Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 40655 del 13/03/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 40655 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SAVINO MARIAPIA GAETANA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MESSAOUDI FIRAS N. IL 24/05/1986
MAROUAN SLUMA N. IL 11/11/1985
avverso la sentenza n. 3827/2013 GIP TRIBUNALE di RAGUSA, del
07/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIAPIA GAETANA
SAVINO;

Data Udienza: 13/03/2015

In fatto e in diritto

Marouan Sluma e Messaoudi Firas hanno proposto personalmente ricorso per Cassazione
avverso la sentenza ex art. 444 c.p.p. emessa in data 17.7.2014 dal Gip presso il Tribunale di

ed e € 5.000,00 di multa ed al secondo la pena di anni due di reclusione ed € 5.000,00 di
multa per il reato di cui all’art. 73, comma 4, DPR 309/90.
I ricorrenti chiedono l’annullamento della sentenza in epigrafe, e deducono il vizio di
motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto ed alla congruità della pena
applicata.
Rileva il Collegio che i ricorsi sono, da un lato, privi della specificità prescritta dall’art. 581,
lett. c) in relazione all’art. 591 c.p.p. e, dall’altro, manifestamente infondati, in quanto la
sentenza del giudice di merito che applichi la pena su richiesta delle parti, escludendo che
ricorra una delle ipotesi di proscioglimento previste dall’art. 129 c.p.p., può essere oggetto
di controllo di legittimità, sotto il profilo del vizio di motivazione, soltanto se dal testo della
sentenza impugnata appaia evidente la sussistenza di una causa di non punibilità ex art. 129
c.p.p. (Cass. Sez. I Sent. n. 4688 /2007 Rv. 236622).
Orbene, in tema di patteggiamento, una volta che l’accordo tra le parti sia stato ratificato dal
giudice con la sentenza di applicazione della pena, non è consentito, fuori dai casi di palese
incongruenza, censurare il provvedimento in punto di qualificazione giuridica del fatto e di
ricorrenza delle circostanze, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione,
ricorrendo in proposito un dovere di specifica argomentazione solo per il caso che l’accordo
abbia presupposto una modifica dell’imputazione originaria (Cass. Sez. VI n. 32004/2003
Rv. 228405). Per quanto riguarda l’entità della pena l’obbligo di motivazione è ritenuto
assolto da parte del giudice, quando lo stesso abbia dato atto di avere positivamente
effettuato la valutazione della correttezza della qualificazione giuridica del fatto,
dell’applicazione e comparazione delle circostanze prospettate dalle parti e della congruità
della pena (Cass. Sez. V, Sent. n. 489/2000 Rv. 215489); la richiesta di applicazione della
pena e l’adesione alla pena proposta dall’altra parte integrano, infatti, un negozio di natura

Ragusa con la quale al primo è stata applicata la pena di anni uno, mesi dieci di reclusione

processuale che, una volta perfezionato con la ratifica del giudice che ne ha accertato la
correttezza, non è revocabile unilateralmente, sicché la parte che vi ha dato origine, o vi ha
aderito e che ha così rinunciato a far valere le proprie difese ed eccezioni, non è legittimata,
in sede di ricorso per cassazione, a sostenere tesi concernenti la congruità della pena, in
contrasto con l’impostazione dell’accordo al quale le parti processuali sono addivenute
(Cass. sez III, 27.3.2001, Ciliberti, Rv. 219852). Risultando dal testo della gravata sentenza
c.p.p. ed effettuato, con esito positivo per la ratifica del patto, l’indagine in ordine alla
determinazione della pena ed alla correttezza della qualificazione giuridica del fatto,
l’obbligo di motivazione è stato assolto.
I ricorsi vanno, pertanto, dichiarati inammissibili. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616
c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché al
versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00 a carico di
ciascuno.
P.Q.M.
Dichiara i ricorsi inammissibili. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.500,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 13.3.2015

che il giudice ha verificato l’insussistenza di elementi che importino decisioni ex art. 129

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