Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4057 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 4057 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Melis Bruno n. il 17.3.1973
avverso la sentenza n. 716/2009 pronunciata dalla Corte d’appello di
Cagliari il 10.12.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del
dott. Marco Dell’Utri;

12.12.2013

la relazione fatta dal Cons.

udito il Procuratore Generale, in persona del dott. F. Salzano, che ha
concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.

Data Udienza: 12/12/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza resa in data 10.12.2012, la corte d’appello di
Cagliari ha integralmente confermato la sentenza in data 12.11.2008
con la quale il tribunale di Oristano ha condannato Bruno Melis alla
pena di un anno di reclusione ed euro 400,00 di multa in relazione a
due furti dallo stesso commessi, in continuazione tra loro, in Siamaggiore nella notte tra 1’8 e il 9.9.2006.
Avverso la sentenza d’appello, a mezzo del proprio difensore,
ha proposto ricorso per cassazione l’imputato sulla base di tre motivi
di impugnazione.
Con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione della legge processuale in relazione agli
artt. 420-ter, 42o-quater, 177 e 178, lett. c), c.p.p., per avere la corte
d’appello celebrato il giudizio dinanzi a sé nonostante l’assenza del
difensore dell’imputato il quale aveva tempestivamente comunicato
la propria impossibilità a comparire all’udienza siccome impegnato in
altro processo dinanzi al tribunale di Oristano già in precedenza fissato.
2.1. –

Con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza
impugnata per violazione della legge processuale in relazione agli
artt. 191 e 195 c.p.p., per avere la corte territoriale richiamato, ai fini
dell’accertamento della responsabilità dell’imputato, una prova non
utilizzabile, consistita nella dichiarazione de relato emessa dal teste
Madau in relazione all’affermazione del datore di lavoro dell’imputato secondo cui le scarpe rinvenute presso il giaciglio del Melis (la cui
impronta era risultata compatibile con quella rintracciata sui luoghi
delle sottrazioni furtive) appartenessero a quest’ultimo.
Secondo il ricorrente, l’inutilizzabilità della prova doveva ritenersi estesa non solo all’affermazione secondo cui le scarpe de quibus appartenessero al Melis, bensì alla stessa circostanza che il giaciglio presso cui le scarpe erano state ritrovate era utilizzato dal Melis,
con la conseguente insussistenza di alcuna prova in ordine all’elemento di connessione logica tra le scarpe in esame e la persona
dell’imputato.
2.2. –

2

3

Considerato in diritto
3. – Il ricorso è infondato.
Preliminarmente, rileva il collegio come dalle risultanze degli
atti del processo – alla cui consultazione questa corte è autorizzata ad
accedere, in considerazione della natura rituale del vizio denunciato
dal ricorrente (cfr., per tutte, Cass., Sez. Un., n. 42792/2001, Rv.
220092) -, emerge come la corte territoriale, con ordinanza emessa
all’udienza del 10.12.2012, abbia compiutamente esaminato l’istanza
di rinvio dell’udienza di discussione avanzata dal difensore dell’imputato, disponendone il rigetto in ragione della relativa intempestività
(siccome inviata solo in data 6.12.2012) e altresì a causa della mancata indicazione, da parte dell’istante, delle specifiche ragioni dell’impossibilità della nomina di un sostituto destinato a comparire in
udienza nel procedimento in esame ovvero nel diverso procedimento
con questo concomitante (cfr. il verbale relativo all’udienza del
10.12.2012 dinanzi alla corte d’appello di Cagliari).
La motivazione così compendiata dalla corte territoriale deve
ritenersi adeguatamente argomentata, immune da vizi d’indole logica
o giuridica, come tale del tutto idonea a giustificare la decisione adottata senza provocazione di alcuna illegittima ferita delle prerogative
di difesa dell’imputato.
Nel merito – di là dal tema relativo all’utilizzabilità delle dichiarazioni de relato rese dal teste Madau (in relazione alla riconducibilità all’imputato delle scarpe dedotte in ricorso) -, ritiene il collegio che la corte territoriale abbia comunque ricostruito gli elementi
probatori indicati a fondamento della ritenuta responsabilità del Melis sulla base di uno sviluppo motivazionale logicamente coerente e
congruamente argomentato, avendo dato atto del ritrovamento delle
refurtiva di cui alle sottrazioni ascritte al Melis proprio nel luogo in
cui quest’ultimo fu còlto al lavoro dagli organi inquirenti, nell’atto

2.3. – Con il terzo motivo, il ricorrente si duole del vizio di motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata, laddove ha
ritenuto accertata la responsabilità dell’imputato sulla base del solo
equivoco indizio costituito dal ritrovamento di parte della refurtiva
presso l’azienda in cui l’imputato prestava la propria attività lavorativa, una volta esclusa alcuna connessione logica tra la persona
dell’imputato e l’uso delle scarpe sopra richiamate.

della mungitura, occultata all’interno della sala aziendale specificamente destinata all’espletamento delle mansioni lavorative
dell’imputato.
La stessa corte territoriale ha altresì rilevato come il Melis fosse stato còlto in stato di ebbrezza, a seguito della presumibile (e prevedibile) consumazione delle bevande alcoliche trafugate alle persone
offese, la cui dislocazione nelle immediate vicinanze del Melis era stata indicata dallo stesso imputato, secondo quanto emerso dai rilievi
della sentenza di primo grado (cfr. pag. 3 della sentenza di primo
grado), richiamata e confermata dalla corte d’appello cagliaritana.
La valutazione critica degli elementi di collegamento della refurtiva con la persona dell’imputato, e l’esplicitazione delle ragioni
della ritenuta verosimile responsabilità dello stesso in relazione alle
sottrazioni furtive oggetto del procedimento, devono dunque ritenersi adeguatamente condotte dalla corte territoriale, sulla base di una
motivazione completa ed esauriente, immune da vizi di natura logica
o giuridica, di per sé pienamente idonea a sfuggire alle censure critiche in questa sede illustrata dal ricorrente.
4. — Il riconoscimento dell’infondatezza dei motivi di doglianza avanzati dall’odierno ricorrente avverso la sentenza d’appello impone la pronuncia del rigetto del ricorso e la conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, rigetta il ricorso e condanna il
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.12.2013.

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