso
un percorso di collaborazione), ritenuto pienamente attendibile anche dai Giudici
distrettuali, ma anche su quelle autoaccusarorie del tutto liberamente e
spontaneamente rese dallo stesso imputato ai Carabinieri di Nuvolento il
27/06/2008, ancorché successivamente ritrattate, che riscontravano quelle
dell’Orrù e si riscontravano, a loro volta, con altri elementi di prova.
13.3.L’imputato contesta l’attendibilità dell’Orrù ma nel far ciò seleziona, in
questa sede di legittimità, solo uno degli argomenti devoluti alla Corte di appello
(i contatti telefonici con il trafficante), lasciando così cadere tutti gli altri e in ogni
caso non prendendo posizione alcuna, se non in modo generico, sulla genesi e
modalità delle sue stesse dichiarazioni autoaccusatorie e sulla loro idoneità a
riscontrare, a loro volta, quelle rese dal collaboratore.
13.4.In ogni caso, tutte le censure sollevate dal ricorrente attingono a profili
fattuali che vengono inammissibilmente sottoposti alla diretta valutazione di
questa Suprema Corte senza alcuna denuncia di travisamento della prova.
13.5.Ne consegue che il ricorso del Maccarinelli deve essere dichiarato
inammissibile.

14.11 ricorso del Pappalardo è fondato per quanto di ragione.
14.1. L’imputato risponde di vari reati di acquisto a fine di spaccio di
sostanza stupefacente del tipo cocaina e cessione a terzi di non modiche quantità
della medesima sostanza, commessi da epoca prossima al gennaio 2009 fino
all’agosto dello stesso anno, e rubricati ai capi 97, 105, 107, 109 e 285
dell’imputazione.
14.2.In primo grado l’imputato era stato condannato alla pena di otto anni,
dieci mesi e venti giorni di reclusione ed € 40.000,00 di multa.
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continuato di cui agli artt. 81, cpv., cod. pen., 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del

14.3.In sede di appello è stato assolto da uno dei reati satellite (capo 97) e
il trattamento sanzionatorio, applicate le circostanze attenuanti generiche, è
stato rideterminato in misura complessivamente inferiore a quello inflitto in
primo grado (cinque anni e dieci mesi di reclusione ed € 26.000,00 di multa).
14.4.Tuttavia la Corte di appello ha applicato aumenti maggiori per i reati
satellite di cui ai capi 105 e 107 spiegandoli con la necessità di adeguare il
trattamento sanzionatorio alla particolare gravità delle condotte ivi descritte.
14.5.In questo modo, però, la pena inflitta in primo grado non è stata

14.6.Come già affermato da questa Suprema Corte, nel giudizio di appello il
divieto di “reformatio in peius” della sentenza impugnata dall’imputato non
riguarda solo l’entità complessiva della pena, ma tutti gli elementi autonomi che
concorrono alla sua determinazione (Sez. U, n. 40910 del 27/09/2005, William
Morales, Rv. 232066; Sez. 4, n. 47341 del 28/10/2005, Salah, Rv. 233177; Sez.
6, n. 36573 del 04/07/2012, Bonsignore, Rv. 253377; Sez. 2, n. 45973 del
18/10/2013, Rv. 257522), sicché viola tale divieto il giudice dell’appello che
assolvendo l’imputato da uno dei reati satellite aumenti la pena inflitta per gli
altri pur applicando una pena complessivamente inferiore a quella comminata in
primo grado (in termini, Sez. 3, n. 17113 del 16/12/2014, Rv. 263387, secondo
la quale viola il divieto della “reformatio in peius” di cui all’art. 597, comma
quarto, cod. proc. pen., il giudice di appello che, pur diminuendo
complessivamente la pena, a seguito di assoluzione parziale da uno o più capi di
imputazione ovvero di eliminazione di una circostanza aggravante che abbia
influito sul calcolo della pena finale, operi un diverso computo delle pene
intermedie per effetto del vincolo della continuazione, in misura maggiore
rispetto a quella fissata dal giudice di primo grado; cfr. anche Sez. 5, n. 14991
del 12/01/2012, Rv. 252326).
14.7.E’ invece generico e manifestamente infondato il secondo motivo di
ricorso.
14.8.La Corte di appello indica le ragioni per cui ha ritenuto di mantenere
ferma la statuizione sulla misura di sicurezza applicata all’imputato, spiegandole
con la ricorrenza e gravità dei precedenti, anche prossimi, dell’imputato, che
provano la sua stabile collocazione nel mondo della devianza.
14.9.L’imputato contesta che la Corte territoriale non ha fornito compiuto
risposta ai rilievi contenuti nell’atto di appello ma, in violazione del principio di
autosufficienza del ricorso, non indica quali specifiche questioni fossero state
devolute alla Corte e sarebbero state del tutto trascurate.
14.10.La sentenza dunque deve essere annullata limitatamente al solo
trattamento sanzionatorio, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di
Brescia.

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“corrispondentemente” diminuita (art. 597, comma 4, cod. proc. pen.).

15.Alla declaratoria di inammissibilità dei proposti da Fapanni, Lonati e
Maccarinelli consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che
essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n.
186), l’onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma
in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativannente, in ragione dei
motivi dedotti, nella misura di C 1000,00. ciascuno

Annulla la sentenza impugnata nei confronti di Salamone Silvestre, Parisi
Antonino Augusto, Montini Fiorella e Pappalardo Maurizio, limitatamente al
trattamento sanzionatorio.
Rigetta nel resto i ricorsi di Salamone, Parisi, Pappalardo e Montini.
Rinvia alla Corte di appello di Brescia, altra Sezione.
Dichiara inammissibili i ricorsi di Capanni Carlo, Lonati Aldo e Maccarinelli
Stefano e condanna ciascuno di essi al pagamento delle spese processuali e della
somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 30/04/2015

P.Q.M.

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